di Azzurra Immediato
Quanti volti ha il Bel Paese? Quanta memoria serba sui visi di chi ha contribuito a costituirne parte dell’essenza, di quella sorta d’ossatura che, come la catena appenninica, si propaga dalle Alpi sospingendosi laddove dalle vette si scorge il mare? Solchi di memoria, sguardi d’istanti altri che pur delineano nature mute e senza tempo o, meglio, d’un tempo che pare infinito, che sembra rispondere a ritmi inusitati ed ancestrali. ‘Il Bel Paese?’ è il tema ispiratore del Photolux Festival 2024 che, tramite la traslazione fotografica, traccia una cartografia contemporanea del nostro Paese, da cui emergono trasformazioni, meraviglie, fragilità e contraddizioni. Il Photolux Magazine, propaggine digitale del Festival, sceglie di soffermarsi anche su altre storie, fascinazioni lontane che pure son in grado di raccontare fenomenologie del nostro presente giunte da remote antroposofie. È il caso del progetto di Lorenzo Cicconi Massi titolato ‘Gli ultimi contadini’, che Egli stesso così descrive:
‘Gli ultimi contadini
Non fanno che ripetere che sono rimasti pochi, che in giro non c’è più nessuno e che una volta la vita era diversa. Sposati con la terra, con gli animali, con gli alberi e le piante. Si muovono ancora bene, malgrado tutti gli anni piegati a toccare la propria ombra. Sono diffidenti, eppure alla fine ti raccontano le vicende della loro esistenza come fossi un amato fratello. Sono vecchi e depositari delle nostre radici. Il loro futuro però si esaurisce nell’attesa della prossima alba. Potremmo pensarli come figure provenienti da un passato lontano, sovrumane, eroiche e allo stesso tempo familiari. Sono gli ultimi contadini e sono la nostra memoria.
Il lavoro è cominciato nell’inverno del 2010. Sospeso per molti anni è ripreso nel gennaio del 2019 fino alla primavera del 2024.’
Un’osservazione durata anni, quella di Lorenzo Cicconi Massi, uno sguardo narrante la pura essenza della vita rurale marchigiana – sua terra natia – in grado di scrivere tramite la luce di quel legame spesso invisibile che appartiene ad un tempo altro, ad un vivere diverso da quello in cui, nella corsa contemporanea, siamo immersi, spesso incapaci di agguantare le meraviglie della poesia umana; scrittura resa sapiente da un uso del bianco e nero la cui forza evidenzia una lettura e una traduzione di profonda suggestione. Cicconi Massi ha, dunque, delineato una profonda connessione – come si legge dalle sue parole – tra dimensioni diverse, universi di desideri, sogni e realtà dissimili da quelle con cui chi è giunto più tardi ha costruito il proprio futuro e quello delle comunità. Baluardi di un tempo ormai sospeso e teso alla brevità, ‘Gli ultimi contadini’ si fanno voce mediante l’emersione di dettagli, la traslazione iconica di una ruralità umana di innato lirismo, nel suo schietto incanto, tale da trasformare una comunità rurale in eroi dei nostri giorni. Un dialogo, quello aperto da questo lavoro, che perimetra l’innervarsi di una radicale connessione con la terra e con le persone che la vivono, nutrendola in un certo qual modo. Lorenzo Cicconi Massi, mediante il proprio obiettivo, ne ha colto l’intimità dei gesti quotidiani, riportando ad una dimensione tangibile gli emblemi di una tradizione che affonda nel passato, temporalità che accoglie la sacralità del lavoro agricolo.
‘Gli ultimi contadini’ reca, infine, con sé una duplica valenza, quella di racconto documentario ma anche, in special modo, il valore di lirica celebrazione di restanza e dignità di una coralità umana che continua a vivere in armonia con la natura, nonostante le trasformazioni della modernità. Un ritratto intimo e personale dei contadini marchigiani, uomini e donne che incarnano un antico sapere e un’etica del lavoro diventata rara nell’affollato presente. Se osservato con la lente dell’antropologia culturale, queste immagini raccontano storie di sopravvivenza e adattamento, risuonando con il concetto antropologico di “habitus” introdotto da Pierre Bourdieu, che descrive il modo in cui le pratiche culturali e sociali sono incarnate negli individui e tramandate attraverso le generazioni. Ognuna delle fotografie de ‘Gli ultimi contadini’ esplora la relazione primigenia tra uomo e terra, individuo e natura, sottesa ad una armonia legata ai cicli naturali e alla potenza della co-creazione, secondo prodromi di un equilibrio atavico, che abbiamo, invece, perso di vista.
Senza dubbio il tema del legame tra passato e presente rappresenta uno degli elementi più affascinanti del lavoro di Lorenzo Cicconi Massi, la sua capacità di cogliere fili invisibili che pur definiscono una rete preziosa. Le sue fotografie sono testimonianze vive di tradizioni che perdurano nel tempo, nonostante le sfide e le trasformazioni della modernità. Attraverso il suo obiettivo, Egli lascia solo intravvedere la memoria di un lavoro agricolo di antica matrice, mentre sono il paesaggio e soprattutto i volti a farsi metafora. Una sorta di varco spaziotemporale appare nelle fotografie che mostrano il passaggio delle stagioni, le mani segnate dal lavoro e gli sguardi carichi di storie non dette. In tal modo, ‘Gli ultimi contadini’ preserva la memoria collettiva e si fa invito per le nuove generazioni a riconoscere e apprezzare l’importanza di un patrimonio culturale e umano unici, quella ‘forza del Passato’ intesa da Pasolini e citata da Massimo Raffaeli per accompagnare il progetto di Lorenzo Cicconi Massi.
Fotografie: © Lorenzo Cicconi Massi da “Gli ultimi contadini’