[News] – I “Nominees” 2020 di Magnum Photos

USA. Harlem, New York City. 2020. Dalla serie "125th & Lexington". © Khalik Allah/Magnum Photos

Ogni anno, all’assemblea generale di Magnum Photos, nuovi fotografi sono invitati ad unirsi ai membri esistenti. Nel 2020, cinque nuovi nomi si sono aggiunti come membri “nominati” (Nominees): Khalik Allah, Sabiha Çimen, Colby Deal, Yael Martínez e Hannah Price. Nel sistema Magnum, i fotografi si uniscono dapprima come Nominees, e divengono Associati un paio di anni più tardi. Dopo un periodo di tempo trascorso come Associati, diventano membri (Members) a pieno titolo, uno status che conferisce l’appartenenza a vita all’agenzia famosa in tutto il mondo.

Diamo dunque uno sguardo ai nuovi “arruolati” di quest’anno, ai loro lavori, al loro approccio nei confronti della fotografia.

Khalik Allah è un regista e fotografo autodidatta, nato a New York nel 1985. Gran parte della sua opera è stata realizzata ad Harlem, soprattutto all’incrocio tra la 125esima Strada e Lexington Avenue e le immagini sono state raccolte, nel 2017, nel libro Souls Against the Concrete (University of Texas Press). Ispirato e guidato dagli insegnamenti della Five Percent Nation, Khalik Allah ritrae persone di colore, che sovente vivono in condizioni di povertà ed emarginazione. Il suo lavoro è stato descritto come “opera di strada” per la bellezza viscerale, profonda e a tratti poetica dei suoi scatti.  “Il mio lavoro è un matrimonio tra me stesso e la strada, con la macchina fotografica allineata a ciò che sto documentando”, ha affermato. Scattate di notte, in un quartiere nero – un “doppio buio di cui la gente ha spesso paura” – le sue immagini vanno oltre la fotografia di strada, liberando l’anima dei suoi soggetti dai fardelli della loro condizione sociale. Profondamente spirituali, esteticamente audaci, a tratti poetiche, mostrano una storia diversa della cultura nera, rivelando umanità e dignità in un ambiente difficile. Allah è noto anche per i film documentari Field Niggas (2015) e il pluripremiato Black Mother (2018) girato in Giamaica.

Sabiha Çimen, nata a Istanbul, Turchia, nel 1986, è una fotografa autodidatta, la cui opera è prevalentemente incentrata su temi riguardanti l’universo femminile, la cultura islamica, ritrattistica e still life. Nel 2020 ha ottenuto il secondo premio al World Press Photo (categoria Long Term Projects), il Canon Female Photojournalist Grant e il W. Eugene Smith Memorial Grant. Prima di cedere al fascino della fotografia, Çimen ha studiato economia e finanza. Dopo aver acquistato una macchina fotografica di medio formato e di seconda mano, è tornata alla scuola che aveva frequentato da ragazzina: la scuola coranica femminile a Istanbul. Da allora ha intrapreso il suo progetto a lungo termine: Hafiz: Guardians of the Qur’a (Hafiz: i Guardiani del Corano) in cui ha documentato un mondo occultato allo sguardo dei più, restituendoci immagini velate di nostalgia, riuscendo a stabilire un’intensa connessione con i soggetti delle sue foto per creare una sorta di “autobiografia” visiva. I musulmani che memorizzano il Corano per intero possono usare il titolo “Hafız” prima del nome. La pratica risale ai tempi in cui l’analfabetismo era diffuso e la carta e la pergamena erano troppo costose, per cui gli Hafiz erano considerati i guardiani della parola sacra. La storia raccontata da Sabiha Çimen è uno scorcio di un mondo nascosto, che narra la vita delle ragazze durante i loro anni di studio del Corano: un compito impegnativo, che richiede concentrazione e disciplina. Al contempo, è un progetto che mostra i sogni, le speranze e lo spirito curioso tipico di ogni giovane donna della loro età.

Dalla serie “Hafiz: Guardians of the Qur’an”. © Sabiha Çimen/Magnum Photos

Colby Deal è nato e cresciuto a Houston, Texas, dove ha conseguito il Bachelor of Fine Arts in fotografia. Nel suo lavoro mescola diversi generi fotografici, combinando fotografia di strada e ritrattistica per catturare comunità vivaci, conservare la memoria di aree urbane in cambiamento, documentandole con una punta di nostalgia. Beautiful, Still, è il progetto a cui Deal sta attualmente lavorando, attinge al romanticismo delle epoche passate per ricordare all’osservatore l’effimero di una comunità che sta mutando rapidamente. Protagonista è il suo stesso quartiere, il Third Ward di Houston, e nel lavoro è evidente l’amore per uno stile di vita, una cultura di cui ancora si conserva ampia traccia, nonostante l’incalzare di pressioni esterne che minacciano di distruggerla. La cultura afroamericana con le sue tradizioni più tipiche si ritrova in tutte le sue immagini: i soggetti sono immortalati mentre ascoltano musica, giocano a scacchi, in cortile o per strada. Sono invece accuratamente rimossi marchi, loghi e oggetti simbolo della tecnologia moderna come i telefoni, il che consente di preservare un senso di ambiguità temporale.

