di Benedetta Donato
_
Ho sempre considerato i festival di fotografia, un momento fondamentale di comprensione delle possibili direzioni e dei diversi percorsi della ricerca visiva. Da quando ho intrapreso il mestiere di curatrice, ho cercato di frequentare il più possibile questo mondo come una fonte e un concentrato di ispirazione. In un periodo di tempo limitato è possibile: visitare mostre, conoscere gli autori, avere uno scambio profondo con chi lavora nello stesso settore, accedere alla consultazione di pubblicazioni o assistere a conferenze e talk. Un’esperienza immersiva, che diventa ancora più coinvolgente quando ne puoi fruire, non solo come spettatore, ma quando puoi apportare il tuo piccolo contributo e far parte di un ingranaggio, in cui ogni supporto è funzionale ad un sistema più complesso. Con Photolux esiste un rapporto di collaborazione dal 2013, anno in cui ho curato la mostra Parigi con fotografie di Maurizio Galimberti. Durante l’edizione del 2019, ho avuto l’opportunità di presentare La Rivelazione Umana, la mostra dedicata a Romano Cagnoni, fortemente sostenuta dal Photolux, quale omaggio e momento di approfondimento per conoscere meglio l’opera dell’autore scomparso nel 2018. È stata sicuramente una delle esposizioni a cui tengo di più, in cui il sostegno da parte del Festival è stato impagabile: dalla selezione del materiale alla sua riproduzione, dalla scelta della sede agli allestimenti. Tutto è stato magistralmente diretto, lasciandomi la libertà di esprimere ciò che avevo in mente. Eh già, perché un festival è come un’orchestra che necessita di un bravo direttore e di altrettanti musicisti preparati e disposti a seguirlo.
A queste esperienze, si sono affiancati i talk, le giurie dei premi dedicate ad autori emergenti e le letture portfolio, per me preziose in quanto spesso è proprio da questi incontri che nascono collaborazioni durature tra curatori e nuovi autori.
Mi piace ricordare che proprio durante le letture svolte durante questo festival, ho avuto modo di incontrare due autrici: Beatrice Speranza e Sofia Uslenghi. Due donne fotografe con ricerche assai diverse e modalità di presentazione dei lavori molto personali ed efficaci. Con entrambe, grazie alle letture portfolio, si è creata l’opportunità di conoscersi più a fondo e di dare seguito a questi incontri con delle collaborazioni professionali, sfociate in mostre personali e collettive.
Negli anni ho potuto osservare la loro crescita e constatare, anche con un pizzico di orgoglio, quanto siano apprezzate soprattutto nel mondo del collezionismo.
Photolux, d’altronde, attraverso un programma curato e fitto di occasioni – dalle letture ai workshop, alle residenze d’artista, dagli incontri con gli autori e i curatori alle visite guidate e ai percorsi didattici per i ragazzi e i pubblici speciali – ha sempre avuto molto a cuore l’aspetto educativo e formativo, fornendo al pubblico interessanti occasioni di approfondimento e ai giovani talenti importanti occasioni di crescita e promozione del proprio lavoro.
Per chi scrive, la lettura portfolio costituisce davvero una fase fondamentale per due principali motivazioni: è un momento utile per conoscere autori talentuosi e, al tempo stesso, una cartina tornasole per fare luce sui punti di vista, sulla scelta dei temi e sulle diverse modalità di sviluppo delle ricerche, soprattutto per quanto riguarda le nuove generazioni di fotografi. Mi riferisco a coloro i quali si stanno affacciando alla professione, dopo percorsi di studio mirati, in cui, oltre alla storia e alle tecniche della disciplina, una consistente parte del percorso didattico è stata dedicata alla presentazione di un progetto, prestando molta attenzione alla fase di selezione delle immagini, alla sequenza da proporre e a come presentarla.
Sono nati tutorial interamente dedicati alla costruzione e presentazione del portfolio, che sempre più si attesta come strumento fondamentale per far comprendere chi siamo e che cosa abbiamo deciso di raccontare. Non importa che si tratti di fotografia documentaria o concettuale. Quel portfolio rappresenta i punti salienti di una storia. E, in quanto tale, necessita di interlocutori cui poterla esporre, per comprendere se stiamo andando nella giusta direzione o se dobbiamo apportare modifiche e aggiustare la rotta.
Vale la pena sottolineare come questo tipo di attività sia stata una delle più ricercate dai fotografi, anche in periodo di pandemia. Sono nate moltissime iniziative, grazie anche alla diffusione dell’utilizzo delle piattaforme on line, in cui è stato possibile continuare a confrontarsi, nonostante l’impossibilità di presenziare fisicamente alle manifestazioni di settore.
Ma diciamo la verità: un confronto è tale se può essere vissuto come esperienza totale. Se ci si può incontrare in un ambiente stimolante e arricchente come quello dei festival. Ed è in simili contesti, che questa pratica di vitale importanza per il percorso di un autore, è divenuta oggetto di innovazioni significative, com’è il caso di PhotoMatch. Un nuovo format di organizzazione delle letture portfolio, ideato da Fotofestiwal di Łódź e adottato anche dal Photolux Festival che, nel 2019, lo ha realizzato per la prima volta in Italia. Si tratta di un’evoluzione della lettura portfolio tradizionalmente intesa, in cui il confronto si estende a diversi interlocutori e lo scambio avviene indistintamente tra fotografi e lettori, in due giorni totalmente dedicati agli incontri, nei quali ciascun autore e lettore presenta a tutti il proprio lavoro e sceglie poi l’interlocutore da incontrare, con uno spazio extra dedicato a incontri liberi, così da potersi confrontare e interfacciarsi con tutti. Un’esperienza del tutto inedita, che si basa sul principio di reciprocità e sulle relazioni orizzontali, in grado di generare connessioni trasversali e a più livelli.
Nelle letture portfolio tradizionali non tutti gli autori si conoscono tra loro e, allo stesso modo, non hanno possibilità di presentare sinteticamente il proprio lavoro alla totalità dei lettori presenti. Viceversa, nelle stesse circostanze, spesso i lettori riescono a confrontarsi solo ed esclusivamente in merito ai lavori visionati e selezionati, per la valutazione in sede di giuria, al fine di decretare uno o più vincitori. Lo scambio è parziale e mirato ad un’unica finalità.
Avere invece la possibilità di aprire un dialogo corale tra autori e addetti ai lavori, rappresenta un momento di crescita e arricchimento per chiunque partecipi al PhotoMatch, indipendentemente dal ruolo specifico che può esercitare all’interno del sistema fotografico nazionale e internazionale.
Si impara un esercizio, che diventa una costante nella carriera di un autore: presentare il proprio lavoro davanti ad una platea di sconosciuti e accostarsi al lavoro altrui, uscendo dai confini delle proprie progettualità. Si scoprono inoltre le sfumature delle diverse professioni che popolano il mondo delle arti visive: dal photo editor al curatore, dal critico al gallerista, che adottano approcci diversi rispetto a ciascun lavoro.
Personalmente ritengo fondamentale il rapporto che si instaura in momenti di approfondimento come questo: ascoltare gli autori mentre raccontano le proprie ricerche, vedere come interagiscono fra loro, captare l’interesse di tutti i partecipanti verso i lavori presentati. Per un operatore del settore è una full immersion per comprendere dove venga focalizzata l’attenzione di questi giovani fotografi, quello che sta emergendo come linguaggio e modalità espressiva.
Ci vediamo a Lucca!
Sito web Photolux Festival: www.photoluxfestival.it