Roberto Salbitani – Quando i binari della realtà incrociano quelli della fotografia

di Daniela Tartaglia
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Per me fotografare è stato come affiancare alla rotaia della realtà, degli accidenti in corso, quell’altra rotaia, a essa parallela su cui correvano di riflesso alla prima i miei pensieri e le mie sensazioni mano a mano che reagendo agli accidenti della vita, prendevano una loro forma fotografica. Affidarmi alle immagini è un agire che continua a spurgarmi la mente.
Roberto Salbitani 

Mosso da una ricerca continua di libertà, fuori dagli schemi del pensiero unico ma anche dell’establishment culturale, Roberto Salbitani incarna in tutto e per tutto lo spirito indomabile del viaggiatore. E non solo per Viaggio, stupendo progetto realizzato negli anni Settanta e Ottanta del Novecento, andando avanti e indietro per treni, ma soprattutto, a mio avviso, per la costante tensione presente nel suo vagabondaggio fotografico che privilegia la fotografia come strumento di interrogazione esistenziale. Salbitani è senza dubbio un eretico, un fotografo e intellettuale che ha avuto la forza di scegliere, di alimentare il dissenso e gli anticorpi, presenti già nel suo Dna, nei confronti di un certo tipo di gestione della cultura fotografica e del mercato dell’arte.

Lo conosco da moltissimi anni, da quando nel lontano 1986 fui ospitata nella sua casa alla Giudecca, allora defilata isola veneziana dove si era stabilito felicemente dieci anni prima, forse alla ricerca di una sosta, per depurarsi – come sottolinea sempre – dalla modernità, dopo anni di “vagabondaggio culturale” in Europa e negli Stati Uniti. Anni in cui ha intrecciato proficue collaborazioni e rapporti di amicizia con i massimi esponenti della cultura fotografica. Da allora l’amicizia e stima reciproca si sono sviluppate nel tempo, in modo naturale e costante. Ho avuto modo di apprezzare le sue straordinarie qualità di insegnante di camera oscura nei corsi avanzati di stampa bianconero, la sua profonda conoscenza della storia e del pensiero fotografico rafforzatasi negli anni trascorsi nella redazione di “Progresso fotografico”, storica rivista milanese fondata nel 1894 da Gian Rodolfo Namias, di interiorizzare infine il suo approccio alla fotografia come dispositivo dell’inconscio, fortemente collegato alla coscienza individuale.

Chi come me, negli anni Novanta, ha frequentato la sua Scuola di Fotografia nella Natura a Mogginano, in provincia di Arezzo, ricorderà le lunghe, appassionate discussioni attorno al camino o ad una tavola imbandita, sempre informali e mai cattedratiche, in cui Roberto sollecitava chi si affidava al suo metodo didattico a interrogarsi sulle ragioni profonde di una scelta espressiva.

Un approccio che, pur fornendo un ampio ventaglio delle più raffinate tecniche di stampa (da quelle antiche alla stampa fine art) tendeva a mettere in secondo piano la fotografia come apparato tecnologico per valorizzarla invece come strumento di indagine e di conoscenza.

Lo spirito inquieto e aperto del viaggiatore, di colui che cerca, che si pone in ascolto, che non ha ricette precostituite attraversa dunque tutta l’opera e la vita di Roberto Salbitani il cui fine ultimo non ha certamente mai coinciso con la ricerca del successo ma piuttosto con l’attivazione di uno sguardo recettivo, colto ma non cerebrale, frutto di una spinta interiore, di un desiderio, di un ricordo, di una suggestione. In nome di una fotografia intesa forse come “rammendo” di una ferita.

Viaggio è senza dubbio uno dei progetti che riflette maggiormente questa sua condizione esistenziale, intessuta di precarietà e sospensione. Realizzata fra il 1974 e il 1982, la serie fotografica verrà presentata alla Galleria Documenta di Torino e allo Studio Fossati di Alessandria nel 1977, a Fotomania di Barcellona nel 1978, alla galleria Rondanini di Roma nel 1980, alla galleria Figura di Biella e al Comune di Reggio Emilia nel 1981. Pubblicata come portfolio sulla rivista “Creative Camera” nel gennaio 1980 verrà poi stampata ampiamente nel libro Viaggio. Fotografie 1971 -1994, edito nel 1994 dal CRAF di Spilimbergo. 

Ma è solo nel 2019 che il progetto fotografico sarà finalmente pubblicato nella sua corposa consistenza dalle edizioni Contrasto con il titolo Il viaggiatore parallelo. Fotografie e scritti in diretta dal treno. Raccoglie immagini e parole dello stesso Salbitani, accumulate in tantissimi anni di viaggi in treno, in lungo e in largo per la penisola italiana. Ad impreziosire il volume un testo di Roberta Valtorta, una delle figure più importanti della critica fotografica internazionale.  

Salbitani che da giovane ha frequentato, anche se in modo irregolare, la facoltà di Lingue e letterature straniere all’Università Ca’ Foscari, ama molto scrivere. E lo sa fare assai bene affidando a una scrittura colta, emotiva, fluida, le sue osservazioni, i suoi aneliti, i suoi dubbi. Ne sono testimonianza le riflessioni che accompagnano le immagini; dotate di notevole autonomia e valenza letteraria si pongono quasi come una sorta di percorso parallelo.

