La Genesi secondo Salgado

Sebastião Salgado, cuccioli di Elefante Marino del sud (Mirounga leonina) a Saint Andrew's Bay, South Georgia, 2009, © Sebastião Salgado / Amazonas images
di Dario Orlandi
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La Genesi biblica è la storia di un dono, un tradimento e una caduta. Al culmine della Creazione, Dio consegna all’Uomo – la più mirabile e ultima delle sue creature – un mondo perfetto, per equilibrio e armonia. All’Uomo Dio dona anche la possibilità di intervenire sul creato: mentre gli altri esseri saranno vincolati ad abilità e habitat circoscritti, l’Uomo potrà spaziare e disporre. A questa libertà, però, Dio pone un limite: l’Uomo non può ambire alla conoscenza ultima, non può farsi da creatura principio, pena la caduta.

L’epilogo è tristemente noto: la smania dell’Uomo lo porterà alla rovina, alla comparsa del male e del caos epurati da un devastante diluvio.

L’aneddoto biblico, attraverso il linguaggio allegorico del mito, svela l’essenza del peccato umano: la volontà di ergersi a principio ordinatore, la tracotanza  che lo spinge a violare quell’unione di armonia, bellezza e bontà esemplarmente racchiuse nel concetto greco di kalokagathìa. La stessa intelligenza astratta (la “somiglianza” con Dio) che gli consente di ergersi libero e cosciente fra le creature è essa stessa un dono dell’armonia di cui è parte; l’abuso di tale dono conduce inevitabilmente alla caduta.

Sebastião Salgado, Un gruppo di indiani Waura pesca nel lago Puilanga vicino al loro villaggio, Upper Xingu. Stato del Mato Grosso, Brasile, 2005 © Sebastião Salgado / Amazonas images

Col suo narcisismo tecnologico, con l’ottusa fiducia verso le proprie possibilità a breve termine, l’uomo contemporaneo sta cedendo nuovamente alla tentazione di farsi Dio, reiterando l’errore che lo affligge fin dalla sua comparsa mitologica. La devastazione degli ambienti naturali è la traduzione contemporanea dell’atto di tracotanza con cui i nostri antenati ruppero il patto con l’armonia.

In questo contesto Salgado avrebbe potuto cedere alla consuetudine fotografica della denuncia e raccogliere i presagi della caduta, mostrando gli orrori dell’azione dell’uomo ad un pubblico ormai anestetizzato dall’estetica del male e dalla retorica del consumismo. Avrebbe funzionato? Come in molti si sono domandati – da Melville a Sontag – l’esposizione all’iconografia del male produce, per risposta, il bene?

Sebastião Salgado, pinguini Chinstrap (Pygoscelis antarctica) su un iceberg tra le isole Zavodovski e Visokoi, Isole Sandwich meridionali, 2009 © Sebastião Salgado / Amazonas images

Salgado ha costruito un monumento al mondo originario, a quella natura primordiale con la quale l’Uomo aveva stretto un patto di alleanza. La natura del racconto di Salgado non indulge mai al pittoresco, non è né buona né bella; è forza generatrice, si manifesta nella sua potente e impietosa immanenza, nel suo ordine amorale. E’ il tempio di un panteismo laico dove pilastri simbolici rievocano il patto originale con l’Uomo e si offrono come pegni di alleanza, definendo nel contempo un monito, un limen. Una natura metafisica come metafisico è il bianco e nero delle immagini (struttura, non documento), dove l’uomo-creatura accade come ciò che lo circonda, parte di un tutto che può plasmare a condizione di non violarlo. Non c’è stupore nelle immagini di Salgado, ma sublime contemplazione e mesta consapevolezza.

Sebastião Salgado, gli elefanti sono cacciati dai bracconieri nello Zambia, quindi hanno paura degli uomini e dei veicoli. Quando vedono un’auto che si avvicina, di solito corrono velocemente nella boscaglia. Kafue National Park, Zambia, 2010 © Sebastião Salgado / Amazonas images

La Genesi contemporanea di Salgado è il manifesto di un patto di alleanza fra Uomo e Natura del cui tradimento l’aneddoto biblico racconta l’amaro epilogo. Ma a differenza della irreversibilità del gesto di cogliere una mela, la compromissione degli ambienti naturali è un fenomeno lento e cumulativo; meno evidente, quindi, ma reversibile. La traduzione in chiave contemporanea della metafora biblica lascia dunque aperto uno spiraglio: che sia ancora possibile guardare la mela, magari fremere per coglierla (è il nostro demone), ma alla fine ritrarre il braccio e continuare a godere del nostro Eden imperfetto, lasciando la mela al suo posto.

**Genesis è frutto di un lavoro durato 8 anni, realizzato nel corso di diversi viaggi in luoghi remoti e inviolati del Pianeta: Amazzonia, Congo, Madagascar, Indonesia; Antartide, Alaska, Nuova Guinea; i deserti dell’America e dell’Africa, le montagne d’America, Cile, Siberia. La mostra, a cura di Lélia Wanick Salgado, è stata esposta in numerosi musei in tutto il mondo. Ultima tappa, al Museum für Gestaltung Zürich – il Museo del Design di Zurigo – conclusasi nel giugno 2019.

 

9 luglio 2019

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