Memorie Migranti al GU.PHO Festival

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di Manuel Beinat

L’approccio botanico alla migrazione è una metafora particolare ma efficace per descrivere la natura del fenomeno della mobilità umana (forzata o meno che sia): un individuo viene “sradicato” dalla sua terra d’origine e si ritrova a dover stabilire “nuove radici” in un luogo nuovo, sconosciuto, estraneo. Il disorientamento che ne consegue è parte integrante dell’esperienza migratoria, che si tratti di movimenti interni al proprio Stato, o esterni a esso. Di conseguenza, il migrante adotta strategie e tecniche che gli permettano di mantenere una propria identità culturale, di classe, o di genere, così da intrecciare le nuove radici con quelle originarie. La fotografia, senza destare troppi sospetti, può ricoprire questo ruolo di “garante” della presenza della propria identità, e può averlo fatto a più riprese anche in passato. 

Memorie Migranti, esposizione organizzata in occasione della seconda edizione del festival di fotografia vernacolare GU.PHO., propone un esempio lampante di come l’immagine permetta di instaurare una relazione stretta tra valori e modelli culturali vecchi e nuovi. 

La fotografia prodotta direttamente dai gruppi che hanno vissuto le migrazioni interne nell’Italia degli anni Sessanta, è il fulcro del progetto che racconta la storia della famiglia Campus, arrivata a Guiglia dalla Sardegna in cerca di un futuro migliore.
Osservando le immagini si percepisce la necessità di documentare, attraverso la fotografia, la crescita, le esperienze, la quotidianità del nucleo familiare. L’atto stesso dello scatto assume le sembianze di un rito, costituito da pratiche che assumono valore ogni qualvolta vengono riproposte. Ogni momento di socialità (svago, divertimento, vacanze, cerimonie, ecc…) diventa pretesto per rappresentare e rappresentarsi. Tra le generazioni si instaura un rapporto dialogico, nel quale la macchina fotografica si fa tramite e strumento di traduzione. 

Chi è più adulto e maturo scatta, chi è più piccolo posa. Di tanto in tanto questa regola viene rotta, e il risultato è un’immagine che diventa icona riconoscibile per chiunque la osservi e che abbia vissuto la stessa esperienza o esperienze analoghe.

Il vernacolare assume così un valore simbolico non indifferente: è strumento di affermazione, della propria presenza come individui, ma anche di demarcazione del proprio status sociale. Nelle spazio delle fotografie riemerge la necessità di esserci, di presentarsi alla società come membri attivi e presenti, al pari di chi in quel Nord così lontano e industriale ci è sempre vissuto, a fronte di tutte le difficoltà (identitarie, economiche, culturali, politiche) che la migrazione comporta. 

Quello che ne scaturisce è un archivio di classi subalterne (discriminate da un forte antimeridionalismo), dove rappresentare il proprio quotidiano diventa un’arma rituale che permette alla memoria individuale, collettiva e storica di sedimentarsi. E con un proprio vissuto solido e reale, ogni cultura subordinata può mantenere salda la propria identità a fronte degli infiniti cambiamenti che lo “sradicamento” implica. 

Memorie Migranti è solo una delle tante iniziative avviate in occasione del GU.PHO., festival che non intende rimpiangere o far rimpiangere i tempi passati ma semplicemente riflettere sulla fotografia, sul suo cammino, sul suo cambiare, soffermandosi su ciò che forse non è stato detto o capito.
Il tema delle migrazioni è attualissimo e sempre suscettibile a giudizi, pregiudizi e considerazioni di natura spesso politica e culturale, piuttosto che oggettiva. Progetti come quello della famiglia Campus ci permettono un’osservazione in differita su un tempo storico sì lontano, ma dai tratti estremamente famigliari. Arrivi, partenze, cerimonie, usanze, momenti di svago e di gioco, festività… la rappresentazione di queste istanze sociali tramite il vernacolare ci permette di empatizzare e di contestualizzare. 

Comprendere (e dunque umanizzare) chi ha radici diverse dalle nostre è oggi più necessario che mai, ed è bene sperare che la fotografia possa aiutarci in questo processo. 

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La seconda edizione del GU.PHO. si terrà il l’8/9/10 e il 16/17 settembre al Castello di Guiglia, in provincia di Modena. Come l’edizione dell’anno precedente, workshop ed eventi speciali andranno ad arricchire l’esperienza del primo festival di fotografia vernacolare in Italia. 

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