di Luca Sorbo
Le fotografie di grande formato di Jeff Wall, presentate come dei Light boxes, obbligano lo spettatore ad un lavoro di esplorazione visiva. Le grandi tele trasparenti retroilluminate sollecitano la sua attenzione ed il suo coinvolgimento per la notevole nitidezza dovuta alla ripresa con fotocamera di grande formato e per la presenza di molti dettagli. C’è però un effetto di straniamento, poiché il soggetto delle foto è spesso una scena di vita quotidiana, a volte anche poco significativa e poi perché è completamente ricostruita con tecniche cinematografiche. In questa presentazione monumentale con soggetti ordinari e messi in scena vi è un corto circuito da cui emerge la grande sapienza visiva dell’autore. In queste macchine visive non ci troviamo difronte ad una foto concettuale, ma ad un uso concettuale della fotografia.

La retrospettiva inaugurata il 9 ottobre alle Gallerie d’Italia di Torino dal titolo Jeff Wall. Photographs è curata da David Company, direttore creativo dell’International Center of Photography di New York e massimo conoscitore dell’opera del maestro canadese. Sono presentate 27 opere di grande formato dagli esordi della fine degli anni Settanta fino ai giorni nostri. Ha dichiarato il curatore: “Il titolo è semplicemente Photographs, perché la fotografia, l’immaginario che Wall crea, è una dimensione sospesa nello spazio e nel tempo, un istante colto e fissato che diventa luogo, situazione metafisica”.

David Company sottolinea ancora che: “Rimane in attesa del momento in cui si manifesta lo scatto perfetto, di cui anche lui è in cerca. Anche se non porta dietro la macchina con sé, Wall è sempre attento a ciò che gli accade attorno, osserva le situazioni, le persone, gli ambienti, la luce, appunti che raccoglie per poi mescolarli nelle immagini che gli si iniziano a formare in testa, a cui lavora a lungo, come progetti spesso inconsapevoli”.

L’esposizione è un’occasione unica per comprendere il percorso di uno degli autori più interessanti dell’arte contemporanea. La mostra sarà visitabile fino al primo febbraio 2026. Sono previsti anche numerosi incontri di approfondimento.
Per tutte le info consultare il sito www.gallerieditalia.com

Accoglie il pubblico nell’ipogeo delle Gallerie d’Italia un trittico di notevoli dimensioni e di particolare importanza, I giardini/The Gardens (2017), realizzato nei giardini della Villa Silvio Pellico a Moncalieri, appena fuori Torino.

Jeff Wall è uno dei principali esponenti della Staged photography, cioè della fotografia realizzata attraverso una messa in scena. Wall non ama il termine staged, perché fa pensare al teatro. La sua ricerca utilizza soprattutto tecniche cinematorgrafiche. Tutte le sue immagini, che sembrano dei reportage, sono prodotte utilizzando degli attori e spesso con manipolazioni digitali. L’autore afferma che l’artificialità della costruzione gli consente di affrontare tematiche molto complesse. Ribadisce che nella finzione vi può essere più verità che nella scena reale. Afferma: “Vedo queste immagini come il risultato della mia convinzione che alla fotografia non dovrebbe essere preclusa la totale libertà artistica che è garantita a ogni altra disciplina, dalla danza alla letteratura – la libertà di trovare un punto di partenza in qualsiasi soggetto o approccio esistente, possibile o immaginato.

2015 – Inkjet print 159.4 x 233 cm – Courtesy of the artist and White Cube
La sua ricerca si nutre di numerosi riferimenti culturali e pittorici. Ad esempio The Thinker, realizzata nel 1986, è una traduzione fotografica del pensatore di Auguste Rodin. A Sudden Gust of Wind, non in mostra, è ispirata ad una xilografia del giapponese Hokusai.
Jeff Wall recupera la tradizione Ottocentesca della pittura di eventi storici di grande formato, si pensi a David e la coniuga con il linguaggio fotogiornalistico.

Dobbiamo considerare che solo negli anni Sessanta del Novecento la fotografia viene rivalutata anche per la sua non artisticità. L’intenzionalità dell’autore diviene meno importante dell’automatismo del mezzo. In questo contesto si forma il pensiero di Jeff Wall che progetta le sue opere che per alcuni versi possono essere considerate sovversive. Utilizzare il proprio talento e le proprie notevoli competenze tecniche per produrre un’immagine apparentemente banale è un’operazione di notevole spessore culturale ed artistico.

La produzione di Jeff Wall è fortemente influenzata dalle sue teorizzazioni, in qualche modo può essere considerata un’emanazione delle stesse. L’artista diviene la black box dei suoi testi che possono essere una sorta di prompt delle moderne intelligenze artificiali. L’originalità delle sue opere mostra come l’elemento umano, capace di vivere la responsabilità di una lunga tradizione culturale, può dare risultati di assoluta originalità quando sa rapportarsi al contemporaneo senza pregiudizi.

Molto interessante e ben realizzato il catalogo.

Jeff Wall è nato nel 1946 a Vancouver, dove vive e lavora. Le sue fotografie sono state esposte in tutto il mondo negli ultimi quarant’anni. Per venticinque anni ha insegnato arte in diverse università canadesi e i suoi scritti critici sono stati raccolti e pubblicati in numerose lingue. Il suo lavoro è stato oggetto di importanti mostre retrospettive, tra cui quelle al Glenstone Museum di Potomac (Maryland) nel 2021 e alla Fondazione Beyeler di Basilea nel 2024.