di Dario Orlandi
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“Da Stettino sul Baltico a Trieste sull’Adriatico, una cortina di ferro è scesa attraverso il continente”. Con queste parole, pronunciate il 5 marzo del 1946 al Westminster College di Fulton, in Missouri, Winston Churchill descriveva la situazione geopolitica europea pochi mesi dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale. Nel continente si delineava una profonda frattura politica e sociale che si sarebbe protratta fino al 1989 e di cui, nonostante il processo di integrazione europea, si percepiscono ancora oggi le eredità.
Nel 2008, un anno prima del ventesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino, Davide Monteleone ha intrapreso un lungo viaggio per ripercorrere quel confine ancora latente e le sue profonde memorie: 4200 chilometri dall’Italia alla Polonia – attraverso Slovenia, Austria, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca e Germania – per indagare i simboli, le eredità e le evoluzioni della grande cesura che ha segnato la storia europea nella seconda metà del Novecento.
Ogni tappa del percorso è fissata attraverso due immagini che propongono specularmente uno sguardo verso oriente e verso occidente; “Ovest” o “Est”, luoghi geografici e simbolici contrapposti, come attestano ritmicamente le didascalie delle immagini.
Lo sguardo di Monteleone si ferma su elementi ben connotati (le eredità delle architetture socialiste, vecchi edifici di frontiera, i simboli di una recente occidentalizzazione) e anonime boscaglie, memorie dei tentativi di attraversamento clandestino e di feroci repressioni. Alcune coppie di immagini si mostrano quasi identiche nelle due direzioni, come per ricordare l’inconsistenza e la transitorietà dei limiti formali imposti dall’uomo sui luoghi. I pochi ritratti restituiscono il racconto di un’umanità ancora segnata nei volti e nei costumi dalla memoria di anni indelebili.
Il viaggio di Monteleone si sofferma a lungo, assumendo toni evocativi ed intimistici, nel luogo simbolo della divisione in blocchi, Berlino, il cui ritratto contemporaneo è una rievocazione delle lacerazioni che segnarono la capitale tedesca nei 43 anni di isolamento dal mondo.
Le immagini del fotografo, cupe e sfuggenti, ricostruiscono con efficace espressività il clima di solitudine e sospetto che caratterizzava la città nel periodo del controllo sovietico, quando deteneva il triste primato di area col maggior numero di agenti segreti e informatori (uno ogni 60 abitanti) tra i Paesi del Trattato di Varsavia.
Il racconto di Berlino prosegue con le visioni notturne delle rigide costruzioni in stile socialista, costellate da rare finestre illuminate, a cui si alternano sagome di figure schive e solitarie. Agli incombenti profili del “Muro” fanno eco le aride geometrie degli uffici della Stasi, scandite con cupo realismo da corridoi, schedari e postazioni per gli interrogatori.
Nel suo profondo lavoro di rielaborazione della memoria storica, Monteleone riedita immagini e documenti d’archivio che integra con uno sguardo allo stesso tempo descrittivo e narrativo, storico e personale; tratti ricorrenti di un originale e affascinante approccio alla fotografia documentaria, capace di misurarsi con gli eventi per aprirsi all’esplorazione di un sentire soggettivo.
Il viaggio di Davide Monteleone è raccolto nel volume La linea inesistente, edito nel 2009 da Contrasto in collaborazione con Fondazione Italianieuropei.
Fotografie:© Davide Monteleone
29 marzo 2021