Andy Summers – Every Breath I Take

Sting al basso con l'ingegnere Hugh Padgham, AIR Studios, Montserrat, 1981 © Andy Summers
di Beatrice Bruni
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A photograph is a chord is a photograph.*
(Andy Summers)

Correvamo veloci con le auto che si inseguivano, cercando di scansare i semafori rossi dei controviali e di rimanere tutti insieme. Non so bene perché stavamo andando così veloce, non eravamo in ritardo, ma la frenesia del momento forse richiedeva di superare qualche limite.

Per la prima volta, dopo tanti anni di militanza fanatica, e dopo tanti concerti di Sting come musicista solista, riuscivamo ad assistere ad un concerto dei Police, tutti e tre insieme, in un recupero tardivo di un evento che non avevamo mai potuto vedere perché troppo giovani. I loro dischi in vinile passati dai fratelli maggiori. Eravamo a Torino, Stadio delle Alpi, con molti amici, un gruppo di anime ormai irripetibile.

Fans inseguono la limousine della band, CNE Stadium, Toronto, Canada, 1982 © Andy Summers

The Police Reunion Tour sanciva i trent’anni di musica della band dai suoi inizi, con un successo di pubblico straordinario. C’ero anch’io a Torino; prima del concerto, rovesciai un’intera birra in testa a un’amica, a causa di una serie di gesti reciproci rocamboleschi e assurdi; ero circondata da tantissime persone e ascoltai per la prima volta dal vivo alcune delle canzoni che, nel corso della mia vita, avevano inciso una traccia profonda nel mio animo, da Message in a bottle di cui posseggo un bootleg che comprai con tutti i miei risparmi, a Every breath you take, a So lonely o Roxanne. Il cuore batteva sempre più forte.

Sting al contrabbasso durante una sessione di registrazione, AIR Studios, Montserrat, 1982 © Andy Summers

Ma la faccenda che colpì più di ogni altra la mia attenzione fu che alla fine del concerto, dopo un bis, in quel momento in cui sei ancora lì ad aspettare che i musicisti tornino sul palco per un ultimo saluto, scorsi chiaramente Andy Summers uscire da solo e scattare delle fotografie al pubblico. Non avevo mai visto un musicista fotografare il pubblico dal palco, mentre avevo osservato molte volte le fotografie che le persone scattano freneticamente durante un concerto, nel tentativo di catturare una piccola parte del proprio idolo, tutta per sé.

Perché Summers ci fotografava? Era per lui un rituale, o era qualcosa di più?

Andy Summers, celebre per essere stato il chitarrista dei Police dal 1977 al 1986, è noto come eccellente strumentista e, successivamente alla carriera con The Police, ha inciso una dozzina di album, evidenziando il suo amore per le sonorità jazz, la world music e anche la musica classica. Contemporaneamente Summers ha coltivato una parallela passione per la fotografia, che lo ha portato a documentare scenari urbani o rurali, in ogni parte del mondo. Questi lavori sono stati esposti in diverse gallerie a Londra, Tokyo, New York, Parigi, Los Angeles, e ne sono stati tratti alcuni libri fotografici.

Fans in un ‘in-store’, Austin, Texas, 1980 © Andy Summers

Uno di questi è un robusto volume, in edizione limitata, dal titolo I’ll be watching you – Inside the Police 1980-83. Nei primi anni Ottanta, i Police fecero un lungo tour accompagnati da un fotografo che documentava la band nel backstage, durante le prove, i viaggi, gli incontri con i fans, i concerti, i pasti, i cambi in camerino, gli spostamenti, gli hotel, le strade, con uno stile candido e incisivo. Quel fotografo era proprio lui, il chitarrista Andy Summers.

Tra il fotogiornalismo e il diario illustrato, Summers alterna il racconto visivo a molti testi, appunti più che altro, ove annota sempre il luogo, la data, e quel che sta accadendo o cosa sta pensando.

C’è lo studio di registrazione, per la realizzazione di un nuovo album, e vi si leggono le frustrazioni di dover produrre in poco tempo un disco di qualità, con la paura che non sia all’altezza del precedente. Nel frattempo, Andy si distrae e legge un libro, annotandolo nel diario. In alcuni momenti è felice, in altri si sente perso nell’universo: scrive di non essere sicuro neanche di trovarsi in Europa, afferma che non fa che suonare, e che è tanto tempo che non accorda personalmente la propria chitarra.

