di Daniela Mericio
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Un ritratto in bianco e nero di Berlino Est e della sua vita quotidiana, essenziale ed incisivo. Un documento prezioso, 30 anni dopo la caduta del muro che divideva in due la città tedesca. One-day visa for East Berlin, in mostra al Photolux Festival 2019, è un progetto singolare nella carriera di Udo Hesse, fotografo freelance famoso per i ritratti ed i lavori legati alla danza e all’architettura. Tra il 1981 e il 1983 Hesse, che viveva a Berlino Ovest, si recò più volte al di là del muro, allo scopo realizzare un libro fotografico, ogni volta con un visto della durata di 24 ore. Nel 1982 fu arrestato e i rullini sequestrati. Dopo richiesta ufficiale al Commissariato Federale per gli Archivi della Stasi, nel 2007 Hesse ha ricevuto il fascicolo di 40 pagine che lo riguardava e che includeva una piccola parte del materiale confiscato.
Quante volte sei stato a Berlino Est in quel periodo? Seguivi un piano preciso?
Ero sostanzialmente un apolitico, ma volevo vedere com’era dall’altra parte del muro. Avevo l’idea romantica di realizzare un libro fotografico dell’antico centro storico di Berlino, il Mitte, che si trovava nell’area Est della Berlino divisa. Ci sarò stato una trentina di volte. Di solito vagabondavo seguendo il mio istinto e c’erano luoghi in cui tornavo più spesso.
Perché un visto giornaliero? Era difficile ottenerlo?
Era facile ottenere un visto per un giorno, perché all’Est avevano bisogno di soldi. Il costo, nell’ultimo periodo, aveva raggiunto i 25 marchi tedeschi. Si era obbligati a cambiarli in marchi della DDR e a spenderli prima di lasciare il territorio della Germania Est. Il che era sempre un problema, perché tutto costava pochissimo. Quando andavi a mangiare, ad esempio, era impossibile spenderli, neanche per il cibo migliore. Eri quindi costretto a comprare qualcosa. A volte acquistavo carta fotografica, se quella che volevo era disponibile. Ricordo che, una volta tornato a casa e sviluppati i rullini, stampavo le immagini prima possibile, a migliaia. Questo progetto ha richiesto moltissimo tempo, lavoravo giorno e notte in camera oscura, ma mi entusiasmava. Le stampe in mostra a Lucca sono degli anni ’90, la maggior parte sono 40×50 cm.
I controlli dovevano essere estenuanti, specie con la macchina fotografica…
I controlli duravano dai 20 ai 30 minuti ma, se creavi problemi, potevano durare di più. Frugavano dappertutto e ti impaurivano. Era una situazione penosa, ma era inevitabile se si voleva visitare Berlino Est. Per la fotografia, c’erano soggetti proibiti: il muro, le aree di confine, i ponti e tutto quanto può essere critico in situazioni di difesa. E ovviamente di fuga. Non era però vietato fotografare le strade o le situazioni di vita quotidiana.
Com’era Berlino Est?
Era tutto così diverso. Ad Ovest era pieno di negozi e insegne pubblicitarie, di colori e luci… A Berlino Est era tutto grigio. Le case erano tenute male e le facciate erano grigie. Molte realtà erano ancora come nel dopoguerra e le infrastrutture erano in cattive condizioni. C’era un’atmosfera strana, la gente non era molto aperta, tranne i bambini. Non ho mai avuto contatti con loro, non sono riuscito ad avere una vera conversazione con nessuno. Sembrava quasi che avessero paura di entrare in contatto con persone sconosciute con le quali non era consentito parlare. Ho avuto la sensazione che vivessero la loro vita in casa, non nelle strade. Come fotografo, spesso pensavo che le situazioni non fossero così interessanti.
Ti ricordi invece qualche situazione che ti ha colpito?
Il tradizionale mercato di Natale, perché la gente aveva un’aria felice, di solito non si vedevano molte facce allegre in giro. Doveva essere un momento speciale per loro. Straordinarie, per me, erano le parate del Primo maggio: c’erano grandi manifestazioni in ampi viali, come la Karl-Marx-Allee e tutti marciavano. Era affascinante dal punto di vista fotografico, perché esibivano una sorta di potenza, e non erano soldati dell’esercito ufficiale: nelle industrie avevano delle milizie di riserva, e anche loro marciavano. Un’immagine forte, che ha avuto un notevole impatto su di me, perché nulla del genere esisteva in Occidente.
Poi, il 9 marzo 1982 ti hanno arrestato… come è successo?
