“Le parole dovrebbero essere stelle cadenti su cui poter esprimere desideri”. Addio a Lisetta Carmi

Lisetta Carmi, La Bellezza della Verità, Postcart Edizioni

“Le parole dovrebbero essere stelle cadenti su cui poter esprimere desideri” L.C.

Diceva così, Lisetta Carmi, ad Antonio Gnoli, in una intervista per il quotidiano La Repubblica, qualche mese fa. Desideri, paure, visioni, vite, luci ed ombre, son ciò che nella sua vita – una delle cinque, per citare Giovanna Calvenzi – la fotografa e intellettuale Lisetta Carmi ha tracciato tramite il suo obiettivo e non soltanto. Oggi i suoi scatti appaiono di una forza ancora più predittiva – veggenza che appartiene solo agli artisti – nel raccontare i labirinti esistenziali degli esclusi, dei dimenticati, dei censurati e dei vessati. Lei, di origine ebraica che non fece ritorno in Israele – “Ho fotografato i campi profughi negli Anni sessanta, ho visto come trattano i palestinesi, ne sono rimasta rattristata, non ci sono più voluta tornare” –; lei che a Genova, la sua città, aveva immortalato, comprendendolo come nessuno, tra anni Sessanta e Settanta, l’universo ai margini e celato delle donne transessuali che vivevano in quel che era stato il ghetto ebraico e il cui reportage, Travestiti, pubblicato nel 1972 da Essedi Editrice, divenne opera alquanto clandestina. Lisetta Carmi fu tra le prime fotografe a occuparsi dell’indagine di realtà scomode, socialmente inaccettabili eppure tollerate dalla collettività nel modo più semplice: tacendole e obnubilandole. Le condizioni dei portuali a Genova o degli operai dell’Italsider, la speculazione edilizia della sua amata Sardegna – già terra d’esilio – e poi le guerre, le sommosse sociali internazionali. Lei, che fotografa lo era diventata dopo aver lasciato la carriera di concertista e che aveva ritrovato poi, dinanzi alla sua macchina fotografica, amici ed esponenti della cultura, da Edoardo Sanguineti e Leonardo Sciascia a Luigi Nono e Claudio Abbado, ma anche Jaques Lacan e Ezra Pound – del quale restituì un’immagine altra –. Proprio il ritratto ad Ezra Pound le valse il Premio fotografico Niépce, così motivato da Umberto Eco: “Quei “ritratti” raccontavano molto più Pound che i centinaia di articoli che erano stati scritti su di lui”.

In questo torrido luglio Lisetta Carmi ci ha lasciati e se le parole devono parer stelle cadenti su cui poter esprimere desideri, la sua opera fotografica si tramuta in volta celeste in cui ogni scatto ha teso verso i desideri di chi non aveva diritto di parola.

 

5 luglio 2022

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *