Immages indocils a Les Rencontres de la Photographie di Arles

di Luca Sorbo

Immagini disobbedienti è il titolo della 56a edizione degli incontri di fotografia di Arles a cura di Christoph Wiesner ispirata dal pensiero del poeta e filosofo Édouard Glissant , evidenziando l’intreccio delle culture e la complessità del mondo.

Il direttore della rassegna spiega che per lui la fotografia «non si limita a uno sguardo esotizzante, ma deve essere uno strumento di resistenza, di testimonianza e di trasformazione sociale di fronte alle crisi contemporanee».

Arles 2025 – © Luca Sorbo

Le mostre sono 46 in 26 siti con 160 artisti coinvolti. La settimana inaugurale, dal 7 al 12 luglio, ha avuto 23 mila visitatori e nel 2024 hanno ammirato le esposizioni 160 mila persone. Il budget di cui dispone il Festival è di 8 milioni di euro. Numeri impressionanti, che sottolineano l’importanza di questo Festival, che fu fondato dal fotografo Lucien Clergue, dallo scrittore Michael Tournier e dallo storico Jean-Maurice Roquette nel 1970 e che è diventato il punto di riferimento della fotografia internazionale.

Ricchissima e di alta qualità anche la sezione OFF con 125 mostre, gestita e completamente rinnovata dall’Associazione Le Kabine.

Una mostra del Circuito Off – © Luca Sorbo

Nella settimana di apertura è tutto un inseguirsi di eventi ed inaugurazioni dove è possibile incontrare molti addetti ai lavori e dialogare sulle tendenze della fotografia contemporanea. La cittadina provenzale, abbracciata dal Rodano, e che conserva ancora le atmosfere che hanno vissuto i suoi famosi ospiti come Van Gogh e Picasso riesce a coinvolgere tutti.

Le mostre sono state inaugurate il 7 luglio e saranno visitabili fino al 5 ottobre.

Tutte le info sono reperibili sul sito www.rencontres-arles.com

Solo in parte il Festival riesce ad affrontare il tema scelto, le mostre sono spesso celebrazioni di maestri e l’attenzione al drammatico nostro presente con guerre e devastazioni è minima. Solo sui muri della cittadina provenzale ci sono immagini che denunciano gli orrori. Nan Goldin è l’unica che riesce a dare emozioni forti sia per la proiezione delle sue opere alla Eglise Saint-Blaise sia per la serata al teatro romano. È stata insignita del premio Women in Motion 2025. Ha presentato Stendhal Syndrome , un nuovo lavoro che intreccia ritratti intimi e riferimenti ai grandi maestri dell’arte, esplorando bellezza, vulnerabilità e memoria. Strutturata attorno Le Metamorfosi, poema narrativo latino scritto nell’8 d.C. dal poeta romano Ovidio, l’opera raffigura i soggetti del fotografo americano come figure mitologiche (Orfeo, Galatea, Ermafrodito) sullo sfondo di una colonna sonora di Soundwalk Collective e Mica Levi.

Notevole l’esposizione negli spazi Luma con Yves Saint Laurent e il suo mondo, una mostra di grande pregio che ripercorre tutta la carriera del celebre stilista e del suo rapporto con i più famosi fotografi che spesso lo hanno ritratto. Un intreccio affascinante tra fotografia e moda.

Imperdibile è la mostra all’Espace Monoprix di Diane Markosian sulla ricerca di suo padre. Una esplorazione della capacità delle immagini di evocare sentimenti forti come il dolore e la perdita. Intenso e ben realizzato anche il catalogo della mostra.

Sempre all’Espace Monoprix  si possono ammirare i lavori dei vincitori del  Discovery Award Louis Roederer, Tutti i finalisti presentano tematiche profonde e immagini davvero notevoli. Un segno della vivacità delle nuove generazioni che ci fa ben sperare per il futuro.

