Alla Spot Home Gallery la Napoli di Anders Petersen

di Luca Sorbo
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Napoli vive di stereotipi, la città è spesso imprigionata in categorie visive molto rigide e provare a fotografarla è una sfida spesso deludente. Gli artisti che hanno vissuto il suo fascino sono numerosissimi e di grande prestigio, da Micco Spadaro a Caravaggio, da Bernini a Fanzago, a Wharol e tanti altri. I fotografi hanno dato un contributo importante alla lettura della città, da Sommer e Bernaud a Parisio fino ai nostri contemporanei Jodice, Carrubba, Cito, Ferrara, Mariniello e Donato. L’intervento artistico di Anders Petersen non era dei più semplici, ma sicuramente è riuscito a dare una interpretazione di Partenope assolutamente originale, ma rispettosa della sua identità profonda e della sua complessità sociale e culturale. 

  “Io so che per fare delle buone fotografie è necessario essere alla giusta distanza. Devo essere un piede dentro e un piede fuori. Il mio problema è che io finisco per essere sempre due piedi dentro.” 

Queste parole ci introducono alla poetica visiva di una delle leggende della fotografia internazionale, Anders Petersen. La sua ricerca lo porta a riconoscersi parte della grande famiglia umana attraverso l’uso della fotocamera come un registratore di stati di sospensione della nostra coscienza, dove riveliamo sulla superficie del nostro corpo e del nostro viso una verità interiore. L’indagine di Petersen è uno svelamento dell’essere attraverso il superamento della maschera sociale. Un confronto fisico, onesto e privo di giudizi per interrogarsi sul senso della vita.

Petersen utilizza una piccola fotocamera, una Contax T3 dotata di un 35 mm, con pellicole da 400 ASA che sviluppa personalmente. Dotato di grande empatia e di una innata curiosità verso gli altri, l’autore svedese si immerge nella quotidianità e riesce a registrare le tensioni profonde dell’umanità che incontra.
Il suo è un bianco e nero duro, contrastato, ma ricco di dettagli dai quali emerge tutta la tenerezza del suo guardare.  Uno stile originale, che declina senza alcuna fatica, come una seconda pelle, in immagini mai retoriche né forzate; uno sguardo che sa trovare il divino nel quotidiano. 

Il lavoro in mostra è frutto di una residenza d’artista di circa un mese presso la Spot Home Gallery, fondata e diretta dalla fotografa Cristina Ferraiuolo. L’invito al famoso fotografo svedese, del quale Ferraiuolo è amica da tempo, nasce dalla convinzione che si sarebbe potuta creare una sintonia tra la città e il suo guardare. Il risultato è straordinario. Sessanta fotografie di grande e medio formato allestite in modo molto efficace nel piccolo spazio di via Toledo, che ci regalano una Napoli assolutamente riconoscibile, ma trasformata in una sorta di icona epica che più che dare risposte pone domande. Una Napoli quotidiana, che molti di noi conoscono e riconoscono, ma che si rivela enigmatica e misteriosa. Petersen è un rabdomante della luce che riesce a individuare il mistero che ogni persona conserva nella sua intimità più segreta. 

Petersen mi ha rivelato di sentirsi un po’ napoletano, di amare la socialità della città, così diversa dalla sua Stoccolma, fredda e riservata. Le sue immagini sono una lettura della metropoli villaggio estremamente originale e vera. Petersen è curioso della vita, sente di essere parte di una grande famiglia e il suo lavoro è un album personale dove interroga gli altri per scoprire sé stesso. A 80 anni, ha ancora lo stesso entusiasmo del giovane studente di fotografia che nel 1967, a 23, vive l’incanto del Caffè Lehmitz e della varia umanità che lo frequenta. Il libro, stampato nel 1978, è tra i capolavori della cultura fotografica mondiale, un riferimento per chiunque voglia conoscere seriamente la fotografia contemporanea. 

Le sue immagini sono un quaderno privato denso di un’incredibile intensità di sentimenti, un fluire di fotogrammi di viscerale realismo, che ci trascinano in situazioni spesso molto intime. La sua è innanzitutto una ricerca interiore; infatti afferma: “Chi sono io? La risposta a questa domanda non è molto importante, perché la domanda stessa è più interessante di qualsiasi risposta. Vorrei saperne di più di me stesso e degli altri, dei sogni, degli incubi, le ferite e i ricordi che ci assillano. La fotografia è una sorta di filosofia che riesco a trovare dentro di me. Non è una religione, anche se suona come se lo fosse. La fotografia è incontrare le persone in un viaggio per capire me stesso”. E ancora: “La mia fotografia non è cerebrale, io metto il cervello sotto il cuscino quando scatto. Scatto con il cuore e con lo stomaco.”

Questa mostra è un grande dono alla città di Napoli ed è per tutti noi occasione di scoperta e rivelazione. È anche una ghiotta occasione per i collezionisti che possono acquistare a prezzi abbordabili opere di pregio di grande originalità. 

La mostra è visitabile fino al 31 gennaio 2024. Tutte le info sul sito della galleria: www.spothomegallery.com 

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