di Dario Orlandi
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Nel 1889 Vittorio Sella muoveva i primi passi con una squadra di 10 portatori nelle valli della Svanezia, in Caucaso. Trasportava una pesante strumentazione fotografica fatta di lastre di vetro, stativi in legno, banchi ottici di grande dimensione per realizzare le prime foto di un ambiente montano remoto e quasi sconosciuto.
Agli inizi del Duemila Fabiano Ventura è un affermato fotografo di outdoor e paesaggio: collabora con riviste di settore, è un valente alpinista e grazie alla familiarità con l’ambiente montano accompagna scalatori di punta nelle loro peripezie. La scelta di dedicarsi alla fotografia di ambiente e paesaggio nella mente del fotografo non è tuttavia legata alla sola passione per l’outdoor e alla suggestività degli ambienti montani: rivela anche la centralità della tematica ambientale.
Un dubbio, però, inquieta il fotografo: può la semplice celebrazione delle bellezze naturali comunicare -l’importanza della tutela dell’ambiente? Oppure è necessario affrontare la questione ambientale in maniera diretta, dimostrando che anche le montagne – giganti apparentemente imperturbabili – sono invece fragili ecosistemi? Come fare delle montagne un’icona della questione ambientale in generale?
Nel 2004 Fabiano è in partenza come fotografo ufficiale della spedizione “K2 2004 – 50 anni dopo”, organizzata per il cinquantesimo anniversario della conquista italiana del K2. Studiando le rilevazioni scientifiche e le immagini storiche dei più grandi ghiacciai del mondo, si accorge di quanto le masse glaciali si siano ritirate nell’arco di pochissimo tempo.
Ecco che un’idea comincia a farsi strada nella mente del fotografo: tornare sulle orme dei grandi esploratori che fra la fine dell’Ottocento e la metà del Novecento avevano per primi percorso e fotografato i più importanti ghiacciai del pianeta; individuare con un meticoloso lavoro di ricerca scientifico-fotografica i luoghi esatti da cui erano state scattate le foto d’epoca (non c’erano certo i GPS, allora… e chissà quanti cambiamenti del territorio nell’arco di cento anni!); rifotografare la stessa scena con tecniche il più possibile simili a quelle storiche in modo da creare nuove immagini perfettamente sovrapponibili a quelle antiche, capaci di dimostrare – attraverso la comparazione – le variazioni delle masse glaciali nell’arco di cento anni.
Tornare, insomma, Sulle tracce dei ghiacciai, per produrre una testimonianza visibile e immediata dei cambiamenti climatici di cui i ghiacciai sono testimoni monumentali ed inequivocabili.
A poco a poco il sogno del progetto fotografico di una vita comincia a diventare sempre più concreto, attraversando le mille difficoltà di un percorso di tali dimensioni: trovare i fondi, reperire il materiale storico, pianificare le spedizioni, organizzare la comunicazione; dar vita a un Comitato Scientifico internazionale e ad un team di glaciologi ed esperti del clima che accompagnino le spedizioni per produrre misurazioni scientifiche originali da affiancare al materiale visuale.
Da allora il progetto ha esplorato le montagne del Karakorum (2009), del Caucaso (2011), dell’Alaska (2013), delle Ande (2016), dell’Himalaya (2018) e si concluderà con le Alpi nell’estate del 2020, diventando – una volta terminato – il più grande archivio fotografico comparativo sul tema dell’arretramento dei ghiacciai.
Negli oltre dieci anni di sviluppo, Sulle tracce dei ghiacciai ha ottenuto il patrocinio e il supporto di importanti istituzioni pubbliche e private, italiane e internazionali, impegnate sulla questione dei cambiamenti climatici.
Le fotografie del progetto girano il mondo grazie a una mostra itinerante che espone oltre cento immagini comparative di grande formato, percorsi multimediali, installazioni interattive e materiali d’epoca; le immagini integrano iniziative di comunicazione sul tema dell’ambiente e sono utilizzate per scopi didattici, conferenze e progetti editoriali a tematica ambientale.
L’immediatezza delle immagini fotografiche e la forza della comparazione fanno del progetto Sulle tracce dei ghiacciai un esempio evidente di come, nell’epoca della comunicazione globale, le immagini possano essere una preziosa risorsa a sostegno della tematica ambientale.
9 luglio 2019