di Luca Sorbo
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Il dibattito sulla natura e le funzioni della fotografia si arricchisce di un nuovo capitolo con la mostra Image Capital. La fotografia come tecnologia dell’informazione, allestita negli spazi espositivi del MAST di Bologna. L’esposizione indaga il ruolo delle immagini nelle realtà produttive e scientifiche: un’indagine che mostra come la fotografia sia stata utilizzata fin dall’Ottocento come uno strumento per le ricerche scientifiche e per rendere più efficienti i processi produttivi. L’impegno degli storici è sempre stato indirizzato a sottolineare le valenze artistiche delle impronte di luce. Questa giusta preoccupazione però ha posto un velo su tutti gli altri usi e tutte le altre valenze.
Estelle Blanschke, docente all’Università di Basilea e Armin Linke, fotografo sempre attento ai molteplici usi del fotografico, hanno analizzato il ruolo della fotografia come strumento utilizzato dalla scienza e come fattore produttivo, attraverso una ricerca durata quattro anni.
L’allestimento espositivo è costruito in modo da immergere lo spettatore in una realtà in divenire. Le immagini sono appoggiate ai muri come se fossero appena uscita da un plotter. Niente è incorniciato, vi sono solo delle bacheche in cui vengono mostrati documenti d’archivio che evidenziano come l’uso delle fotografie sia nelle realtà industriali sia nella ricerca sia stato intenso fin dalla fine dell’Ottocento e abbia poi ricevuto una spinta ulteriore nella seconda metà del Novecento.
Il curatore Francesco Zanot scrive: “Le macchine riconoscono automaticamente i soggetti posti davanti all’obiettivo della fotocamera. I software governano interi processi di produzione grazie alle informazioni fornite dagli occhi artificiali montati sui nuovi robot industriali, mentre gli algoritmi collegano tra loro immagini apparentemente lontane e le scelgono al nostro posto. Anziché essere soltanto i soggetti delle fotografie, gli oggetti del nostro mondo vengono oggi costruiti sulla base delle fotografie stesse e delle loro rielaborazioni, invertendo un rapporto precedente unidirezionale. Al di là dello specifico fotografico, queste trasformazioni portano con sé alcune fondamentali ricadute sul piano economico e politico: le grandi masse di immagini che alimentano questo sistema hanno acquisito un valore elevatissimo, conferendo a coloro che le possiedono e sanno come gestirle ed elaborarle poteri ugualmente sterminati. Nella società capitalistica la fotografia non domina soltanto l’immaginario, ma molto di più”.
Il percorso espositivo si articola in sei sezioni:
MEMORY, che si concentra sulla capacità dei supporti sensibili di registrare meccanicamente informazioni;
ACCESS, che sottolinea la necessità di catalogare le immagini con l’uso di parole chiavi efficienti per renderle fruibili ed utilizzabili;
PROTECTION, che evidenzia la necessità di conservare e proteggere le fotografie immagazzinate nel lungo termine;
MINING, che esplora la possibilità che hanno le fotocamere di riconoscere automaticamente gli oggetti e le persone;
IMAGING, che mostra come le fotografie possano visualizzare delle realtà o dei progetti;
CURRENCY, dove le immagini sono assimilate alla moneta contante.
Il progetto, che si inserisce nella più vasta attività del MAST volta a investigare la relazione tra fotografia e lavoro, è complesso, ma molto efficace nelle sue conclusioni e nella sua forza espositiva.
La mostra, visitabile fino al 9 gennaio 2023, può essere una necessaria presa di coscienza nella deriva estetizzante che sta coinvolgendo tutta la fotografia contemporanea e che mira a sottolineare solo gli aspetti estetici delle immagini. Sono tante le raccolte trascurate perché non hanno una valenza artistica, ma che possono avere molti altri motivi di interesse.
Una maggiore consapevolezza sul ruolo delle immagini meccaniche nella nostra società può essere utile per comprenderne il valore. La registrazione automatica della realtà è un fenomeno vasto e complesso, che coinvolge diversi aspetti della nostra vita, e non approfondirli è una grave superficialità. Del resto, fu lo stesso Françoise Aragò che, presentandola nel 1839 all’Accademia delle Scienze, indicò i tanti usi pratici e scientifici che la nuova invenzione poteva avere. Si insinua forse il sospetto che la prevalente attenzione alla dimensione estetica sia un modo per distrarci dall’importanza di tutti gli altri possibili utilizzi del mezzo fotografico, rendendoli d’altra parte sempre più penetranti e invadenti.
La fondazione MAST, nata nel 2013 e voluta dalla filantropa Isabella Seràgnoli, con questa nuova mostra si conferma uno dei luoghi più interessanti per il dibattito sul contemporaneo, filtrato attraverso l’indagine del mondo del lavoro.