Scrive a tal proposito: Un attimo, un solo colpo d’occhio, ma sufficiente per sintonizzare le lancette del treno a quelle del mio tempo interiore. Ma già il paesaggio riprende a correre all’indietro, la vista ritorna a ingarbugliarsi negli enigmi delle prospettive distorte, le cose si sfocano l’una dentro l’altra quando non è il mosso degli alberi in primo piano a bendarmi gli occhi. Il treno e il mondo riprendono la loro marcia in parallelo ma anche in contrapposizione tra di loro: il primo, imperterrito, che punta il muso in avanti come un rinoceronte che carica, l’altro filante all’indietro come l’accompagnatore che da fuori saluta il viaggiatore al finestrino. Ma gemellati a vita.

Nel corso degli anni, Roberto Salbitani si è interrogato a lungo sulla straordinaria coincidenza di vite e destini rappresentata dal viaggio in treno che ha scandito tutta la sua esistenza. Sono affezionato ai treni, – scrive nella presentazione al volume – nonostante questo loro tirarmi a corpo morto facendomi essere parallelo a tutto, sempre orizzontale e senza mai poter vedere dove la loro testa mi sta conducendo. […] Il treno mi fa sfiorare i corpi e i gesti di persone di cui potrei in fondo disinteressarmi perché nulla mi lega a loro tranne quel casuale trovarsi vicini in un punto dello spazio, in una frazione di tempo fra infinite. Questa coincidenza di vite, destini e direzioni, che già non è più la stessa in uno scomparto più in là, che è spazzata via dal treno successivo, mi spinge ad aggrapparmi a qualcosa […] Persone e vedute, spazi e tempi diversi che si compenetrano e si riflettono l’uno nell’altro. […] Chi erano effettivamente quelle persone, mi chiedo, quali luoghi reali scorrevano fuori dalle cornici di quelle finestre prima che io assegnassi loro un posto nel mio treno, nel mio viaggio? Guardandolo oggi, ho come l’impressione di averlo sognato questo viaggio.

L’universo del fotografo, la sua pensosità, la sua malinconia e soprattutto la sua visionarietà cominciano ad affiorare prepotentemente man mano che ci addentriamo dentro le cinquantatré immagini attraverso cui si dipana il racconto visivo. Racconto che non ha per niente le caratteristiche di una narrazione reportagistica dal momento che è totalmente assente dal nostro autore l’intento documentario, complice anche un vigoroso bianconero fotografico dal quale emergono come apparizioni le persone ritratte, congelate in una sorta di sospensione, di attesa. Salbitani consegna ad una stampa densa e catramosa la materializzazione dei suoi incontri e del suo pensiero. Suggerisce più che spiegare, facendo appello ai nostri sensi, alle nostre percezioni. Del resto è nel regno dell’oscurità, del rimosso, del precario, dell’ombra che si delinea il sogno, la visione. 

Forte è la vicinanza all’opera dell’amato Eugene Smith, sia per le qualità tonali della stampa fotografica capace di esaltare il mondo del non definito sia per la capacità di entrambi gli autori di spingere la fotografia a traguardi narrativi che nulla hanno da invidiare al cinema, altro punto di riferimento importante della sua poetica.  

Oltre che alla camera oscura Roberto Salbitani ama affidare, infatti, la forza del suo pensiero visivo alla sequenza narrativa, alla impaginazione delle immagini, agli accostamenti visivi. Ma questa sua urgenza di creare senso, collegamenti fra le immagini non si risolve didascalicamente in un accostamento formale, geometrico. Quello che Salbitani rincorre con le sue sequenze è qualcosa di più arcaico e profondo, qualcosa di viscerale e sensuale; soprattutto in questo lavoro in cui ci consegna un sentimento profondo e parallelo del viaggio, in cui dentro e fuori coesistono o dialogano attraverso l’impaginazione. 

Affascina oltremodo la capacità che ha avuto il fotografo, al momento dello scatto, di condurre l’attenzione dell’osservatore sull’intensità di un volto ritratto e contemporaneamente su uno scampolo di paesaggio intravisto dal treno. È una corrispondenza estremamente forte e significativa dal momento che non sono pezzi di mondo qualsiasi quelli che inquadra al momento dello scatto. Talvolta si ha quasi la sensazione che sia stato l’esterno a condurre il gioco, a congelare la lunga attesa degli incontri fino all’apparizione e all’epifania di un paesaggio intravisto o sognato. 

Chiudo il libro, chiudo gli occhi e mi lascio trasportare dalla suggestione prepotente di queste immagini, dalla imponenza di certe figure, di corpi inseriti entro la cornice dello scompartimento, nel riquadro di un finestrino, nella quinta del corridoio di un treno. Lo sguardo di Roberto trasuda umanità, è impastato di umanità. Pur essendosi inserito furtivamente nella vita di giovani donne, anziani, marinai, coppie, bambini non è un cacciatore di immagini; se ha carpito l’intimità di queste persone ed ha registrato il loro abbandono e la loro fragilità lo ha fatto con molta empatia e stando sicuramente in ascolto di questa umanità in viaggio. Un ascolto che ha lasciato una traccia indelebile nel nostro immaginario.

 

Fotografie: © Roberto Salbitani

 


Il libro:

Roberto Salbitani
Il viaggiatore parallelo.
Fotografie e scritti in diretta dal treno
Contrasto, 2019

 

 

 

 

 

 

 

 

29 marzo 2021

 

 

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