di Redazione
In un mondo ed in un tempo iperconnessi, in cui sembriamo avere tutte le risposte, spesso alle domande sbagliate, l’Arte continua a definire quei perimetri di ricerca che, altrettanto spesso, fanno sì che la Storia abbia modo di emergere, secondo i prodromi della verità. Il Photolux 2024, seguendo il tema ‘Il Bel Paese?’ si è posto molte, moltissime domande e ha chiesto a fotografi ed artisti di intervenire attraverso il proprio linguaggio, come accade nella mostra ‘Verità Nascoste’ a cura di Benedetta Donato, Chiara Ruberti, Azzurra Immediato ed Enrico Stefanelli che sottende un pensiero chiave: “La storia recente d’Italia è costellata di storie delle quali nel tempo si sono sovrapposte diverse, parziali e lacunose narrazioni, e sulle quali merita oggi, con la giusta distanza, gettare una nuova luce in grado di illuminarne anche gli angoli oscuri.”
Tra le storie narrate, insieme a quella che riguarda il disastro della diga del Vajont (1963) il disastro ferroviario di Viareggio (2009), la scomparsa di Davide Cervia (1990) e altre innumerevoli storie di cronaca, talvolta molto note talvolta ormai dimenticate, gli attentati di matrice mafiosa come la strage di Natale sul Rapido 904 (1984) e quella dei Georgofili (1994) fino ad arrivare ai fatti del G8 di Genova, si affiancano vicende delle quali ancora non tutte le circostanze e le responsabilità sono state chiarite come le stragi del Moby Prince (1991) e di Ustica (1980). Ognuna di queste vicende è stata analizzata e raccontata da fotografi e artisti in vario modo, non certo secondo uno spirito di indagine giudiziaria, ma secondo visioni e punti di vista che solo le pratiche dell’Arte sanno ideare e realizzare.
Il nostro Magazine si occupa da sempre di focus on più sintetici e mirati. A partire dalla mostra ‘Verità nascoste’ la Redazione ha raggiunto a Parigi Lorenzo Balbi, direttore del Museo MAMbo di Bologna che da anni si relaziona e collabora con il Museo per la Memoria di Ustica, delineando sempre più un percorso che scardina ciò che ostacola quella ‘battaglia per la verità’ che l’Associazione Parenti delle Vittime di Ustica sta combattendo, anche grazie all’apporto della trasversalità dell’arte contemporanea.
La Strage di Ustica, annoverata tra le ‘verità nascoste’ del nostro Paese da oltre 40 anni, è il nodo cruciale attorno al quale è nato il Museo bolognese che porta il suo nome. Realtà con cui il Museo d’Arte Moderna di Bologna, noto come MAMbo, che dirigi, collabora ogni anno in occasione dell’Anniversario della Strage e non solo. In che maniera si articola il binario che pone Arte e Memoria circa gli avvenimenti di quella notte del 1980?
Il Museo per la Memoria di Ustica è nato nel 2007, per espressa volontà dell’Associazione Parenti delle Vittime di Ustica, come luogo, come dice il nome stesso, per la memoria: non tanto per custodire oggetti o fare un monumento, quanto un luogo per tenere viva nel pubblico, in chi visita questo spazio, la necessità di trovare quella verità, di continuare a lottare per trovare quella verità che ancora non si è scritta completamente. O meglio, un pezzo di verità è stato scritto ormai: tutti sanno che l’aereo di Ustica è stato abbattuto da qualcuno nei cieli di Ustica la sera del 27 giugno 1980, ma ancora oggi, dopo oltre 44 anni dalla strage, nessuno ancora sa chi ha abbattuto quell’aereo e per quale motivo; dunque il Museo per la Memoria di Ustica nel 2007 nasce con l’intento di far persistere la necessità nel pubblico, nell’opinione pubblica, in chi visita il museo, nelle amministrazioni, nella classe politica, la necessità di continuare questa battaglia per la verità che l’Associazione Parenti delle Vittime di Ustica ha iniziato subito dopo la strage, battaglia che continua ancora oggi.
