UNA RETROSPETTIVA SU MARGARETH BOURKE-WHITE A REGGIO EMILIA

di Luca Sorbo
© Alfred Eisenstaedt, La fotografa della rivista Life, Margaret Bourke-White, urla da seduta, 1943

“L’obiettivo di LIFE è vedere la vita: vedere il mondo, essere testimoni oculari dei grandi avvenimenti ; osservare i volti dei poveri e le gesta dei superbi; vedere cose inconsuete – macchine, eserciti, folle, ombre nella giungla e sulla luna – vedere il lavoro dell’uomo: i suoi dipinti, le torri e le scoperte; vedere cose lontane migliaia di chilometri, cose nascoste dietro le pareti e dentro le stanze, cose pericolose da raggiungere; le cose amate dagli uomini e molti bambini; vedere e provare piacere dallo sguardo, vedere ed essere stupiti; vedere ed essere istruiti”.

Queste parole di Harry R. Luce, fondatore della rivista LIFE, possono anche essere utilizzate per comprendere il percorso visivo di Margareth Bourke-White, autrice della prima copertina della rivista e tra le più importanti fotografe del Novecento.

A Reggio Emilia, ai Chiostri di San Pietro, è stata organizzata una retrospettiva di notevole pregio ed interesse che ripercorre la straordinaria vita di questa fotografa dal titolo Margaret Bourke-White  L’opera 1930-1960, a cura di Monica Poggi . 120 fotografie suddivise in 6 sezioni tematiche mostrano le varie tappe della sua carriera. Oltre alle foto sono anche esposte riviste e libri d’epoca.

La mostra è stata inaugurata il 25 ottobre 2025 e sarà visitabile fino all’ 8 febbraio 2026. Tutte le info sono reperibili al sito www.palazzomagnani.it

Margaret-Bourke-White.-LOpera-1930-1960-Chiostri-di-San-Pietro-25ott2025-8feb2026-© outThere_collective

Un corso, seguito alla Columbia University nel 1922, dal titolo Design e composizioni applicati alla fotografia influenza il suo modo di guardare. È profondamente affascinata dai macchinari, dalla tecnologia, dagli aerei. L’uomo è parte di questo nuovo mondo, ma non è il protagonista, vive nella modernità e sono segni della modernità ad essere veramente essenziali. Questo è evidente nella prima copertina di LIFE del 23 novembre 1936 dove il soggetto principale sono i giganteschi pilastri che sorreggono la diga di Fort Peck ed i due uomini sono solo il parametro per evidenziare la grandezza della struttura. Nel suo fotografare non vi è quasi mai un coinvolgimento emotivo. John Szarkowsky direttore del dipartimento di fotografia del MOMA dal 1962 al 1991 scrive: “Il contenuto del suo lavoro era altamente astratto: il suo fittavolo diventa IL fittavolo, il suo minatore IL minatore. E dello stesso livello di astrazione era pure la concezione estetica”.  Ama fotografare con macchine di grande formato, anche nelle situazioni dinamiche, per non dire pericolose, al fine di avere un negativo di altissima qualità. Solo alla fine della carriera utilizzerà le fotocamere 35mm.

Margaret Bourke-White, Una famiglia condivide una risata mentre taglia fette di anguria su un tavolo da cucina coperto di giornali. La foto è stata scattata per un servizio di fotogiornalismo, intitolato “Separate and Unequal”, sulla disuguaglianza razziale e le strutture segregate a Greenville. Greenville, Carolina del Sud, 1956. Margaret Bourke-White/The LIFE Picture Colletion/Shutterstock

Un altro momento fondamentale della sua esperienza professionale sono stati i viaggi che compie in Russia. È molto interessata allo sviluppo industriale che sta trasformando in poco tempo il gigantesco paese che fino ad allora aveva avuto solo un’economia agricola. Resta anche stupita dal ruolo che il linguaggio fotografico ha in questa transizione. Il governo russo utilizza la fotografia come strumento di propaganda per convincere la popolazione analfabeta a partecipare al programma quinquennale esaltando le macchine come nuova fede per il popolo. Una foto famosa di questi reportage è il ritratto di Stalin pubblicato il 29 marzo 1943 sulla copertina di LIFE.

