di Daniela Mericio
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Storie di uomini che incrociano storie di animali, narrate da un geniale poeta della fotografia contemporanea: Steve McCurry. Animals è il progetto con cui il Museo delle Culture di Milano inaugura MUDEC PHOTO, il nuovo spazio dedicato alla fotografia d’autore. Un tassello che mancava al museo milanese, la cui proposta aperta sulle diverse culture e forme d’arte non poteva prescindere dal linguaggio fotografico, che forse più di ogni altro consente di esplorare la realtà nelle sue mille sfaccettature.
Steve McCurry nutre verso il genere animale una grande empatia, la stessa empatia che ritroviamo nei suoi scatti dedicati a lontani angoli di mondo, ad etnie dimenticate, a ritratti intensi, ad emozioni universali colte in contesti di estrema fragilità. Una sensibilità sorprendente che rende le sue immagini uniche ed emblematiche. Le 60 fotografie esposte, realizzate in luoghi e momenti diversi, tra il principio degli anni ’80 e il 2018, illustrano, nel bene e nel male, il rapporto tra il mondo animale e l’uomo. Selezionate tra le più significative sul tema nella lunga carriera del maestro americano, alcune sono note per la forza simbolica, per la delicatezza, per il messaggio di armonia con la natura che riescono a veicolare. Come lo scatto del ragazzo assorto nella lettura cui si accosta un giovane elefante, in un centro di ripopolamento in Thailandia: già copertina del libro On reading, l’immagine suggerisce un rapporto, uno scambio, anche se in realtà l’elefante si sta solo beatamente grattando su una pietra. O ancora la donna, coperta dal burqa, attorniata da colombe con le quali sembra comunicare. O l’indiano addormentato su una panchina in compagnia di un cane, che sonnecchia sotto la panca in posizione simmetrica a quella dell’uomo.
Nella semi oscurità dello spazio espositivo le stampe catturano l’attenzione con i loro colori brillanti, colori di cui il grande fotografo americano è considerato un maestro. Sono disposte seguendo una “mappa” che raggruppa le immagini per temi, senza però imporre un percorso preciso: la mostra, come ha spiegato la curatrice Biba Giacchetti, vuole lasciare lo spettatore libero di interagire, di attuare confronti, di riflettere. A volte le immagini sono di immediata lettura, come l’uomo che conforta il suo cane abbracciandolo tra le macerie di Kabul; altre, più enigmatiche, mostrano una situazione oltre la quale si intuisce una storia che l’immagine suggerisce e che spinge a porsi delle domande: come la fotografia del maestoso cane di razza Kuchi legato sul retro di una bicicletta guidata dal suo padrone in uno scenario dominato da rovine: la destinazione non è una scampagnata, purtroppo, ma un combattimento tra cani.
Animali domestici, compagni di vita o animali liberi e selvaggi, ritratti nel loro ambiente naturale. I registri e le situazioni sono svariati: si va dall’ironia alla tenerezza, dalla collaborazione allo sfruttamento, alla catastrofe ecologica documentata dal celebre reportage realizzato da McCurry durante la prima Guerra del Golfo in Kuwait: quando lo sconfitto Saddam Hussein ordinò al suo esercito di dare fuoco a più di 600 pozzi petroliferi, causando una devastazione senza precedenti. Uccelli sommersi dal petrolio, cammelli in fuga in un paesaggio apocalittico, mucche indifese di fronte a carri armati, cavalli disorientati su orizzonti infuocati. McCurry cattura l’emotività e lo sdegno dello spettatore senza ricorrere a dettagli cruenti, con la forza di composizioni che trasformano le immagini in icone. Uno stile improntato al rispetto verso lo spettatore e verso il soggetto fotografato.
Molti scatti narrano di aiuto prezioso nel lavoro di sostentamento quotidiano o di semplice condivisione di attimi di esistenza: i pastori con le caprette in India o in Yemen, il bambino addormentato tra le zampe della sua mucca in Nepal, la famiglia a dorso d’asino in Afghanistan, il guardiano di oche in Indonesia. Altri sono veri e propri ritratti, dove l’obiettivo si concentra su espressioni e posizioni dell’animale, cercando di evidenziarne la personalità: una foca, un babbuino, un gorilla diventano quasi dei “personaggi”. Come il barboncino rosa, impegnato a rendere rendere omaggio, sulla Walk of Fame hollywoodiana, alla “stella” di David Wolper, produttore di un documentario sui cani.
La sezione più giocosa e leggera è quella in cui esseri umani delle più diverse latitudini posano per un ritratto accanto all’ animale prediletto. Emergono sintonie, sentimenti, similarità: ossia le affinità elettive che uniscono ogni uomo (o donna) al suo “cucciolo”, più o meno domestico o addomesticabile. I risultati sono intensi, affettuosi, ironici, talvolta esilaranti. Grandi ritratti, accostati quando presentano assonanze o analogie: padre e figlio marsigliesi con cucciolo di cane e ragazzo con scimmia al guinzaglio dell’Uzbekistan; il bambino del Guarajat, India, con il serpente al collo e il muscoloso giovanotto di Los Angeles con l’iguana sulla spalla; la fanciulla etiope con la gallina in braccio e quella indiana con i due topolini bianchi sul collo. Ad ognuno il suo, compreso Fred Hayman, facoltoso proprietario di un pastore tedesco con cui posa su una fiammante vettura gialla. Un altro ambiente rispetto a quello di un altro pastore tedesco, fedele compagno del ragazzo armato di mitra in Afghanistan, ma il medesimo legame.
Animals è parte di un progetto più ampio: un grande libro interamente dedicato agli animali, cui lo staff di McCurry sta lavorando e la cui pubblicazione è prevista nel 2020. Un progetto che invita riflettere sul fatto che tra gli esseri viventi c’è un profondo legame ,c reato dal grande mistero della vita, che merita di essere esplorato. Creature diverse condividono lo spazio di uno stesso pianeta, sulla salvaguardia del quale gli esseri umani hanno un’immensa responsabilità.
La mostra:
STEVE MCCURRY | ANIMALS
MUDEC – Museo delle Culture di Milano
Via Tortona, 56, Milano
Dal 16 dicembre 2018 al 31 marzo 2019
http://www.mudec.it/ita/steve-mccurry/
lun 14:30 ‐19:30
mar, mer, ven, dom 09:30 ‐ 19:30
gio e sab 9:30‐22:30
2 gennaio 2019