Il Museo per la Memoria di Ustica custodisce al suo interno una delle opere più significative realizzata da Christian Boltanski tramite una drammatica ricostruzione dei resti dell’Itavia. Quale è il valore culturale, sociale e storico dell’opera e come si lega ai progetti che numerosi artisti, anno dopo anno, espongono al Museo in occasione dell’anniversario della Strage, secondo plurime visioni e interrogativi?
Con l’apertura del Museo si è pensato immediatamente di rivolgere lo sguardo non solo alla preservazione, alla valorizzazione del relitto dell’aereo ma anche a farlo ‘interpretare’ e ‘valorizzare’ da artisti contemporanei. In particolare, nel 2007, l’Associazione presieduta da Daria Bonfietti chiamò l’artista internazionale che meglio aveva trattato il tema della memoria, Christian Boltanski che, per la prima volta si trovava chiamato a lavorare su una installazione permanente e, visitato il cantiere di quello che sarebbe stato il Museo e visto i frammenti residui di quello che era stato il DC9 dell’Itavia, fugò ogni dubbio, realizzando l’installazione attorno al relitto dell’aereo che rende ancora oggi, che l’ha reso dal primo giorno, uno dei luoghi più intensi della città di Bologna.
L’installazione di Boltanski si compone di tre elementi, il primo è il più iconico perché si riferisce a una sua prassi estetica tecnica molto frequente: l’uso di 81 lampadine, come 81 sono le vittime della strage di Ustica, che pulsano ad un ritmo che sembra un respiro o un battito cardiaco, e ciò riporta immediatamente tutto l’ambiente, essendo queste le uniche fonti luminose del museo, ad un clima di sospensione e attraverso tali battiti del cuore, tali respiri delle 81 vittime, il relitto stesso riprende in qualche modo vita. Il secondo elemento è composto da 81 – di nuovo il numero delle vittime – specchi neri non perfettamente allineati con i muri attorno al relitto; in tali superfici nere ci si rispecchia ma non si raggiunge una completa identificazione mentre dal retro di ognuno di esse, attraverso 81 casse acustiche, giungono dei sussurri fatti interpretare dall’artista da 81 persone dello stesso sesso dalla stessa età delle vittime, rimandando a quelli che sarebbero potuti essere i loro ultimi pensieri, pochi istanti prima di morire, completamente inconsci di quello che stava per accadere. Per me, come curatore, è estremamente interessante il terzo elemento del progetto di Boltanski, la presenza di sette grandi casse nere, attorno al relitto, che rimandano, subito, concettualmente, esteticamente, alla scatola nera, uno degli elementi più citati quando si parla di incidenti e tragedie aeree. Tali casse, scatole, contengono gli effetti personali delle vittime della tragedia di Ustica, giunte dalle due campagne di recupero dell’86 e del ’92: si tratta di documenti, vestiti, valigie, libri, effetti personali di ogni genere. Quando è nata l’idea di realizzare un museo attorno a questi oggetti, questi frammenti, ci si pose il problema del mostrare o meno tali elementi o se preservarli; con un gesto di grande cura e sensibilità Boltanski decise di portarli all’interno del museo celandoli all’interno di queste grandi casse nere, proteggendo vite e ricordi ed evitando anche effetti di puro voyerismo. Prima però, l’artista scelse di fotografare ognuno degli oggetti, con scatti in bianco e nero, zenitali, come rimando alle foto di indagine e pubblicati in piccolo libro consultabile nel Museo.
Tra le opere che hanno attraversato il Museo per la Memoria di Ustica, ‘Cielo Stellato’ degli Antonello Ghezzi. Un lavoro che agisce per metafora immaginifica e che sarà tra i progetti protagonisti della mostra Photolux ‘Verità Nascoste’. Negli anni hai curato i progetti di numerosi artisti a raccontare, interpretare il tema della Strage di Ustica: in che maniera gli artisti sono stati capaci di svelare, di indagare ciò che sembra destinato all’oblio?
