La Rivoluzione Iraniana nelle fotografie di Abbas

Teheran, 25 gennaio 1979. Dopo una manifestazione allo stadio Amjadiyeh a sostegno della Costituzione e di Shapour Bakhtiar (nominato primo ministro dallo scià prima di lasciare il Paese) una donna, ritenuta una sostenitrice dello scià, viene assalita dai rivoluzionari © A. Abbas, Magnum Photos
di Beatrice Bruni
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“Che siano con lui gli dei e gli angeli delle religioni di tutto il mondo, che ha fotografato così appassionatamente”.

Queste le commosse parole di commiato del presidente dell’agenzia Magnum Photos Thomas Dworzak, nel momento del saluto estremo, alla morte dell’amico Abbas, fotografo iraniano, membro dell’agenzia fotografica più famosa del mondo per quattro decenni. Abbas Attar lasciava questo mondo, che tanto profondamente aveva saputo raccontare con le sue immagini, circa un anno e mezzo fa, nell’aprile del 2018 a Parigi, dove viveva e lavorava da sempre. Di Magnum era considerato un pilastro, da tutti i fotogiornalisti del mondo una figura di riferimento, un grande padre autorevole.

Come ha ben scritto sul suo blog Fotocrazia il giornalista Michele Smargiassi, nel puntuale ringraziamento – ricordo a seguito della morte del fotografo, Abbas è stato un po’ frettolosamente considerato il fotografo del mondo islamico. Basta tuttavia valutare in quanti diversi Paesi si è svolta la sua prestigiosa carriera per capire che egli si occupò certo moltissimo di Islam, ma fu soprattutto un fotografo delle religioni e della storia, e dell’intersezione della religione con la storia, la politica e la società.

I suoi reportage, fin dagli inizi negli Stati Uniti, a New Orleans, hanno raccontato infatti le più importanti storie del secolo breve, le sue rivoluzioni, gli sconvolgimenti sociali e politici, le guerre. Suoi sono lavori in Biafra, in Bangladesh, nell’Irlanda del Nord, sulla guerra in Vietnam, in Medio Oriente, Cile, Messico, a Cuba, e nel Sud Africa durante il periodo dell’apartheid.

Abbas credeva in uno stile personale coerente, in un vero e proprio metodo che, in riferimento al suo lavoro, egli definiva come la cattura nell’immagine di un “momento sospeso”. Non credo che nelle fotografie di Abbas sia facile percepire sempre questo momento sospeso. Le foto della rivoluzione iraniana, per esempio, esposte a Palazzo Ducale durante l’edizione 2019 di Photolux Festival, raccontano, nel quarantesimo anniversario dell’evento, una rivoluzione molto accesa, con la discesa di enormi masse di uomini e donne nelle piazze.

Nel 1979, rovesciando una delle più antiche monarchie del mondo, gli iraniani vinsero la prima rivoluzione islamica moderna. Fu una rivoluzione che noi occidentali facemmo fatica a comprendere. L’Iran appariva come un Paese in cui si era avviato un processo di apertura al progresso tecnologico e sociale. Questa apertura, tuttavia, aveva un carattere solo superficiale, dato che il paese viveva sotto un regime repressivo guidato da Mohammad Reza Pahlavi, ultimo Scià di Persia.

Il sovrano viveva nello sfarzo più sfrenato: memorabile la sua auto incoronazione, con una corona tempestata di enormi pietre preziose; celebri i suoi rapporti stretti con la mondanità occidentale, il suo amore per il lusso ed il potere, i rapporti economici con gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. Tutto ciò mentre il popolo moriva di fame.

IIran, Teheran, 1979. Il ritratto dell’Ayatollah Ruhollah Khomeini esibito dalla folla, che assiste all’inaugurazione dell’Università di Teheran. Il futuro Presidente della Repubblica Islamica Mahmoud Ahmadinejad è in basso a destra, dietro l’uomo con il cappello di pelliccia © A. Abbas / Magnum Photos

Allo scopo di rendere l’Iran il più importante Paese del Medio Oriente, Pahlavi impiegò moltissime risorse dello Stato per la costituzione di un esercito forte e per una continua celebrazione della monarchia. La politica moderna e filoccidentale faceva sì che il clero sciita non vedesse di buon occhio il suo operato. Occorre considerare che circa il 10% dei musulmani è sciita, quindi lo sciismo è decisamente un ramo minoritario di questa religione, ma la maggior parte degli sciiti si trova proprio in Iran.

