“L’inizio del futuro” – Giulia Ticozzi racconta Arcipelago-19 e la mostra di Lucca

Replay, diario di una quarantena. Costretti tra le mura di casa: momenti, sensazioni e pensieri si susseguono in un ritmo senza tempo. Roma, marzo 2020. © Cristina Vatteli
di Chiara Ruberti
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Tra i molti progetti prodotti nei primi mesi di pandemia, ce n’è uno che ho seguito con estremo interesse sin da subito. Per l’approccio, orizzontale e partecipativo, per la visione eterogenea capace di restituire una visione allargata, per la capacità di guardare tanto alla dimensione pubblica e sociale quanto a quella privata e intima. Arcipelago-19, con quella che abbiamo definito “una costellazione di immagini che è testimonianza attiva e vigile”, è riuscito a veicolare un’immagine della pandemia complessa e articolata, preziosa. Per questo, abbiamo scelto, di invitare Arcipelago-19 a realizzare una mostra sulla pandemia per l’edizione 2020 di Photolux, prevista originariamente per i mesi di novembre e dicembre 2020.

Giulia Ticozzi è uno dei membri del gruppo informale che ha dato vita ad Arcipelago-19 e la curatrice della mostra L’inizio del futuro, che ha inaugurato invece il 28 maggio scorso ed è visitabile a Lucca (Villa Bottini) fino al 22 agosto. Approfondiamo con lei alcune questioni legate al progetto e alla mostra.

 

Com’è nata l’idea di Arcipelago-19?

L’idea nasce subito dopo l’inizio del lockdown del 2020. Eravamo a casa o impiegati sul campo per lavori di fotografia e la necessità di sentirci, confrontarci, salutarci nasceva innanzitutto dalla voglia di chiederci “come stai?”. Questo stare in rete ha fatto sì che nascesse l’urgenza di “fare qualcosa”: avevamo la possibilità di disporre di un tempo nuovo per confrontarci su come la fotografia avrebbe potuto raccontare tutto questo. Abbiamo costruito una mappatura visiva, una sorta di racconto capace di spiegare il territorio. E allo stesso tempo di proporre una visione collettiva mai statica e non banale, lontana dagli stereotipi. Abbiamo scelto innanzitutto di aprire un account Instagram, @Arcipelago_19. È stato veloce ed efficace perché la forza biunivoca del social è perfetta: partecipo ma anche osservo. IG è uno strumento per mostrare ma anche per monitorare quello che succede.

Mi piace dire che Arcipelago-19 non è un collettivo ma è un “collettore”. Il progetto nasce in modo spontaneo e libero, un’idea molto lontana da una progettualità studiata e di prospettiva. È in piedi finché ci saranno proposte e partecipazione. Viceversa, non funziona, non vive. Come in un organismo particolare, forse Arcipelago assomiglia a volte ad un uroboro (il serpente che si mangia la coda e crea un cerchio che simboleggia l’infinito, l’eterno) ma allo stesso tempo è un organismo sostenuto solo grazie alle nuove energie che arrivano dall’esterno. Il nome, infatti, è rappresentativo: Arcipelago, un luogo che esiste solo se esistono gli elementi che lo compongono e cioè le isole, che per noi sono le fotografe e i fotografi, chi ha voluto condividere con noi un pezzetto del proprio percorso.

Così il gruppo si è allargato e ora, dalle quattro persone che eravamo, siamo diventate e diventati molti di più. L’idea è quella di essere compartecipi nelle varie fasi del processo creativo. Non solo le fotografie ma tutto quello che ruota attorno all’ideazione di un progetto, alla sua comunicazione, al rapporto con chi collabora, alla scelta delle immagini. Poi si sta insieme. Molto online e a volte, quando si riesce, in qualche posto.

Don Paolo Morbio, parroco di Bagolino (BS), benedice il paese al termine dell’ultima messa online. Dal giorno successivo, con l’avvio della “Fase 2”, le chiese potranno accogliere di nuovo i fedeli, rispettando distanziamenti e igienizzazione dei luoghi di culto. Maggio 2020. © Simone Cargnoni/JUMPCUT

