di Manuel Beinat
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Il bel paese, la sua “brava gente” e un passato coloniale assopito.
Qualcosa nella frase precedente stride, come se l’elemento finale non appartenesse a quello stivale di terra che è tanto caro al mondo intero.
L’Italia, tra patti di Londra e ordini del giorno Grandi, forse non ha mai fatto adeguatamente i conti con le tracce lasciate altrove sin dall’epoca post-unitaria. E il popolo italiano non si è nemmeno reso conto di quanto quel passato sia presente oggi nel suo stesso territorio.
Come la borghesia propone un’immagine del proletario, così la presenza del colonizzatore ne richiede e ne impone una del colonizzato.
(Albert Memmi)
La fotografia è stata strumentalizzata durante il periodo imperialista al fine di creare un immaginario; disumanizzazione e feticizzazione del colonizzato contribuivano infatti a costruire un’ideologia che giustificasse le violenze perpetrate.
Davide Degano, giovane autore friulano, indaga la questione post-coloniale soprattutto all’interno dei confini del Friuli- Venezia Giulia: regione limitrofa, il cui carattere multietnico e plurale rimane pressoché sconosciuto.
Selezionato tra i finalisti di Giovane Fotografia Italiana del premio Luigi Ghirri, Romanzo Meticcio è il suo ultimo lavoro, che ribalta la dicotomia immagine-imperialismo attraverso la ricostruzione critica della memoria collettiva del nostro Paese. La fotografia è ancora strumento fondamentale di indagine, ma scompaiono il feticcio e l’esotico; Degano assegna un posto sincero e veritiero ai suoi soggetti, e li pone all’interno di un continuum storico e spaziale che non si dimentica di quegli attori sociali che sono sempre stati collocati ai margini della narrazione visuale.
Le dinamiche di potere tra chi fotografa e chi viene fotografato vengono livellate delicatamente all’interno del progetto; la rappresentazione dell’altro avviene nella cornice personale dell’indagine su sé stessi, sulle proprie radici. Le origini di Degano si intersecano tra Italia, Slovenia e Colombia. Paesi che hanno esperito la continua modifica dei propri confini e l’influenza pesante di Stati esteri. Che cosa vuol dire allora “essere italiano” o sentirsi tale? Che cosa definisce l’italianità? È la storia che tutti conosciamo di tante piccole realtà litigiose che decidono di unificarsi? O c’è anche quella parte più nascosta, giustificata e portata avanti da politiche di potenza che la fotografia stessa ha contribuito a riprodurre?
Il teatro principale di questa decostruzione è la periferia friulana, caleidoscopio di culture, di etnie e di lingue differenti, capaci di sovrapporsi e di mescolarsi. È grazie alla moltitudine di colori, di volti, di migrazioni interne ed esterne che caratterizzano questo piccolo pezzo di mondo che Romanzo Meticcio riesce a proporre un nuovo ritratto intimo e diversificato del Friuli Venezia-Giulia e di altri luoghi (come il Veneto orientale, la Sicilia) testimoni di diversità e pluralismo a livello nazionale.
Un’altra storia
Tramite la ricostruzione di un nuovo immaginario, il lavoro dell’autore friulano ci permette di analizzare criticamente non solo il passato della regione più a est d’Italia, ma anche dell’intero Paese. Nel saggio Noi però gli abbiamo fatto le strade, Francesco Filippi evidenzia come allo stivale europeo “manchi un pezzo” in termini di memoria storica: quello del suo progetto coloniale, che seppur accidentato e approssimativo ha lasciato tracce ben radicate nel tessuto sociale e culturale italiano. Romanzo Meticcio permette quindi allo spettatore di rievocare le contraddizioni nascoste del Bel Paese; Degano riporta alla luce, grazie al mezzo fotografico, ai ritratti e ai monumenti sgretolati, quegli elementi che secondo Filippi ci siamo persi per strada e che ci permettono di dare completezza alla memoria collettiva di uno Stato che sembra soffrire di una terribile amnesia.
Non si tratta di decolonizzazione; non si parla di restituire qualche manufatto, di una rivoluzione da parte di un popolo oppresso o di un insieme di scuse tardive redatte dal Paese colonizzatore. Romanzo Meticcio ci invita a leggere criticamente (e intimamente) la realtà, senza vergogna o rancore nei confronti di tutto quell’apparato simbolico che ha caratterizzato il ventennio fascista della storia italiana, e che il Paese stesso non ha mai voluto affrontare. Vecchi monumenti, edifici diroccati, fasci littori e busti in pietra di Benito Mussolini si alternano ai volti delle ragazze e dei ragazzi di seconda e terza generazione, che ricoprono una parte consistente del tessuto sociale italiano di oggi. La fotografia si propone un’altra volta come mezzo democratico e popolare, che permette a chiunque osservi le immagini di mettere in dubbio tutti quegli elementi che abbiamo ormai interiorizzato riguardo la realtà sociale che ci circonda.
Il lavoro di Degano ci ricorda che il mondo è cambiato, e ci aiuta a sviluppare un approccio anti-imperialista nei confronti dell’immagine fotografica e di ciò che essa rappresenta.
Romanzo Meticcio verrà pubblicato nel corso del 2023 edito da studiofaganel, galleria che rappresenta l’autore.