Stavo fotografando il muro e la piattaforma panoramica che si trova lì vicino nella metà Ovest, dalla quale gente di Berlino Ovest stava guardando verso Berlino Est: è proprio l’immagine esposta alla mostra di Lucca. Ho scattato fotografie del muro almeno due volte e la prima non mi hanno scoperto. Sapevo che l’area era sotto stretta sorveglianza della polizia, ma quel giorno non avevo visto nessuno. Appena ho avvicinato la macchina all’occhio e fatto qualche scatto, improvvisamente la polizia è arrivata. Sono stato arrestato, ho dovuto consegnare macchina fotografica e borsa, sono stato perquisito e interrogato per alcune ore. Prima alla stazione di polizia, poi mi hanno portato ad Alexanderplatz, alla Stasi, dove sono stato interrogato da un ufficiale che avrebbe voluto rivedermi due settimane dopo. Mi hanno restituito tutta l’attrezzatura ma hanno tenuto i rullini. Alla fine sono potuto tornare a casa.
Deve essere stato spiacevole…
È stato…interessante! Ed è stato spiacevole, specie la prima ora trascorsa in cella, non ero mai stato in una cella, prima. I poliziotti volevano sapere perché stavo fotografando il muro e perché in quel punto particolare. Mi hanno fatto molte domande personali: quanto guadagnavo, in quale azienda lavorava mio fratello. Poi l’ufficiale della Stasi ha cominciato a parlare di questioni ideologiche, del socialismo e delle sue opinioni personali sul sistema Occidentale. Molti anni dopo, nel 2007, ho potuto avere i fascicoli della Stasi e al loro interno era chiaramente descritto come volessero reclutarmi. Reclutavano gente dall’Ovest in questo modo. Avevo scattato quelle fotografie e non era consentito, quindi avevano un buon motivo per fare pressione su di me. Se avessi iniziato a lavorare per loro, avrebbero avuto un fotografo a disposizione in Occidente, il che sarebbe stato molto utile.
E poi sei tornato di nuovo a Berlino Est?
Sono tornato dopo 3 mesi, per scattare altre foto, ma non sono andato all’appuntamento che l’ufficiale mi aveva dato due settimane dopo, promettendo “Vediamo cosa posso fare, forse ti posso riportare alcune di quelle foto”. Ma sono tornato per fotografare, finché sono riuscito a terminare il progetto. Alla fine del 1983 ho smesso, perché avevo già scattato molte buone immagini e non trovavo più nuovi soggetti, le situazioni erano sempre le stesse.
Che ne è stato le immagini confiscate, quelle del giorno dell’arresto?
C’erano 5 rullini, 3 dei quali impressionati, tutti a 36 pose. Nel 2007, quando ho ricevuto I fascicoli della Stasi, c’erano solo 7 immagini. I rullini erano stati sviluppati dalla Stasi che aveva conservato solo le fotografie “proibite”, non autorizzate. I negativi del muro ci sono ancora ma le altre immagini scattate quel giorno, nessuno sa dove siano.
E il libro?
Il libro è stato pubblicato molti anni più tardi, nel 1999, 10 anni dopo il crollo del muro, solo quando sono riuscito a trovare un editore. Ci avevo provato negli anni ’80, ma tutti dicevano: “È troppo grigio, è così triste. Non lo comprerà nessuno”.
Nel 1989, la caduta del muro. Cosa hai pensato allora? E oggi?
Sembra incredibile, ma alla fine dell’estate 1989 ero partito per un viaggio, con l’intenzione di trovare una nuova città in cui vivere: Berlino per me era diventata come un’isola. Sono stato a Madrid, a Barcellona, infine a Milano dove mi sono ammalato, tanto da dover fare ritorno a Berlino. Era il weekend del crollo del muro ed io ero talmente malato che non sono riuscito ad andare a fotografarlo. In seguito, quando ormai era chiaro che eravamo liberi di andare dove volevamo, ho deciso di restare a Berlino. Sono stato così felice di avere assistito alla caduta del muro e queste fotografie, in un certo senso, sono il mio contributo.
Attualmente vivo nei pressi dell’antico confine fra Est ed Ovest: il mio studio si trova in Torstraße, in quella che prima era Berlino Est, in una zona che oggi è molto vivace, piena di negozi e ristoranti. Casa mia è nella vecchia Berlino Ovest, ma solo a un isolato di distanza, 10 minuti in bicicletta. Così attraverso ancora l’antico confine due volte al giorno.
UDO HESSE| ONE DAY VISA FOR EAST BERLIN
a cura di Markus Hartmann
Ex-Cavallerizza
Piazzale Giuseppe Verdi, Lucca
PHOTOLUX FESTIVAL | 16 novembre – 8 dicembre 2019
lun – ven: 15.00 – 19.30
sab e dom: 10.00 – 19.30
Il libro Tagevisum Ost-Berlin (One-day visa for East Berlin) è pubblicato, in inglese e tedesco, da Hartmann Books.
Fotografie © Udo Hesse
15 novembre 2019