L’intervento di Boltanski non è stato che il primo intervento di arte contemporanea ad affrontare il tema della tragedia di Ustica, quello di interpellare artiste e artisti contemporanei e chiedere loro di relazionarsi con questa tragica vicenda è una prassi consolidata all’interno del Museo, che ha fatto proprio il concetto per cui l’arte contemporanea possa essere un veicolo di memoria e un modo per tenere viva l’attenzione su questa vicenda e la necessità ancora oggi di combattere, lottare, per ottenere gli ultimi pezzi di verità mancanti. Ogni anno, perciò, soprattutto, ma non solo, in occasione dell’anniversario del 27 giugno, il Museo per la Memoria e l’Associazione Parenti delle Vittime di Ustica promuovono azioni di arte di vario tipo, coinvolgendo tutte le arti contemporanee, a partire ovviamente dalle Arti visive tout court per arrivare alla video art, al cinema, alla danza, alla performance, alla musica, nella rassegna di eventi Attorno al museo che ogni anno è puntellato di diversi appuntamenti che coinvolgono artisti di ogni estrazione, di ogni interesse e che utilizzano vari media. Per quanto riguarda le arti visive contemporanee, essendo il Museo per la Memoria Ustica parte dell’Area di Arte Moderna e Contemporanea del Settore Musei Civici di Bologna è viva una collaborazione da tanti anni con il MAMbo ed ogni anno l’Associazione Parenti delle Vittime di Ustica ci chiede di suggerire un artista al fine di realizzare una installazione, un evento, una performance, un lavoro legato alla memoria, alle suggestioni suscitate dalla tragedia di Ustica. Nei vari anni si sono intervallati artisti come Alessandro Di Pietro, Giuseppe De Mattia, come gli stessi Antonello Ghezzi nel 2018 o i Petri Paselli che, nel 2021 realizzarono l’installazione di una grande giostra, nello spazio antistante il museo, il Parco della Zucca: la performance legata all’installazione fu chiamata ‘Battaglia aerea’ e suscitò grande interesse ma anche qualche critica da parte del pubblico.
E se ognuna delle opere ha lasciato il segno, quella degli Antonello Ghezzi è forse tra le più liriche e così Lorenzo Balbi la racconta:
L’installazione di Antonello Ghezzi è stata realizzata nel 2018, in occasione della rassegna Attorno al Museo concomitante con l’Anniversario della Strage. I due artisti erano stati chiamati a creare un’installazione che si componeva di diversi elementi, da un lato, appunto, la scultura, ovvero il grande specchio circolare, e una seconda parte, time specific, con un elemento sonoro e un happening, realizzata appunto la sera del 27 giugno 2018. L’idea di partenza dei due artisti è stata quella di recuperare una memoria, una memoria precisa, quella delle stelle nel momento esatto del 27 giugno 1980, alle 20:59, quando l’aereo il DC-9 è sparito dai radar, inabissandosi nel Tirreno dai cieli tra le isole di Ponza e Ustica. Tramite dei software scientifici è possibile ricostruire il cielo stellato, la posizione delle stelle di un dato luogo in un dato momento, per cui, ricostruendo tale mappa, in qualche modo gli artisti hanno rievocato l’ultimo cielo che le 81 persone, le 81 vittime della strage hanno avuto modo di vedere. Ad accompagnare l’elemento scultoreo dello specchio, una installazione sonora che riportava in diretta i suoni delle stelle cadenti grazie a una collaborazione con l’Istituto Nazionale di Astrofisica e con la Stazione radioastronomica di Medicina (Bo) che registrano in tempo reale i suoni cosmici. Nell’happening del 2018, tali elementi erano accompagnati da una sperimentazione musicale live in interazione con i suoni scientifici, grazie alla violoncellista Martina Bertoni, il cantante Timo C. Engel che, insieme alle lavorazioni sonore di Giovanni Dal Monte – compositore di musica elettronica – mixavano e reagivano live a questi suoni, realizzando qualcosa di estemporaneo, irripetibile come quel cielo di quella notte di tanti anni fa.
La memoria delle stelle è la memoria di chi sta sulla terra e l’Arte, ogni suo linguaggio, sono archivio futuribile, senza il quale l’umanità perde qualsiasi sapienza, qualsiasi appiglio alla propria storia.
Photo Credits gli autori
Courtesy Associazione Parenti delle Vittime della Strage di Ustica, Museo per la Memoria di Ustica, Bologna, MAMbo Bologna