di Beatrice Bruni
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Realtà e finzione tendono a fondersi in fotografia molto più di quanto noi stessi riusciamo a comprendere. Non sempre percepiamo i contorni netti di questa commistione. Occorre dunque che qualcuno ci consegni la giusta chiave di lettura e ci faccia così entrare in un mondo dove improvvisamente tutto acquista significato.
Mi riferisco al famoso artista, curatore e critico catalano Joan Fontcuberta, che ha ideato, ormai circa una ventina di anni fa, un progetto tuttora attualissimo, e diventato anzi celeberrimo. Fontcuberta si trasforma in giornalista e narra la storia alquanto inconsueta dell’astronauta e pilota sovietico Ivan Istochnikov, che perse la vita nello spazio il 25 ottobre 1968 in strane circostanze, non ben identificate, dopo essere stato lanciato in orbita sulla navicella Soyuz 2, insieme al cane Kloka.
Dato che il Politburo, l’Ufficio Politico russo, in piena Guerra fredda, non volle ammettere il fallimento e la perdita di un uomo nello spazio, i documenti ufficiali dichiararono il Soyuz 2 come navicella completamente automatizzata, senza personale a bordo.
Il “giornalista” Fontcuberta si pone dunque sulle tracce della verità: ricostruisce la storia dell’astronauta, la sua vita fin da bambino, la carriera militare, l’addestramento, la vita famigliare e il viaggio sulla navicella spaziale, fino alla tragica scomparsa. Per far questo egli porta a corredo della storia molteplici prove documentarie. Esistono fotografie, documenti, viene reperita anche una delle tute militari indossate da Istochnikov, e infine perfino parte della navicella spaziale. Si portano a prova dell’esistenza del cosmonauta Istochnikov e della sua missione spaziale immagini a confronto: quelle ufficiali, prodotte dall’Unione Sovietica, dove egli non compare, e le vere immagini, reperite da Fontcuberta, che con l’apertura all’Occidente grazie alla glasnost può accedere ai documenti desecretati e ristabilire la verità storica.
Ma come potete ben immaginare, si tratta di un’operazione completamente inventata, un progetto, Sputnik, costruito nei minimi dettagli dallo stesso artista. Egli addirittura interpreta nelle finte immagini di repertorio, finalmente pubbliche, il fiero cosmonauta e pilota Ivan Istochnikov; il suo stesso nome è la traduzione più fedele possibile in lingua russa di Joan Fontcuberta.
Ecco dunque che l’artista, tramite sapienti artifici, ci pone di fronte al dilemma fondamentale. La fotografia è documento? La fotografia è realtà o finzione, e qual è il confine tra di esse? A cosa dobbiamo veramente credere? Quale il significato dell’immagine?
È giusto, soprattutto in questi tempi, così tanto affetti dalla patologia delle cosiddette fake news, dubitare sempre? Come porsi di fronte ad una notizia o a un’immagine? Come reperire una corretta fonte? Fontcuberta pone l’attenzione sul grande pericolo della credulità e sull’importanza dell’autenticità. Il dubbio e la riflessione su questo tema ci rendono accorti e forti di fronte alla manipolazione.
Così è se vi pare.
7 dicembre 2018