La fotografia all’ICCD tra storia e contemporaneo

Il cortile dell'Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, Roma.
di Luca Sorbo
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Una ricognizione degli archivi fotografici in Italia non può prescindere da un’analisi attenta dell’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, situato a Roma e oggi diretto da Carlo Birrozzi, sia perché è l’Ente che emana le norme per la catalogazione di tutti i beni culturali sia perché ha ereditato il patrimonio di immagini e di saperi del Gabinetto Fotografico Nazionale che fu fondato proprio per documentare fotograficamente la ricchezza monumentale del Paese. 

Ci guida in questo percorso Stefano Valentini, responsabile del laboratorio fotografico e coordinatore della tutela. Stefano lavora in questa prestigiosa istituzione da 38 anni e sente tutta la responsabilità del ruolo che ricopre: esperto di tecniche storiche di stampa e in particolare della carta salata, rappresenta un patrimonio di conoscenze che difficilmente sarà sostituibile tra due anni quando andrà in pensione. Le istituzioni vivono di burocrazia e regolamenti, ma è sempre la passione delle persone che determina la qualità del lavoro. 

Laboratorio di restauro all’ICCD, Roma.

Sul ricco e ben fatto sito dell’ICCD, che oggi ha sede nel complesso monumentale di San Michele a Ripa Grande, si legge che: è un istituto del Ministero della Cultura dotato di autonomia scientifica e amministrativa; afferisce all’Istituto Centrale per la Digitalizzazione del Patrimonio Culturale – Digital Library. Vi si trovano altresì sintetizzati i principali ambiti in cui opera:

  • Ha funzioni di ricerca, indirizzo, coordinamento tecnico-scientifico finalizzate alla documentazione e alla catalogazione dei beni culturali.
  • Elabora metodologie catalografiche e coordina le attività operative realizzate dagli enti sul territorio.
  • Gestisce il Catalogo generale del patrimonio archeologico, architettonico, storico artistico ed etnoantropologico nazionale.
  • Tutela, conserva e valorizza i propri archivi fotografici, realizza campagne di documentazione del patrimonio culturale.
  • Svolge attività di formazione, aggiornamento, perfezionamento e specializzazione sia in ambito catalografico che in ambito fotografico e organizza visite guidate.
Fototeca dell’ICCD, Roma.

Noi ci occuperemo solamente della sua attività inerente alla fotografia. 

L’ICCD nasce nel 1975 ed in esso confluisce tutta la produzione di due istituti storici: il Gabinetto Fotografico Nazionale (GFN), fondato nel 1895, e l’Aerofototeca Nazionale, fondata nel 1958. L’archivio del Gabinetto Fotografico Nazionale è composto da circa 300.000 negativi ed è la testimonianza dell’intensa attività di documentazione realizzata dall’Istituto. Fondato da Giovanni Gargiolli – fotografo, ingegnere e figura di spicco della Roma di fine Ottocento – ebbe il compito di documentare il patrimonio artistico nazionale non solo affinché quest’ultimo fosse adeguatamente tutelato, ma anche per contribuire a rafforzare l’identità del Paese all’indomani dell’Unità.

Nel 1906 Gargiolli diede avvio a una lungimirante politica di acquisti che portò all’acquisizione di fondi e collezioni di grande prestigio, come i calotipi di Tuminello (602 fototipi) e il fondo Cugnoni (quasi 5000 lastre al collodio), che ancora oggi sono tra i fondi più preziosi. Mi fa piacere ricordare che la mostra che l’Istituto dedicò al suo fondatore è stata di grande interesse con un allestimento davvero pregevole.

Negativo conservato al Gabinetto Fotografico Nazionale, ICCD, Roma.

