Silvia Camporesi & Claudio Corrivetti: “Domestica”, nascita di un racconto fantastico

di Azzurra Immediato
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Era luglio quando mi è stato raccontato che, di lì a poco, un nuovo progetto firmato Silvia Camporesi & Postcart avrebbe presto visto la luce. Senza chiedere altro, ho atteso con curiosità tale epifania per constatare poi di persona, nell’assolata piazza di Savignano sul Rubicone, quanta poesia svelasse Domestica – questo il nome della pubblicazione – e per poterne parlare con l’artista Silvia Camporesi e l’editore Claudio Corrivetti.

L’artista e fotografa definisce Domestica “un flusso di coscienza”, nato nelle settimane del lockdown ma non frutto di quel neorealismo che abbiamo ritrovato in altri racconti e altre storie. Domestica è un diario intimo, un racconto per immagini, un album familiare in cui affetti ed istanti si rincorrono, si parlano, si mostrano e giocano con lo spazio, la luce, il tempo, entro il riquadro concettuale e fisico della casa. In Domestica, infatti, Silvia Camporesi lascia entrare il suo quotidiano, trasformato dalla quarantena, vissuto con due bambine che hanno preso parte alla pubblicazione con il proprio segno, anzi, di-segno, traccia di una condivisione. Ogni giorno è un’invenzione, ogni giorno può essere “da festeggiare” o quello in cui la Camporesi afferma “Ho le mani legate, ho il cuore pesante”. Marzo e Aprile 2020 trascorrono, con un ciclo tutto loro, e intanto la macchina fotografica registra, crea, illude. E si apre “un vortice ontologico sull’essenza del fotografare”. Sì, perché qualcosa deve pur restare di questa sorta di sospensione dalla vita che conoscevamo prima.

Ho deciso, così, di dialogare con Silvia Camporesi e Claudio Corrivetti che, in quanto editore di Postcart, ha immediatamente accettato di lavorare e pubblicare questo lavoro, curato nei più minuti dettagli, sino a farlo diventare un “libro d’artista”; o forse altro ancora, immaginifico, surreale ed emozionante.

Silvia, come è nato il progetto Domestica e come si compone?

Durante i giorni del lockdown ho provato un forte spaesamento, ero in casa con le mie figlie di tre e cinque anni e cercavo continuamente un modo per “sopravvivere” mentalmente. Da tempo avrei voluto fare un lavoro su Maria Montessori, sul gioco, e in generale su come bambini vedono il mondo. Così ho messo assieme le due cose e mi sono data una regola: produrre una buona immagine ogni giorno, facendola nascere da una vera e propria collaborazione con le bambine. Ogni giorno, rimanendo nel confine di casa o uscendo in giardino, abbiamo inventato storie, stravolto oggetti, disegnato figure, trasformando la casa in un mondo altro, pieno di infinite possibilità.

Domestica narra una quotidianità quasi aliena – ed alienante – che, per alcuni versi, oggi, ci appare persino nebulosa e lontana, una zona d’ombra il cui spettro non ci ha ancora abbandonato. Silvia, riguardando gli scatti di “Domestica” quali percezioni ti offrono, cosa è rimasto immutato e cosa, invece, è cambiato?

A vederli oggi, con un po’ di distacco temporale, mi fanno tornare alla mente quei giorni terribili, ma anche l’intimità che sono riuscita a costruire con le mie figlie, i linguaggi e i codici visivi che abbiamo inventato. Erano giorni in cui “navigavamo a vista” e credo che questo aspetto sia evidente nelle immagini, le figure di un mondo confinato ma che, attraverso la fantasia, cerca di espandere i suoi orizzonti. Negli stessi giorni sono uscita di casa per un progetto commissionato dal MiBACT e così ho sperimentato il vuoto fuori, contrapposto – nell’estetica e nella percezione – al pieno dentro casa.

La pubblicazione è edita da Postcart. Come è nata questa liaison con la casa editrice di Claudio Corrivetti?

Da anni sono in contatto con Claudio e ogni volta che in passato ci siamo incontrati abbiamo parlato di una pubblicazione. Questa mi è sembrata l’occasione ideale: un racconto intimo che necessitava di un occhio attento e di un animo raffinato, non ho avuto dubbi quindi sul chiedere a Claudio.

