di Dario Orlandi
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Accettiamo facilmente la realtà, forse perché intuiamo che niente è reale.
(Jorge Luis Borges)
What distinguishes art is that it happens outside of what we already know.
(Eric Booth)
Quando i divulgatori scientifici tentano di spiegare lo spazio quadridimensionale, così lontano dalla nostra percezione della realtà, utilizzano spesso la metafora del punto sul piano: così come un punto in uno spazio bidimensionale non riesce a concepire la terza dimensione, alla stessa maniera è molto difficile pensare al di fuori delle categorie mentali che organizzano il racconto e la percezione del mondo.
Immerso da oltre centocinquanta anni in una mitologia tecnocentrica che ha modificato radicalmente la percezione della propria posizione nello spazio e nel tempo, l’uomo moderno stenta a vedere i limiti filosofici – prima ancora che metodologici – dell’involucro concettuale delle narrazioni contemporanee.Il lavoro di Vincent Fournier scuote la fiducia nell’utopia tecnologica grazie ad immagini che creano una sospensione surreale tra esistente e possibile, sviluppata attraverso l’esplorazione fotografica di mondi potenziali che amplificano e mettono in discussione i miti della modernità.
Il mondo del fotografo è un futuro nostalgico dove uomini-macchina, macchine-umanoidi e specie ibride fra il naturale e il meccanico si manifestano in azioni, rituali e forme post-naturali: i miraggi modernisti delle architetture di Brasilia, i rituali serializzati del Progetto Spaziale, lo smarrimento quotidiano dell’Uomo-Macchina la biologia surrealista della trilogia di Storia Post-Naturale (i Fiori di Carne, il Bestiario, il Cuore indistruttibile), sono gli scenari in cui prende forma la riflessione del fotografo, alla ricerca di una tassonomia del possibile, un Archivio del Futuro.
Lo foresta mentale di Fournier risuona dei fruscii metallici e dei cinguettii sintetici di “creature in via di apparizione”, ospiti irrituali di un “museo di storia potenziale”.
In questo processo di detournement si rivela con forza la contraddittoria suggestione del mezzo fotografico: figlio ribelle della realtà, legato alla madre da un insopprimibile vincolo di sangue, ma con questa in continua tensione dialettica.Le foto-allestite di Fournier sono un potente ossimoro semiotico: vere come le foto di una finzione. Nel lavoro del fotografo i due piani convivono, contribuendo alla creazione di una sospensione che preconizza un cyber-tempo utopico remoto, possibile, ambiguo.
È l’archeologia del futuro che sovraccaricando il presente tecnologico lo amplifica e ne sottolinea le incognite: conquista o negazione? Destino o smarrimento?
Alcune immagini della serie Progetto Spaziale sono parte della grande esposizione collettiva:
2:56 A.M. | TO THE MOON AND BACK
a cura di Enrico Stefanelli, Chiara Ruberti,
Naima Savioli, Alessia Locatelli, Chiara Dall’Olio,
Alessandro Romanini e Andrea Pacifici
Palazzo delle Esposizioni della Fondazione Banca del Monte di Lucca
Via del Molinetto, Lucca
PHOTOLUX FESTIVAL | 16 novembre – 8 dicembre 2019
da lun a ven: 15:00 – 19:30
sab e dom: 10:00 – 19:30
15 novembre 2019