Les Recontres d’Arles 2024, sotto la superficie

di I.A.
Nicolas Floc’h_Rivers Ocean.Il paesaggio dei colori del Missisipi_Arles 2024_intallation view

“Tremori e tumulti, spiriti, tracce, letture parallele e riletture costituiscono tutte nuove prospettive alla base dell’edizione 2024 dei Rencontres d’Arles. Fotografi, artisti e curatori rivelano le loro visioni e storie, non ultima quella della nostra umanità, a turno frustrata, in infinita ridefinizione, resiliente, ma anche visionaria. Che siano ai margini o stabilite al centro, le narrazioni conducono a percorsi divergenti e multipli, tutti emananti dalle faglie di una superficie porosa: si intrecciano, si sovrappongono e si sovrappongono. È un momento emozionante, poiché questo insieme apre una pluralità di itinerari da seguire.”

Con queste parole, Christoph Wiesner, Direttore Artistico dei Recontres d’Arles, annuncia il concept delle mostre scelte per il ricco programma espositivo 2024 del Festival della fotografia più famoso al Mondo, giunto quest’anno alla sua 55esima edizione e che intitola Sotto la superficie.

Nella settimana di apertura dei Recontres d’Arles, che quest’anno ha potuto vantare la presenza di ben 20mila visitatori, 41 mostre, di cui 10 nel programma Arles Associés e 10 mostre Grand Arles Express, 27 sedi espositive tra cui molti spazi storici e culturali della città di Arles e moltissimi eventi dedicati alle serate della fotografia, alle pratiche editoriali dell’Arles Book Fair e ai famosi premi come Madame Figaro, Women in motion per la fotografia, Discovery Prize Louis Roederer Foundation, Luma Recontres Dummy Book Award, ho potuto osservare e apprezzare diverse mostre fotografiche. Di queste, nove in particolare, che ho scelto di illustrare in questo articolo, hanno rapito letteralmente il mio interesse.

 De nombreuses formes étranges et belles nagent dans les eaux nocturnes.

J’hésite à les partager avec d’autres plongeuses le jour…

(Izumi Shikibu, XI secolo)

Incantevole e immersiva la mostra Ama di Uraguchi Kusukazu (Shima 1922-1988), a cura di Sonia Voss, installata in una delle sale antiche della meravigliosa Abbazia di Montmajour che esplora il mondo delle donne del mare (le ama per l’appunto) ed è composta da una serie di immagini riportate alla luce dall’archivio dell’artista giapponese inesplorato dal 1988, anno della sua scomparsa. Il lavoro fotografico prende vita a Shima, in Giappone, terra d’origine dell’autore, lungo la costa settentrionale del Pacifico, dove, Uraguchi Kusukazu, fin dalla metà degli anni Cinquanta, per oltre trent’anni, ha esplorato e narrato, attraverso la pellicola in bianco e nero, la storia delle pescatrici subaquee giapponesi che sott’acqua raccolgono perle, crostacei e alghe marine, la cui vendita può garantire la loro autonomia economica all’interno del loro nucleo familiare.

In mostra uno straordinario archivio di stampe fotografiche vintage illustra bellissimi ritratti e vedute sottomarine, permeato da uno sguardo colmo di ammirazione, quello di Uraguchi, che racconta e documenta le rive, le coste giapponesi e indaga il sensuale e spirituale legame che hanno con l’acqua le ama, donne pescatrici che, in apnea, si immergono nella profondità del mare prive di bombole di ossigeno e di un’equipaggiamento subacqueo e che fluttuano dolcemente nell’oceano come sirene che sorvegliano i tesori del mare narrando così la storia di una delle più affascinanti tradizioni del Giappone praticata da oltre 3000 anni.

Kusukazu, con la sua memoria fotografica, ci lascia un’importante e sensibile documentazione visiva di una delle più antiche e ammalianti usanze giapponesi, ancorata ai rituali shintoisti, oramai in via di estinzione.