Stanza d’albergo, Nashville, Tennessee, USA, 1982 © Andy Summers

Le fotografie sono intense: una street photography degna dei grandi maestri, bianco e nero denso, pellicola Tri-X in prevalenza, a sensibilità 400 o maggiore. Macchine rigorosamente Nikon che, a loro volta, compaiono molto spesso nelle immagini, quasi tanto quanto gli strumenti musicali. E poi ancora le fermate alle stazioni di servizio, non luoghi abitati per pochi minuti dalla band e dal suo entourage, le immagini di una nuova città dalla finestra semi aperta di un bagno, in attesa di andare a cena, stravaganti personaggi, statue indiane a indicare la vendita di bibite ghiacciate e rullini Kodak.

E naturalmente le foto del pubblico. Primi anni Ottanta. Capelli lunghi, spettinati, cotonati, bagnati: ai concerti si suda sempre molto. La moda del tempo non aiutava. Grandi occhiali, baffi, ed enormi sorrisi. Grana molto spiccata. Corridoi di albergo, con la colazione consumata su un vassoio e lasciata lì per una cameriera che non si vedrà mai più. Accanto, Sting si fa la barba con un rasoio usa e getta, in un camerino ricavato in un retropalco pieno di oggetti ammassati.

Hotel de Mexico, Mexico City, 1980 © Andy Summers

Subito dopo, una limousine che li attende, e alla radio la notizia della morte di John Lennon. Summers scrive di sentirsi come se qualcuno gli avesse tagliato un arto, e si chiede: come possiamo continuare a raccontare dei nostri stupidi piccoli sforzi dopo tutto questo? Fuck.

In Giappone invece il pubblico continua a fotografare.

Tanti i provini a contatto, tantissimi gli autoritratti in bagno di Andy. E di nuovo capelli lunghi, occhiali a goccia, braccia sempre alzate e spalancate; la neve di Chicago, poi la paura che questa meravigliosa macchina di sesso, potere e denaro li travolga. Scrive Summers in una nota del febbraio ’82: “It’s cool but also a bit fucking frightening – this is a big engine with three puny pilots and an army of ants” **

Stewart Copeland, Sting e Andy Summers con un roshi giapponese, stazione ferroviaria, Kyoto, 1980 © Andy Summers

I suoi testi sono ironici, veri, sapienti. Alla fine del libro, alcuni ringraziamenti molto divertenti tra cui spiccano quelli ai fotografi che lo hanno ispirato maggiormente: Robert Frank, Duane Michaels (che ringrazia per l’aiuto che gli ha concesso lungo la via), Diane Arbus, Ralph Gibson (che lo ha aiutato a produrre il suo primo libro fotografico Throb), Lee Friedlander, Garry Winogrand, Walker Evans… E poi i registi: Truffaut, Bergman, Godard, Antonioni, Fellini. Un immaginario visivo colto e ben definito.

Infine, una pagina chiamata Face Book, che adesso sembra una premonizione: piccole foto con i volti dei protagonisti, il trio della band, le mogli, le fidanzate, gli assistenti, i manager, la piccola figlia di Andy.

Andy Summers, on the road, Arizona, 1980 © Andy Summers

Da ultimo, le note tecniche: davvero buffo leggere che Summers aveva previsto uno scatto remoto a pedale, collegato alla sua Nikon FE su un cavalletto, per le immagini durante i concerti, ma dato che si confondeva con il pedale per dare effetti alla chitarra, aveva dovuto abbandonare l’idea… Tutto molto romantico da leggere e da vedere oggi, nella nostra epoca ipertecnologica e assai invadente.

Un autore rivelato per gli amanti della fotografia, un libro da non perdere per gli amanti della band e della storia della musica.

 

 

Il libro: I’ll Be Watching You: Inside The Police, 1980-83, Taschen, 2007

 

* “Una fotografia è un accordo è una fotografia”.
** “È forte, ma anche un po’ fottutamente spaventoso… questo è un grande motore con tre piccoli piloti e un esercito di formiche…

 

 

6 marzo 2020

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