Ad alcune azioni modernizzatrici, limitate però ad una fascia sempre più stretta di privilegiati, lo Scià contrappose violente repressioni, tra queste l’obbligo per le donne di togliersi il velo – i suoi militari venivano mandati nelle campagne a strappare il velo dalle teste delle contadine – gesto “moderno” di una violenza feroce. Contemporaneamente, alle donne non fu concesso il diritto di voto. Queste e molte altre forti contraddizioni, come una stretta collaborazione con gli Stati Uniti, per ovvi motivi strategici, portarono alla crescita del malcontento tra la popolazione iraniana, sottoposta anche a torture, arresti, uccisioni degli oppositori. Una situazione che non poteva non sfociare in una vera e propria rivoluzione.

Le trame di questo evento furono ordite da una figura estremamente carismatica che, dal suo esilio parigino, guidava gli iraniani verso un nuovo Iran: l’Ayatollah Khomeini. Una personalità straordinaria capace di connettere tutte le forze contrarie allo Scià, sia quelle religiose, sciite appunto, sia quelle politiche, di carattere marxista. Nel 1978, quando cominciarono le prime importanti proteste contro il regime, Abbas si recò immediatamente nel suo Paese, per documentare ciò che stava accadendo.

L’inizio della rivoluzione iraniana, politicamente piuttosto complessa e forse non ben conosciuta in tutte le sue sfumature, portò dunque al ritiro all’estero di Pahlavi e soprattutto al ritorno di Khomeini dall’esilio parigino. È di Abbas lo scatto dell’Ayatollah Khomeini mentre scende la scaletta di un aereo Air France che lo riporta da Parigi a Teheran da vincitore. In quella fotografia, tutto il destino di un popolo. Khomeini instaurò la Repubblica Islamica dell’Iran; tutto quello che era antinazionalista e occidentalista fu bandito aspramente.

Abbas, che inizialmente sentiva di supportare la rivoluzione contro l’assurda tirannia dello Scià, capì in breve tempo che la violenza si trovava da ambo le parti: con rigore e coraggio fotografò anche “il lato oscuro” della rivoluzione, rifiutando di non pubblicare alcune foto che mostravano i rivoluzionari “dalla parte del torto”.

Iran, Tehran, 11 febbraio 1979. Un mullah, alla guida di un’auto di lusso, mostra la sua arma nel giorno della vittoria della Rivoluzione © A. Abbas / Magnum Photos

Nell’aprile del 1979 l’Iran, tramite un referendum, divenne una repubblica totalitaria teocratica, antioccidentale, con a capo Khomeini in qualità di leader supremo. La violenza purtroppo continuò, sotto l’occhio deciso di Abbas, e culminò in novembre quando una rivolta violenta, con a capo gli studenti iraniani, produsse la presa in ostaggio di molti cittadini e diplomatici americani dentro la loro ambasciata. La principale richiesta dei rivoltosi era l’estradizione di Pahlavi, rifugiatosi in America. Il Presidente Carter rifiutò di sottostare alla richiesta.

Una nota cinematografica: il film di e con Ben Affleck, Argo, vincitore di tre premi Oscar tra cui quello per il miglior film, narra la rocambolesca fuga di sei ostaggi rifugiatisi nell’abitazione dell’ambasciatore del Canada sotto la guida dell’agente della CIA Tony Mendez. Una storia vera, avvincente, che ben racconta il clima nel Paese e le tensioni internazionali che tutta questa vicenda aveva scatenato.

Non ultimo, l’avvio di una fase nuova per tutto il mondo: il Presidente degli Stati Uniti d’America Jimmy Carter perse le elezioni, anche a causa della crisi degli ostaggi americani in Iran. Egli aveva infatti promosso un tentativo di salvataggio che ebbe un epilogo disastroso. Venne eletto come nuovo POTUS il competitor repubblicano Ronald Reagan.

Abbas lasciò l’Iran nel 1980 e non vi fece ritorno per diciassette anni. La sua prima pubblicazione, del 1980, fu La Révolution Confisquée, “La Rivoluzione Confiscata”. Sulla copertina del libro un’immagine molto eloquente: un mullah, alla guida di un’auto di lusso, guardando in camera, impugna fiero un’arma nel giorno della vittoria della rivoluzione, l’11 febbraio 1979.

 

ABBAS | THE IRANIAN REVOLUTION 1979
A cura di Enrico Stefanelli
in collaborazione con Magnum Photos

Palazzo Ducale
Cortile Carrara 1, Lucca
PHOTOLUX FESTIVAL | 16 novembre – 8 dicembre 2019

da lun a ven:  15:00 – 19:30
sab e dom:  10:00 – 19 :30

 

15 novembre 2019

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