Era l’inizio dell’estate del 2020 quando ci siamo parlate la prima volta e abbiamo iniziato a discutere della possibilità di realizzare una mostra. Nell’aria si respirava quella rassicurante sensazione che il peggio fosse passato e che la pandemia stesse allentando la morsa. Photolux, insieme all’Archivio Fotografico Lucchese “A. Fazzi”, aveva lanciato da qualche settimana la chiamata pubblica rivolta ai cittadini di Lucca chiedendo di contribuire con una donazione alla costituzione del Fondo Covid-19 dell’Archivio, nella convinzione che si dovesse conservare la memoria collettiva di questo straordinario evento. Con l’intenzione di aprire l’Archivio a una dimensione che fosse non solo locale ma almeno nazionale, pensavamo che fosse necessario arricchire il fondo con un nucleo di immagini d’autore che raccontasse il corso della pandemia lungo l’intera penisola e attraverso lo sguardo di fotografi professionisti. L’idea è stata allora quella di portare una porzione di quell’universo narrativo costruito da Arcipelago-19 in mostra a Lucca e di acquisire un’immagine per ogni autore coinvolto nel Fondo Covid-19 dell’Archivio.
Qual è stato il pensiero alla base della selezione di autori e immagini per la mostra? Come hai costruito il percorso di senso che tiene legati tanti lavori così diversi tra loro per linguaggio e per contenuto?

Le immagini che compongono la mostra L’inizio del futuro sono state selezionate da una serie di lavori fotografici raccolti durante il primo lockdown. Abbiamo “scavato” tanto nei progetti che ci sono arrivati. Abbiamo visto tante cose belle e dovuto scartare cose meno interessanti. Non è stato facile distillare. In mostra questo doveva essere messo a sistema, doveva diventare rappresentativo per il processo in generale e mi sembra che ci sia stato un risultato molto importante: gli autori si sono diluiti. Non emerge nessuno in particolare ma si ha la sensazione che ci sia un autore multiplo, fluido. Nessuno escluso. Come in un Arcipelago. Poi, se si guarda con attenzione ecco emergere le specificità.
Vorrei poi sottolineare che la mostra è stata curata in collaborazione con Max Cavallari ma che in generale tutti facciamo un po’ tutto. Anche in questo caso le scelte e il confronto sono state sempre messe in mezzo alla discussione. Per me è molto importante, spesso il processo racconta molto meglio la filosofia di un progetto.

La quarantena con la propria famiglia si trasforma in una fiaba dark evocando atmosfere mitologiche tra il gioco e la fantasia. Per i bambini, un viaggio alla scoperta dei colori dell’oscurità. Rimini, aprile 2020. © Elisabetta Zavoli

I temi affrontati sono tanti. In effetti, visto che il tema è il Covid, e visto che il Covid ha modificato tutti gli aspetti della nostra esistenza, i temi coincidono con la vita e quindi sono parecchi. Sono presenti storie di malattia, di cura, di lutto fino all’esperienza delle città vuote, delle valli di montagna colpite duramente dal virus e delle tensioni crescenti all’interno della società ma anche di solidarietà e mutuo soccorso. Alcuni autori invece raccontano le persone costrette in casa. Molti hanno riscoperto i volti di chi hanno a fianco, dei propri famigliari, dei vicini. “L’altro”, quasi mai al centro della notizia e che invece parla di aspetti fondamentali dell’essere umano: il corpo, le relazioni, l’intimo.
Molti autori affrontano, a partire da questa particolare situazione, il ritrovato rapporto con la natura, che oggi si riscopre unica soluzione a uno stile di vita troppo violento ed escludente e che racconta secoli di un comportamento che ha portato gli esseri umani alla continua sfida con essa. Altri ancora hanno rappresentato il tentativo di reagire a questa fase di emergenza e cambiamento con nuove forme di lavoro e di socialità: una documentazione di cui capiremo il valore negli anni futuri, come sempre è accaduto nei grandi passaggi storici.

In mostra abbiamo collaborato con Cesura, collettivo che ha dedicato parte del proprio lavoro a questi temi. Come “raccoglitori” di immagini abbiamo pensato che fosse una testimonianza imprescindibile durante i primi mesi, pubblicando alcune delle loro fotografie sul nostro feed e ora, su proposta di Marco Zanella, membro di Cesura, abbiamo ritenuto che un buon modo di mostrare questa narrazione fosse presentare la video-installazione Scherzo in tre tempi. Un’opera che indaga la relazione tra spettacolo e spettatore innescando un cortocircuito che spinge il visitatore a interrogarsi, a sua volta, sulla condizione di spettatore.

