di Naima Miriam Savioli
_
“Settantadue sono i Paesi del mondo che nel loro codice penale includono leggi contro l’attività sessuale di persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali o intersessuali. 72 sono i Paesi in cui le persone che si vogliono bene sono costrette a farlo segretamente. Le leggi variano – dall’intenzione di commettere un atto osceno al diritto alla libertà di espressione della sessualità e dell’identità di genere – ma la brutalità delle punizioni è comune a tutti questi Paesi e include multe, incarcerazione, tortura e, in alcuni casi, la morte.
La discriminazione e l’odio però non sono confinate solo a questi Paesi. In tutto il mondo la violenza e il pregiudizio contro la comunità LGBTQI+ dilagano, ledendo la libertà di coloro che desiderano vivere apertamente se stessi.”
Con queste righe si apre la presentazione di Where Love is Illegal, un lavoro nato come progetto fotografico di Robin Hammond e divenuto negli anni un’organizzazione non profit. Attraverso campagne social di sensibilizzazione, mostre ed eventi, Witness Change connette la fotografia e il giornalismo al supporto di avvocati ed esperti legali con il fine di aprire le menti, trasformare le opinioni e cambiare politiche e regolamenti.
Nel tempo, il lavoro di Robin Hammond è divenuto inseparabile dal lavoro di Witness Change, non solo per la costruzione di una coscienza e di una sensibilità attorno al tema, ma anche da un punto di vista estetico-formale. La fotografia posata, pensata, costruita a quattro mani con i soggetti ritratti si interseca a quella immediata, istintiva dei selfie. Il racconto fotografico è così diventato globale, orizzontale, trasversale.
Hammond si avvicina ai suoi soggetti con delicatezza, in modo pacato. Il processo dello scatto è lento, è fatto di confronti con le persone ritratte. I soggetti decidono come posare, dove, con cosa, con chi; accompagnano la fotografia con la loro storia scritta in prima persona.
La fotografia diventa l’evidenza di uno spazio temporale, di uno spazio fisico, dove la libertà di essere è fondamento. I soggetti posano davanti a un banco ottico, Hammond diventa il messaggero di quello spazio immortalandolo in uno scatto unico. La lentezza diventa poi un istante impresso su una Polaroid.
Lentezza e instaneità si intersecano così come i ritratti posati fanno con il resto delle fotografie che compongono il corpo di immagini di Where Love is Illegal: i selfie, gli autoritratti di tutti coloro che da ogni parte del mondo condividono le loro storie. Immagini che raccontano le migliaia di sfumature di quella non accettazione di un “amore non convenzionale”. Selfie dove ritorna lo spazio fisico, lo spazio temporale, la libertà di essere. Talvolta sono denunce, testimonianze di atti di violenza subiti, talvolta immortalano un abbraccio, talvolta ci guardano dritti negli occhi. I due linguaggi fotografici si intrecciano perfettamente, sono organici e non sempre si capisce quando si tratta di una polaroid scattata da Hammond e quando invece si tratta di un selfie.
Ecco, la forza di questo lunghissimo progetto sta proprio in questo: la diversità diventa compatta e al contempo multisfaccettata, nell’essere contemporaneamente in ogni angolo del mondo.
Fa male pensare che ancora nel 2020 sia necessario dover trattare questi argomenti, dover ancora denunciare atti e violenze contro le persone LGBTQI+; eppure viene fatto con rispetto e dando voce a tutti coloro che vogliono raccontarsi.
Non si tratta soltanto di un progetto fotografico, piuttosto della dimostrazione che il cambiamento parte dal gesto di ogni singolo individuo, che la condivisione è un’arma potentissima.
Come le gocce che formano un oceano, qui i singoli individui si fondono in una voce unica, testimonianza preziosa e feconda di un cambiamento possibile.
Per conoscere altre storie:
Ig: https://www.instagram.com/whereloveisillegal/?hl=en
Sito web: https://witnesschange.org/where-love-is-illegal/
Where Love Is Illegal è stato esposto per la prima volta in Italia nel contesto del di ULTRA, una rassegna fotografica ideata e curata da Sedici che indaga temi del contemporaneo. La mostra è stata esposta negli spazi di Corte Genova 17 a Prato ed è rimasta aperta dal 19 al 28 Luglio 2019.
Fotografie: © Robin Hammond/ Witness Change
9 luglio 2020