Postcart e Domestica: Claudio, quali sono state le tue reazioni, o meglio, le emozioni provate, quando hai visionato il progetto?

Durante questo periodo, e specialmente verso la fine del lockdown, in redazione sono arrivate via mail molte proposte di lavori fotografici nati in questa fase particolare di chiusura e ribaltamento dello spazio sociale. Il lavoro di Silvia, nonostante sia chiaro dalle immagini che si è sviluppato nel periodo in cui lei era chiusa in uno spazio ristretto, è partito dal bisogno di rimanere viva e sintonizzata al suo mondo creativo quotidiano. Mi ha colpito proprio perché il suo sguardo sulle piccole cose presenti in casa, o ritrovate in cassetti chiusi da un recente passato, ha mantenuto una freschezza, una gioia della scoperta, una lettura nuova, un senso delle cose condiviso – da mamma oltre che autrice – anche con le figlie, in un gioco giornaliero che dà al lavoro un valore quasi educativo del pensare lo spazio, quello intimo familiare. Ci sono echi del mondo “ghirriano”, ma c’è forte il viaggio di Silvia nel mondo dell’immagine e dell’immaginazione. Quindi, tornando alla tua domanda, le emozioni da editore sono state di sorpresa e di conforto, nel vedere come la mente di un’artista riesca a capovolgere la chiusura in apertura; dove inoltre, le foto sono state accompagnate nel libro da un testo di Silvia (qui la sorpresa di scoprirla fine scrittrice) ispirato, reale, semplice ma complesso, un piccolo film a parole, mai banale, sempre con spunti letterari per riflettere su di noi.

Claudio, durante il lockdown, grazie a molte sperimentazioni digitali online, hai avuto modo di confrontarti con artisti, fotografi, addetti ai lavori del settore, ma anche con tanto pubblico appassionato di fotografia. Domestica è nato proprio nei giorni di quarantena: in che maniera hai potuto seguire il lavoro di Silvia senza la possibilità di un confronto diretto e tangibile?

Con Silvia c’è da tempo un dialogo silenzioso a distanza, nato anni fa a Roma, formato da stima, amicizia, reciproca fiducia, e voglia di fare qualcosa di editoriale assieme. L’anno scorso poi, il nostro rapporto si è arricchito di un imprinting simpaticissimo dovuto all’incontro nella sua casa di Forlì, dopo la presentazione del libro di Marco Pesaresi, delle sue meravigliose bambine che, tra scorribande in bici e domande buffe, mi hanno regalato una dolce versione “home recording” di Silvia. Questo per dire che i libri non nascono, almeno per me, da accordi commerciali o convenienze particolari, un libro nasce sempre da un incontro, una “epifania” di empatie culturali e umane, la voglia innanzitutto di condividere con una persona speciale quel progetto, quel lavoro e trasformarlo in un libro. Succede in teatro, al cinema, nella vita, a un certo punto senti che c’è necessità di fare un percorso assieme. Così, con la delicatezza che sa usare Silvia nel presentare le sue cose, ho preso al volo questa opportunità finalmente di lavorare insieme, anche senza poterci vedere. Il resto lo ha fatto l’abitudine che abbiamo di scrivere mail, mandarci file, parlare al telefono, sedimentando il tutto per far sì che piccoli spostamenti nelle pagine pensate da Silvia, confronti reciproci su foto, misure e materiali (come la copertina in materiale Skivertex azzurra) piccole rinunce e allegre ideuzze editoriali (come aver utilizzato i disegni di Althea e Giuni, le sue figlie, per accompagnare il bellissimo testo, e di cui Silvia è stata entusiasta), potessero tutte insieme trasformare il lavoro in un libro particolare, originale, somigliante a Silvia e stampato benissimo da Grafiche Antiga su una carta Fedrigoni Tatami white 135 grammi che ha regalato alle foto un’elegante fedeltà cromatica.

Domestica è una pubblicazione ed è stata anche una mostra per la Z20, la galleria di Sara Zanin. Come si è sviluppata questa duplice visione e concretizzazione?