Photo by Margaret Bourke-White/The LIFE Picture Collection/Shutterstock Soviet leader Joseph Stalin, Moscow, Russia

Grazie ad un accordo tra LIFE ed il Pentagono è la prima fotografa accreditata al fronte insieme all’ US Air Force. Famosi sono i suoi ritratti con la divisa da aviatore. Realizza numerose spettacolari immagini dall’aereo. Queste foto danno il senso delle azioni militari senza, però, mostrare le uccisioni e devastazioni che provocano. Nei mesi successivi sarà al seguito delle Forze Armate impegnate nella liberazione dell’Italia. Notevoli sono le foto di Napoli e di altri luoghi della Penisola, profondamente devastati dai bombardamenti.

La fotografa di LIFE Margaret Bourke-White, vestita con una tuta di volo in pile e con la macchina fotografica aerea in mano, in piedi davanti al bombardiere Flying Fortress dal quale ha realizzato fotografie di guerra durante l’attacco statunitense su Tunisi. Algeria, 1943. Margaret Bourke-White/The LIFE Picture Collection/Shutterstock

L’11 aprile 1945, insieme alla squadra del generale George S. Patton, entra nel campo di sterminio di Buchenwald. Lo spettacolo che vede è atroce, ma resta lucida e documenta gli orrori dei nazisti, verso gli ebrei con grande sicurezza, lasciando una testimonianza fino ai giorni nostri di cosa può essere capace l’uomo in negativo. Scrive: “Vidi e fotografai pile di corpi nudi senza vita, i pezzi di pelle tatuata usati per i paralumi, gli scheletri umani nella fornace, gli scheletri viventi che di lì a poco sarebbero morti per aver atteso troppo a lungo la liberazione. In quei giorni la macchina fotografica era quasi un sollievo, inseriva una sottile barriera tra me e l’orrore che avevo di fronte”.

Nel 1946 realizza un altro ritratto che resterà nella storia della politica e della fotografia: Gandhi che legge vicino ad un arcolaio. Di questa esperienza nel continente indiano scrive anche un libro nel 1949 dal titolo Halfway to Freedom.

Margaret Bourke-White, Mohandas Karamchand Gandhi mentre legge vicino a un arcolaio nella sua casa di Pune. Maharashtra, India, 1946. Margaret Bourke-White/The LIFE Picture Collection/Shutterstock

LIFE la incarica di documentare le ingiustizie verso la popolazione di colore in Sudafrica. Le immagini evidenziano le iniquità della società e mostrano la dignità delle vittime. Il suo sguardo freddo e lucido non lascia alcuno spazio al pietismo. I suoi soggetti non sono più espressione di un’esperienza particolare, ma diventano dei simboli universali.

Purtroppo nel 1957 avverte i primi sintomi di una terribile malattia, il morbo di Parkinson che le impediranno di lavorare. Prova a seguire una lunga riabilitazione, documentata anche dal grande fotografo Alfred Eisenstaedt, ma non ottiene alcun risultato. Muore nel 1971.

© Margaret Bourke-White, Due minatori tedeschi dal volto truce in posa risoluta all’esterno della miniera di carbone dove lavorano con la speranza che la gestione postbellica non cancelli i loro posti di lavoro, Regione della Ruhr, Germania, 1945 circa. Margaret Bourke-White/The LIFE Picture Collection/Shutterstock

Nel 1963 aveva raccolto le sue memorie nel libro Portrait of myself che è uno strumento fondamentale per ricostruire la sua carriera.

Margaret Bourke-White, Veduta dall’alto di uomini che si aggirano sulla 36° Strada, tra l’8a e la 9a Avenue, nel cuore del Garment District, New York City, 1930. Margaret Bourke-White/The LIFE Picture Collection/Shutterstock

La mostra è accompagnata da un pregevole catalogo pubblicato da Dario Cimorelli editore con testi di Monica Poggi ed Alessandra Mauro.

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