Altra mostra da non perdere è Elogio della fotografia anonima al chiostro di Saint-Trophime.  Basata sulla collezione di Marion e Philippe Jacquier che per più di 20 anni hanno cercato immagini vernacolari fino ad accumulare 10.000 stampe che sono una traccia viva di più di un secolo di fotografia. Da questa collezione di immagini familiari, storiche, scientifiche, erotiche e fotogiornalistiche, nasce la selezione in mostra organizzate intorno a temi come la storia, l’intimità e l’ossessione. La fotografia anonima conferma la sua capacità di coinvolgere come e forse più delle opere dei grandi autori.

Molto interessante è la retrospettiva sul fotografo americano Louis Stettner (1923-2016). La sua ricerca visiva può essere considerata un ponte tra la street photography americana e la fotografia umanista francese. 150 immagini che mostrano le sue innovative ricerche come le immagini realizzate nella metropolitana di New York nel 1930 ed il suo impegno civile che gli costarono l’accusa di essere un comunista. Oltre alle fotografie sono esposti molti vintage, giornali e documenti d’epoca.

L’Australia è al centro dell’attenzione con la mostra On Country, che esamina il complesso rapporto tra i popoli indigeni e la loro terra. La selezione prova ad esaminare il profondo legame spirituale, culturale e identitario di questa grande nazione che ha vissuto tutte le contraddizioni del periodo coloniale. Artisti come Tony Albert , Brenda L. Croft e Maree Clarke realizzano opere potenti sulla memoria, la colonizzazione e la resistenza. La fotografia diventa strumento per riappropriarsi delle radici culturali e della storia dei popoli indigeni.

Anche il Brasile è al centro di questa edizione, con Futurs Ancestrals , una mostra che riunisce artisti come Denilson Baniwa , Rafa Bqueer e Yhuri Cruz . Con la fotografia, il video o il collage, mettono in discussione le narrazioni storiche dominanti, esplorano le lotte afro-brasiliane, indigene e LGBTQIA+ e reinventano gli archivi visivi.

L’artista americana Keisha Scarville presenta una toccante serie sulla perdita della madre, mescolando oggetti personali e scene simboliche. Crea un dialogo tra assenza e presenza, materia e memoria.

L’Italia, solitamente trascurata dagli organizzatori del Festival, quest’anno è presente con una bella retrospettiva su Letizia Battaglia curata da Walter Guadagnini. Il Festival è frequentato da molti italiani ed un vero peccato che i nostri autori più rappresentativi non siano quasi mai presenti. Questa assenza è da imputare allo scorso prestigio delle nostre istituzioni che non riescono a far conoscere i nostri fotografi a livello europeo ed internazionali. La fotografia italiana più che non considerata e non pervenuta. Ricordiamo come lodevole eccezione la direzione artistica di Giovanna Calvenzi nel 1998.

Cronache nomadi è una sezione tematica chiave di Les Rencontres d’Arles 2025, che riunisce un gruppo eterogeneo di fotografi le cui opere indagano le nozioni di territorio e movimento. Dalla rivisitazione di Anna Fox e Karen Knorr del viaggio incompiuto di Berenice Abbott lungo US Route 1, ai ritratti malinconici di Todd Hido di anonimi sobborghi americani in La luce dall’interno, la sezione riflette sulle geografie fisiche ed emotive in cui viviamo.

Altro appuntamento di confronto è la fiera del libro che si svolge vicino al teatro romano e all’interno della Ecole Nationale de Photographie. Vi è la possibilità di visionare la produzione degli editori specializzati in tutto il mondo. Sono presenti anche piccole case editrice che solitamente non sono distribuite nelle normali librerie.

Vincenzo Pagliuca – © Luca Sorbo

I prestigiosi premi per i miglior libri sono suddivisi in 3 sezioni. La prima è denominata the Photo-Text Book Award è stata vinta da A Woman I Once Knew di Rosalind Fox Solomon ed edita da MACK. La seconda è denominata Historical Book Award è stata vinta da Twana’s box di Rawsht Twana ed edita da Fraglich publishing. La terza sezione denominata Author Book Award è stata vinta da Popihuise di Vuyo Mabheka ed edita da Chose Commune.

Arles e questo e molto altro, perché ognuno si può ritagliare la sua esperienza all’interno del Festival che offre tantissimi appuntamenti. Arles è anche l’occasione per stringere nuove amicizie ed avviare nuovi progetti.

 

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