Silvia Camporesi: La mostra di cui parli è una collettiva, Sharing our dreaming room, in cui ogni artista della galleria ha esposto un’opera prodotta durante il lockdown. Io ho scelto sette fotografie della serie, pensandole come una settimana. Anche il tipo di allestimento, verticale, è piuttosto insolito e serve a sottolineare la verticalità di quei giorni.

Claudio Corrivetti: Intanto abbiamo già battezzato a Savignano, al Sifest di quest’anno, il libro con una bella presentazione in piazza. Le cose da dire in presentazione sono tante, gli stimoli alla riflessione pure, e adesso che sono seduto e meno “distratto” dalla bella “confusione” di un festival, posso scrivere un pensiero che mi era venuto in mente (come mi accade sempre) solo a presentazione finita, mentre andavo a dormire. Ho pensato che questo lavoro, questo libro in particolare, che è una cosa tangibile, potrebbe seriamente essere preso a modello dalle scuole, dalle insegnanti, per trasmettere agli studenti, ai bambini, ragazzi, un metodo di introspezione del privato, un qualcosa che possa essere utile a riconoscere in noi delle qualità “artistiche” di visione e di lettura di quello che ci sta vicino, e in più, un metodo di autoanalisi su quanto sia necessario e possibile trovare una chiave creativa per affrontare le paure personali.

Nelle parole di Silvia Camporesi e di Claudio Corrivetti emerge qualcosa che va al di là di una mera pubblicazione editoriale. Fanno capolino affinità concettuali, stima, prospettiva, gusti estetici accompagnati da una visione progettuale estremamente poetica e da una lungimiranza editoriale fine e sapiente.

Domestica, perciò, non è semplicemente “il nuovo libro di Silvia Camporesi edito da Postcart”, è la resa tangibile di una mise en abyme fantasiosa, un apparato effimero quotidiano messo in scena dalla fotografa negli spazi di casa durante il lockdown; è l’atto onirico portato nella realtà con le sue figlie, è soggetto e oggetto di una finzione surreale che nella fotografia ha trovato ragion d’essere e che, grazie a Postcart, ha smesso di avere carattere fugace traducendosi in elemento reale, un nuovo lessico familiare da tenere a memoria futura e da condividere con altri, per vicinanza o lontananza, per ricordo od esorcismo, nel solco della bellezza ricercata, dei dettagli mai lasciati al caso, di emozioni impossibili da “addomesticare”.

Il libro:
Silvia Camporesi
Domestica
Postcart Edizioni, 2020

 

 

 

 

 

Fotografie: © Silvia Camporesi, Domestica, 2020, inkjet print cm 30×40, courtesy Galleria Z2o Roma

2 Comments

  • Cara Azzurra, è davvero un bel regalo quello che ci hai fatto, quello di spingerci a riflettere sul lavoro fatto assieme; spesso le cose che accadono nel mondo editoriale e artistico vanno velocissime, e dopo un lavoro ne arriva un altro, e poi un altro ancora, cosicché quasi mai si può ripensare con attenzione alle cose fatte. Ti ci hai stimolato con molta delicatezza a farlo, e le cose uscite dalla riflessione mi sembrano che possano essere utili in primis per noi stessi, autori ed editori, ma spero anche per la curiosità dei lettori che avranno la possibilità di capire più in profondità il lavoro di Silvia Camporesi. Grazie ancora Azzurra per il tuo lavoro.

    • Caro Claudio, il dono, in questi casi, è sempre reciproco. La cultura, i suoi stilemi e le sue grammatiche che lasciano in ognuno di noi tracce ed impronte, delineano un modo per osservare il mondo che tende verso la giustezza e la bellezza, al tempo stesso senza, però, che tutto svanisca. Il tuo lavoro, quello di Postcart Edizioni, il lavoro di Silvia Camporesi ed anche la lettura e la curiosità dei lettori, spingono tutti noi a continuare a cercare, ad interrogarci, a porci domande e rispondere attraverso immagini, parole e azioni. Il Photolux Magazine è nato anche seguendo questa tensione ed incontrare chi, come voi, sa seguire tale percorso è una vera ricchezza, sia per lo sguardo che per la visione interiore. Per me, incontrare le vostre riflessioni è stato scoprire un tesoro racchiuso in un libro straordinario.

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