Uraguchi-Kusukazu_Ama_Arles-2024_installation-view

Al primo piano della Chapelle Saint Martin Du Mèjan si può ammirare la bellissima mostra Rivers Ocean. Il paesaggio dei colori del Missisipi del fotografo francese Nicolas Floc’h (Rennes, 1970) che descrive così la sua ricerca: “Più documento e leggo i colori delle acque, più l’informazione che contengono si moltiplica e si organizza come una scrittura della vita, dei minerali, dei suoli, dello spazio, del clima. Il paesaggio sottomarino e oceanico più comune forma una distesa colorata a perdita d’occhio.” Per i Recontres d’Arles Floc’h propone un’installazione artistica che documenta il corso d’acqua (sotto la superficie) dei bacini idrografici dei fiumi, dal Missisipi al Rodano, dalla Loira alla Senna, mappando concettualmente, con una serie di stampe fotografiche a colori, i pigmenti dell’acqua in un paesaggio di sfumature che trae origine da ben 224 posti da lui esplorati in 31 stati spartiacque del Missisipi. Le immagini, composte da minerali, elementi atmosferici, organici e naturali interpretano una serie di tracce visibili ed invisibili che, emergendo in varie tinte, impreziosiscono il progetto artistico di tonalità policrome a seconda dei luoghi in cui il fotografo ha indagato. Ai quadri acquarellati, Floc’h interpone alcune stampe fotografiche in bianco e nero che descrivono invece il paesaggio terrestre. L’installazione appare come una poetica mappatura delle molteplici colorazioni che può assumere l’acqua.

Nicolas-Floch_Rivers-Ocean.Il-paesaggio-dei-colori-del-Missisipi_Arles-2024_intallation-view

Women in motion award, uno dei prestigiosi premi dei Recontres d’Arles 2024, è stato vinto dalla fotografa giapponese Ishiuchi Miyako (Gunma, 1947) con il progetto intitolato Belongings esposto nella sala Henri Comte.
L’autrice, che nel corso della sua carriera ha raggiunto numerosi e importanti traguardi, è conosciuta per i suoi lavori di still-life che ritraggono oggetti personali delle persone con l’intento di conservare, attraverso la fotografia, i valori del tempo e della memoria collettiva. L’installazione Belongings raccoglie una serie di immagini appartenenti a tre progetti: Mother’s (2000-2005), Hiroshima (2007) e Frida (2013). La fotografia per Miyako diviene elemento celebrativo dello scorrere del tempo, ma è anche un modo per innescare un dialogo sul genere femminile nella cultura della società contemporanea. Commoventi e a tratti emozionanti alcune immagini della serie Mother’s che celebrano il rapporto dell’autrice con la madre scomparsa oramai da 24 anni e con la quale non andava d’accordo in vita, ma che ora può riscoprire e comprendere immaginando una dimensione invisibile svelata unicamente dagli oggetti che le appartenevano: un abito, la dentiera, le scarpe, il suo rossetto. Nonostante il corpo di sua madre non ci sia più, l’essenza della donna può così rinascere ogni volta che l’artista espone le immagini che ritraggono i suoi oggetti personali, perché come dichiara Ishiuchi Miyako: “Scattare una fotografia significa misurare la distanza che ci separa dal soggetto e rendere visibili le cose invisibili che si nascondono sotto la superficie”.

Ishiuchi Miyako_Belongings_Arles 2024_installation view

Altra presenza giapponese quella visitabile nello spazio Vague dal titolo Transcendence a cura di Lucille Reyboz e Nakanishi Yusuke. Transcendence riunisce le opere di sei fotografe giapponesi che esplorano i molteplici linguaggi della fotografia per trasformarla in uno strumento di affermazione e resilienza: Hosokura Mayumi, Iwane Ai, Okabe Momo, Tonomura Hideka, Yoshida Tamaki e la ben nota, al pubblico di Photolux, Mayumi Suzuki con un bellissimo, delicato ed elegante lavoro introspettivo. Nella mostra si passa dai ritratti intimi ai paesaggi evocativi e alle sperimentazioni poetiche, esprimono la loro esperienza personale o collettiva, riecheggiando la complessità e l’evoluzione della società giapponese contemporanea. La mostra, ispirata da 10/10 Celebrating Contemporary Japanese Women Photographers, una mostra presentata nel 2022 per celebrare il decimo anniversario di KYOTOGRAPHIE, continua a mettere in luce l’esperienza di alcune di queste fotografe in un omaggio al potere della vulnerabilità, alla bellezza della diversità e allo spirito inflessibile delle donne che osano riscrivere la loro storia e la Storia attraverso il potere della fotografia.