Condominio. Brescia, 26 Marzo 2020. Estratto dall’installazione multimediale ‘Scherzo in tre tempi’. © Giorgio Salimeni/Cesura

Il corso degli eventi ci ha costretti a continui spostamenti e riprogrammazioni: il nucleo centrale della mostra è rimasto quello originario, già interamente prodotto in novembre, ma abbiamo lasciato una parete aperta, in chiusura del percorso, perché potesse contenere qualcosa di più prossimo al momento nel quale saremmo riusciti finalmente a inaugurare. Vogliamo spiegare la scelta finale?

Ci siamo interrogati moltissimo su come tenere “aggiornata” la mostra. Come prima cosa abbiamo pensato di liberare l’ultima parete. Fino all’ultimo non avremmo deciso cosa installare per fare in modo che si potesse avere una possibilità in più a ridosso dell’inaugurazione. A un certo punto avremmo dovuto scegliere. La paura di un ennesimo rimando, di una cancellazione, aspetti con cui nella vita di tutti i giorni abbiamo comunque imparato a convivere, ci aveva fatto perdere un po’ il senso. Qual è l’ultima foto che “merita” questa posizione? Non era una domanda corretta. Chiedersi invece “Cosa vogliamo raccontare?” ci ha aiutato a chiudere con un finale aperto e dedicato alla narrazione della mostra stessa. L’opera è composta infatti da una serie di pagine-fotocopie che ripercorrono i diversi momenti della produzione della mostra. Al visitatore sono svelate le fasi, le difficoltà, le arrabbiature, le attese, le domande che ci siamo fatti durante tutto il percorso. Anche questo è un racconto sulla pandemia.

Arcipelago-19 è un progetto aperto, ci racconti le idee più recenti e le iniziative in corso? 

Da qualche tempo Arcipelago vuole uscire dal mondo digitale per trovare spunti e linguaggi più vicini al reale, al mondo “materiale”. Abbiamo realizzato innanzitutto una serie di pubblicazioni che hanno permesso da un lato di finanziare il lavoro di chi partecipa con le proprie fotografie, dall’altro a far conoscere il progetto fuori da una cerchia specifica dedicata alla fotografia. Poi, da quando ci siamo visti la prima volta di persona (dopo qualche mese, quando nell’estate del 2020 ci siamo potuti incontrare fisicamente) è nata anche qui in maniera spontanea l’esigenza di un progetto collettivo dedicato ai guariti.  Per l’anniversario del primo anno di lavoro con il progetto #anticorpi abbiamo realizzato una campagna di affissioni nello spazio pubblico: contemporaneamente in diverse città abbiamo fatto in modo che Arcipelago si affacciasse sulle strade e tra le persone. 

Ora stiamo lavorando sull’estate italiana. Immaginiamo che avrà un sapore un pò diverso. Non siamo usciti dalla pandemia ma ci comportiamo come se lo fossimo, ragioniamo sulle vacanze ma molte persone vivono in una condizione di crisi molto grave, ci sono tensioni sociali. Qual è lo stato del paese? Ma che estate sarà? Per rispondere a questa domanda abbiamo deciso di raccontare i molteplici punti di vista sui mesi estivi che verranno e affidando ai fotografi dell’Arcipelago il linguaggio, lo stile, i contenuti  e il taglio della narrazione visiva.

Installation view © Arcipelago-19

È stato bellissimo chiudersi di nuovo tra le mura di uno spazio espositivo, pensare e sudare. Grazie! È stato bellissimo incontrarsi con alcune delle Isole dell’Arcipelago, parlare della mostra, dei lavori e di quella sensazione impagabile di essere di nuovo insieme. Grazie! Queste energie belle abitano il percorso della mostra, ci raccontano della funzione vitale dell’arte e del lavoro della cultura che diventano anticorpo e memoria collettiva, come ci siamo più volte dette. 

È vero, se consideriamo l’arte in generale (dove ovviamente è inclusa la fotografia) un luogo dove la relazione è importante, qualunque essa sia – tra persone, tra opera e fruitore, tra artista e ambiente – allora sì, l’idea della mostra, Arcipelago e il lavoro collettivo soddisfano quel bisogno vitale e necessario, quell’urgenza che è intellettuale ma anche fisica. Dopo una nascita tutta digitale ogni “uscita” reale e pratica è capace di innescare nuove prospettive e idee. Bello incontrasi, bello lavorare insieme, bello agitare le acque.

 

 

 

L’INIZIO DEL FUTURO
a cura di Giulia Ticozzi e Arcipelago-19
con una installazione audiovisiva di Cesura

Villa Bottini
via Elisa 9, Lucca

28 maggio – 22 agosto 2021
venerdì, sabato e domenica 10:00 – 19:30

 

 

luglio 2021

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