di Paolo Mazzanti
_
A cosa serve la tecnica in fotografia?
A far confusione e distrarre, per chi non sa cosa farci.
Ad avere un controllo quando serve. Ma quando serve?
Nel 2015 Leica presenta la nuova mirrorless SL. Una 24 MP capace di fotografare a 11 fotogrammi al secondo oppure di fare riprese video 4K. Il corpo macchina appare pulito e minimal, pochi tasti e poche ghiere per un uso semplice e intuitivo. Permette al fotografo il controllo totale della scena, senza distrazioni ma con precisione e personalizzazione.
Conosciamo i vantaggi di una mirrorless: silenziosità operativa, ottimizzazione ottica, eccellente integrazione del sistema con tutti gli obiettivi possibili, velocità di scatto, affidabilità. Ma il nostro intento è quello di andare a sviscerare le qualità intrinseche di un corpo macchina. Andare a scoprire cosa sono andati ad inserire i nostri progettisti all’interno del cuore di un sistema fotografico. Oltre a quello che vediamo in termini di composizione, di esposizione, di velocità di scatto, di messa a fuoco, potrebbe sfuggirci qualcosa? Quel qualcosa che in fase di esame avanzato dell’immagine mette in luce un inconveniente tale per cui siamo costretti a scartare la fotografia.
Cosa ci potrebbe accadere di insolito su cui non abbiamo avuto pieno controllo? La messa a fuoco non precisa dove serviva!
Abbiamo tanti metodi di autofocus che ci permettono di controllare ogni piccolo movimento ma potrebbe accadere che un giorno il cliente ci commissioni una stampa di 2 o 3 metri di lato. E a quelle dimensioni ci accorgiamo che il soggetto di nostro interesse è leggermente fuori fuoco, sia per il fatto che in quella scena occorreva un’ampia profondità di campo e non siamo riusciti a scegliere il diaframma adeguato, oppure perché il soggetto principale è leggermente sfocato in quanto l’autofocus ha agganciato un altro particolare meno significativo.
Come fare per ovviare a questi fastidiosi problemi?
Chi proviene dall’uso del banco ottico, in particolare Sinar, ha un controllo totale della messa fuoco: punto più lontano, punto più vicino e regolazione finale in posizione prefissata. Quando si arriva a fotografare con formato più piccolo come un 24×36 non si hanno gli strumenti per fare questo controllo e la messa fuoco viene fatta in maniera approssimativa. Questo avviene sia per una mancanza di sistemi appositi ma anche per la dimensione ridotta del display della fotocamera che ci impedisce di poter valutare in maniera visiva e con attenzione alcuni particolari.
Possibile che Leica non abbia pensato a risolvere una problematica così noiosa? Abbiamo letto e riletto la brochure della Leica SL e non c’è traccia di un controllo in tal senso. Però andando a setacciare tutte le caratteristiche della SL, scopriamo una funzione che forse nessun’altra macchina fotografica possiede e non così precisa e semplice da controllare.
Andando in messa a fuoco manuale e premendo a metà il pulsante di scatto ci appaiono 3 valori in metri: la distanza del punto a fuoco più vicino, la distanza del punto a fuoco più lontano e la regolazione su cui siamo posizionati. Ecco quindi che abbiamo la profondità di campo espressa in metri, tutti i soggetti che andranno a trovarsi in quello spazio saranno a fuoco consentendoci quindi avere il controllo dell’area a fuoco sia per ottenere nitidezza sul soggetto principale e sia per avere effetti creativi con le zone che invece dovranno essere fuori fuoco.
A chi serve? Ai fotografi di architettura, di still-life, ai fotografi d’azione e sportivi, a tutti coloro che devono avere la certezza dei risultati soprattutto per tutte quelle scene che non si possono ripetere e dove si potrà fare un solo scatto, oltre a tutti coloro che indirizzano la loro fantasia verso orizzonti creativi.
29 gennaio 2019