Mayumi Suzuki_Hojo_Arles 2024_installation view

Nelle gallerie sotterranee dei criptoportici di Arles l‘artista francese Sophie Calle (Parigi, 1953), nota per le sue opere concettuali che sanno coniugare poeticamente fotografia e scrittura, sceglie di installare la mostra Neither give nor trow away. Lo spazio che accoglie l’esposizione, avvolto da un’atmosfera rarefatta e ombreggiata, dove si alternano flebili raggi luminosi proiettati da alcune aperture sulle antiche mura sotterranee inumidite dall’acqua, risulta essere un luogo ideale per l’idea del suo progetto ideato attorno a molte opere provenienti dal suo deposito putroppo deteriorate a causa di una tempesta avvenuta poco prima dell’inaugurazione della sua ultima mostra al Musée Picasso di Parigi. Nonostante i restauratori le abbiano consigliato di distruggere le opere ormai danneggiate, Sophie Calle decide di non privarsene e di dare loro una vita trascendentale pensando di seppellirle nel sottosuolo di Arles dove potranno continuare a decomporsi. Oltre a esporre alcuni oggetti personali da cui non riesce a distaccarsi, l’artista mette in mostra alcune opere che appartengono alla serie “The Blind”composta da fotografie in bianco e nero che ritraggono persone cieche a cui Sophie ha posto una domanda: “che cos’è per te la bellezza, se non la puoi vedere ma solo immaginare?” I ritratti vengono così abbinati ad alcune immagini d’archivio, nuove fotografie e scritture incorniciate che narrano la visione della loro immaginazione.  L’installazione, nel complesso di tutte le sue opere, si compone di un percorso visivo che mira a salvare e a conservare la memoria che pian piano, nel tempo, potrebbe svanire.

Sophie Calle_Neither give nor throw away_Arles 2024_installation view

Le retrospettive di Lee Friedlander dal titolo Lee Friedlander framed by Joel Coen visitabile presso La Tour al Parc des Ateliers e di Mary Ellen Mark dal titolo Encounters visitabile all’Espace Van Gogh, da sole valgono il viaggio.

Lee Friedlander_Lee Friedlander framed by Joel Coen _Arles 2024_installation view
Mary Ellen Mark_Encounters_Arles 2024_installation view

Un’annotazione anche sull’istallazione di Cristina De Middel con Journey to the Center, visibile all’Eglise des Fréres Préscheus fino al 25 agosto che ben coniugava molteplici linguaggi espressivi. La serie ha preso ispirazione dall’atmosfera del libro di Jules Verne “Viaggio al centro della terra per presentare la rotta migratoria dell’America Centrale attraverso il Messico come un viaggio eroico e audace piuttosto che una fuga. Con un linguaggio che combina la fotografia documentaristica diretta con immagini costruite e materiale d’archivio, la narrazione diventa multistrato per completare l’approccio semplicistico che i media e i resoconti ufficiali forniscono del complesso fenomeno che è la migrazione.

Cristina De Middel_Journey to the Center_Arles 2024_installation view

Il Photolux Festival, in collaborazione con la casa editrice Kehrer, rinnova la sua presenza ad Arles presentando la mostra di Guido Gazzilli (Roma, 1983) dal titolo Home is home (All alone) a cura di Klaus Kehrer e Enrico Stefanelli ed esposta alla Fondazione Manuel Rivera-Ortiz. La mostra fa parte di Commitment, un programma collaterale dei Recontres d’Arles.

“Home is Home (All Alone) è un diario illustrato e uno studio a lungo termine. Storie di luoghi e persone in mondi diversi, in una società in cui esamino le relazioni, i momenti privati, la solitudine, l’abuso, l’amore, la vita notturna, la musica e l’essere artista. Esploro sempre la connessione tra certe persone e il loro spazio vitale. (…) Negli incontri e nella disperata ricerca di una casa, ho raccolto tempeste, sogni e venti dolci ma a volte gelidi. Questa raccolta di immagini testimonia la ricerca di una definizione dell’identità e l’inevitabile consapevolezza che noi esseri umani siamo allo stesso tempo profondamente legati gli uni agli altri e tuttavia fondamentalmente soli.” Con queste parole il fotografo descrive il suo progetto che trae ispirazione dai versi di Gabriele Tinti sul Fauno, dio dei boschi e creatura dionisiaca da sempre simbolo di pienezza creativa, della potenza della vita che può trasformarsi in distruzione e morte. L’autore attraverso questo lavoro ci mostra la ricerca della sua identità, di un posto immaginario, il suo diario visivo, correlato dalle storie di vita di molte persone in relazione al luogo in cui vivono, che possa rappresentare per lui un rifugio dove trovare finalmente conforto.

Guido Gazzilli_Home is home (All alone)_Arles 2024_installation view

Arles Les Recontres De La Photographie

Sotto la superficie

1 luglio_29 settembre 2024

www.rencontres-arles.com/

 

 

 

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