L’Aerofototeca Nazionale (AFN) dell’ICCD è il maggiore archivio aerofotografico civile d’Italia. Nata nel 1958 per fornire supporto conoscitivo e tecnico alle Soprintendenze nella loro attività di tutela sul territorio, AFN è andata raccogliendo negli anni una serie di fondi fotografici di grande importanza storica, il più noto dei quali è costituito dalle foto scattate dagli Alleati sul territorio italiano (1943-1945) nel corso della II guerra mondiale. Le foto aeree AFN sono state nel tempo intensamente consultate e sfruttate per tutta una serie di valenze storiche, topografiche, archeologiche, geologiche, urbanistiche, paesaggistiche; dal 1985 sono state usate anche per fini amministrativi (autorizzazioni e condoni edilizi).

Stefano Valentini lamenta che purtroppo, per mancanza di personale, non vengono più realizzate campagne fotografiche, l’ultima fu quella del 2019 per la demolizione del porto commerciale di Ancona. Ora, con progetti specifici, si stanno organizzando campagne avvalendosi di fotografi esterni.

Oggi l’attività principale è la digitalizzazione e la conservazione dei fototipi acquisiti nel corso degli anni, dando una precedenza ai negativi. Tra le restauratrici coinvolte ricordiamo Federica Delia, Petra Wagner e Barbara Costantini. Tra i fondi presenti sono da menzionare: il fondo Piero Becchetti (circa 40.000 oggetti fotografici) che è anche da considerare uno dei primi storici della fotografia in Italia, il fondo Luciano Morpurgo (80.000 fototipi), il fondo Mario Nunes Vais (20.000 fototipi), l’archivio del Ministero della Pubblica Istruzione (160.000 positivi) oggetto in anni recenti di un accurato riordino archivistico. 

Fotografia appartenente al Fondo Becchetti, ICCD, Roma.

Negli ultimi anni l’interesse dell’Istituto si è rivolto anche alla fotografia contemporanea con l’acquisizione di copie d’archivio di progetti fotografici autoriali; presenti, tra gli altri, Guido Guidi, Tommaso Bonaventura, Alessandro Imbriaco, Antonio Di Cecco. In questo contesto si inseriscono anche le residenze d’artista che vedono gli autori confrontarsi con l’archivio dell’Istituto. Sono stati invitati Nicola Nunziata, Mario Cresci e Paolo Ventura. Di particolare interesse l’intervento di quest’ultimo che ha costruito un falso storico con la collaborazione di Stefano Valentini, il quale ha stampato da negativo digitale alcune carte salate per rendere credibile la messa in scena. Da questa ricerca è nata una pubblicazione dell’editore Danilo Montanari, La gamba ritrovataLa prossima residenza d’artista vedrà come protagonista Joan Fountcouberta e sicuramente il suo sarà un intervento memorabile. 

Un altro motivo per visitare l’ICCD è indubbiamente il museo delle attrezzature fotografiche che raccoglie una selezione degli oltre 1400 oggetti conservati. È un’esposizione di strumenti che consente di ripercorrere in modo abbastanza completo l’evoluzione della tecnica fotografica, dalle ingombranti macchine in legno di metà Ottocento fino alla piccola Leica degli anni ’30 del Novecento. 

Il museo delle attrezzature fotografiche all’ICCD, Roma.

Notevole è anche la biblioteca di volumi, manuali, riviste di fotografia, utilissima agli storici per conoscere e nel dettaglio l’evoluzione del linguaggio fotografico. È presente anche un bookshop dove è possibile acquistare le pubblicazioni edite dall’Istituto e quelle prodotte con realtà editoriali esterne. Nella struttura è presente anche un efficiente spazio per mostre temporanee costituita da cinque sale, anche se ultimamente per dare visibilità alle mostre si cerca di utilizzare spazi esterni più facilmente fruibili dai turisti. 

Per eventuali visite e per l’uso e la consultazione del materiale si rinvia alle chiare indicazioni del sito www.iccdbeniculturali.it

 

Fotografie: Courtesy Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, Roma

 

13 ottobre 2020

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