Alcuni scatti ritraggono donne in abiti bianchi, figure materne e solenni che mostrano con orgoglio la loro bellezza sfidando le molte pressioni sociali a cui sono sottoposte. Tutte le fotografie di Deal si concentrano sulle persone come individui che esistono in un contesto sociale, e suggeriscono come ognuno di essi possa relazionarsi con gli altri. Deal ha esposto manifesti delle immagini di Beautiful, Still in tutto il quartiere e in altre zone di Houston: un approccio innovativo che mira ad evitare il formalismo delle gallerie convenzionali e restituisce l’opera alle comunità in cui è stata creata. Un’altra serie, Red Gen, è un omaggio alle le persone che hanno influenzato il cambiamento nelle loro comunità sulla scia delle rivolte razziali di quest’estate in America ed è stata recentemente esposta al Museo della Cultura Afroamericana di Houston.

USA. Houston, Texas. Dalla serie “Beautiful, Still”. © Colby Deal/Magnum Photos

Yael Martínez ha vinto il secondo premio del World Press Photo 2019 nella categoria Long Term Projects e l’Eugene Smith Grant nello stesso anno. Dal 2013 Martínez esplora l’impatto umano ed emotivo della criminalità organizzata nel suo Paese natale, il Messico. È stato costretto ad affrontare lutti nella sua famiglia – tre dei suoi membri, di 18, 19 e 23 anni, hanno perso la vita – ma la sua tragedia gli ha consentito di dare voce anche al dramma di altre famiglie, passando così dal dolore personale alla consapevolezza e al confronto con le gravi questioni sociali che interessano l’intero Messico. Attingendo alla tradizione del reportage fotografico, al collage, all’autoritratto, aggiungendo interventi di luce e materia nelle sue immagini, Martínez esplora “la costruzione simbolica di un territorio dove la violenza penetra ovunque”. Infatti, spesso il suo approccio è simbolico, mira ad evocare un senso di vuoto, di assenza e di dolore, quel dolore sofferto da coloro che sono stati colpiti dalla criminalità organizzata. Uno dei suoi progetti più noti, La Casa Que Sangra (La casa che sanguina), si concentra sulle comunità spezzate e massacrate dalla criminalità, in senso fisico e psicologico, riuscendo magistralmente a tradurre i propri incubi personali in fotografia. Nel più recente Firefly si focalizza sul concetto di resilienza, decorando le sue fotografie con punture di spilli, facendo emergere dalle immagini delicati fili di luce: un espediente simbolico per comunicare il concetto che “l’essere umano può trasformare un’energia oscura in un’energia positiva”. Lontano dal  reportage fotografico più crudo, l’approccio di Martinez cerca di sviluppare un’immagine per il pubblico che sia il più vicino possibile all’esperienza del fotografo, alla sua percezione dei diversi strati della realtà.

Messico. Taxco, Guerrero, 2020. The Space Between Us, dalla serie “Firefly”. © Yael Martínez/Magnum Photos

Hannah Price, fotografa e film maker, è nata ad Annapolis, nel Maryland, è cresciuta in Colorado e attualmente risiede a Filadelfia. Per anni ha indagato con la macchina fotografica i diversi aspetti legati all’identità, alle percezioni sociali, alle proiezioni e alle distorsioni nell’America contemporanea, concentrandosi sulla politica razziale e su come le persone si sono solite definire gli altri e autodefinirsi. Critica riguardo al potere distruttivo delle rappresentazioni visive tradizionali nel determinare la realtà dei neri e di altri gruppi etnici, Price è tuttavia convinta che creazione di immagini possa essere una strategia per migliorare il modo di relazionarsi con gli altri e con il mondo che ci circonda. Tra i suoi progetti più significativi: City of Brotherly Love  indagine visiva sulle molestie verbali per strada da parte di “cascamorti” nei confronti del sesso femminile, condotta attraverso ritratti di uomini incontrati a Philadelphia; Resemblance – ritratti di liceali dei quartieri poveri di Rochester, New York; Cursed by Night, realizzato nel 2012-2013, sulle connotazioni negative connesse con le figure degli uomini di colore; e Semaphore del 2018, che esplora il modo in cui gli individui vivono e comunicano la loro identità. Tutti ruotano intorno a questioni di razza, genere e rapporto dell’individuo con la collettività. Seguendo un’etica di quieta osservazione e “cautela emotiva”, le sue immagini sono in grado di offrire rara attenzione alle soggettività dei soggetti fotografati, anche quando l’indagine verte sulla validità e il significato dei costrutti sociali, spesso ostili, presenti nei confronti di alcune categorie. Hannah Price sfida l’osservatore a esaminare ciò che vede, ciò che si trova di fronte: “se una proiezione è vera o no, in una data situazione”.

 

21 novembre 2020

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