di Daniela Mericio
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Può la fotografia cambiare il mondo? Sicuramente è in grado dare una mano: le immagini sono uno strumento influente, in grado di attirare l’attenzione su problemi urgenti. Nel 2018 è stato pubblicato un libro: Photographers against wildlife crime, curato dalla fotografa Britta Jaschinski e da Keith Wilson, autore dei testi, che sono riusciti a riunire 24 celebri fotografi naturalisti e i loro lavori, creando una potente narrazione visiva per denunciare i crimini contro la fauna selvatica. Storie diverse, raccontate con stili differenti ma con la stessa passione, con immagini straordinarie, molte delle quali vincitrici di premi prestigiosi. I testi, informativi e dettagliati, fanno il punto su specie a rischio, traffico illegale di animali, pratiche crudeli in nome della superstizione e dell’avidità. Le cifre riportate, relative ai guadagni derivati da tali commerci illeciti sono significative. Il pangolino, un piccolo mammifero, rischia l’estinzione per il commercio delle sue scaglie (3000 $ al kg). Si ritiene abbiano proprietà propiziatorie o curative e sono utilizzate nella medicina cinese, così come il corno del rinoceronte (65,000 $ al kg) o la bile degli orsi (91,000 $ al kg) estratta nelle tristemente note “fattorie della bile”. Sono solo alcuni esempi e non riguardano solo l’altra metà del mondo, perché molti prodotti – trofei, beni di lusso – sono destinati all’Occidente. “Le nostre immagini sono la prova che la fotografia è importante. Senza di essa, la coscienza del mondo sarebbe debole” specifica Britta Jaschinski nel libro. In occasione della pubblicazione della nuova edizione del volume (stavolta con il contributo di 32 fotografi) le ho rivolto qualche domanda.
Da sempre ti dedichi alla natura e all’ambiente. Come è nata l’idea del progetto?
Ho lavorato su questi temi per 25 anni, io ed altri fotografi abbiamo cercato di comunicare qualcosa al mondo, di lanciare l’allarme su ciò che sta accadendo. Ho vinto premi, ho fatto mostre importanti, ma la gente sembra non capire quanto la situazione sia critica: siamo di fronte a una distruzione di massa della natura. I bracconieri sono un problema, ma per la gente è qualcosa che succede lontano. Keith Wilson, co-fondatore del progetto, mi aveva proposto un libro sul tema con le mie fotografie. Ho risposto: “No, grazie, non farebbe nessuna differenza, se devo fare qualcosa deve essere un progetto globale, qualcosa di forte, che possa raggiungere un pubblico internazionale e i politici”. Ho pensato a Michael Nichols, un fotografo che conosco bene con cui per anni ho parlato di questi argomenti, ambedue eravamo turbati e furiosi per quanto avrebbe potuto accadere al pianeta. Così ho detto a Keith: “Che ne pensi di fotografi contro i crimini sugli animali?” e lui ha esclamato “Oh mio Dio chi pensi di coinvolgere?” e io ho detto “Tutti i grandi nomi” e lui “Sei sicura che accetteranno?”. Li ho contattati, ho inviato un breve testo ai più grandi fotografi e tutti hanno risposto: “Sì, voglio essere parte del progetto.”
Possiamo considerare il libro una sorta di manifesto ? Ha i toni di una missione, di un movimento, più che di un progetto editoriale…
Esattamente. Non volevo che fosse l’ennesimo libro sulla natura e sull’ambiente. Volevo che forse diverso, affinché la gente si svegliasse. Ho realizzato io stessa il sito e ho voluto che fosse simile ad una campagna politica, che avesse i toni di una rivolta, perché in effetti stavamo iniziando una rivolta. Non volevo limitarmi ad informare della perdita di tante specie, ma proclamare: “Pretendiamo un cambiamento. Pretendiamo protezione per gli animali e la natura”. È una dichiarazione politica molto seria. E siccome nel progetto sono coinvolti tanti fotografi famosi, per lo meno otterrà un po’ di attenzione.
Anche il titolo del libro, in effetti, è molto esplicito…
Infatti, mi chiedono perché non l’ho intitolato “Fotografi contro il commercio illegale di animali”… ma tutti noi fotografi coinvolti nel progetto eravamo d’accordo: questi sono crimini. Tutte le pratiche, gli usi, le attività descritti nel libro secondo noi sono crimini, siano essi legali o illegali. Anche allontanare un animale dal proprio ambiente naturale per rinchiuderlo in uno zoo, sebbene sia uno zoo legale, in realtà è un crimine.
Alcune immagini sono impressionanti. Mostrare le bellezze della natura non è sufficiente? A questo punto è meglio provocare uno shock? L’estetica ha ancora un ruolo nel trasmettere il messaggio?
Penso sia importante mostrare splendide immagini, perché bisogna apprezzare le meraviglie della natura, ma è fondamentale essere onesti su quanto sta accadendo. Sul sito c’è una sezione intitolata “Truth matters” (la verità è importante, ndr): bisogna dire la verità. Si deve essere coraggiosi, guardare quello che succede e passare all’azione. Quindi la mia campagna è stata: “la verità è importante, osa sapere”. Ho realizzato il libro cercando un perfetto equilibrio. Come in un puzzle, ogni fotografo è un tassello essenziale per raccontare la storia completa. Ci hanno inviato migliaia di scatti, ne ho selezionati 100: nel libro sono pubblicate tra 1 e 8 immagini per autore. Un numero limitato, perché abbiamo voluto focalizzarci sul tema nel suo insieme. Alcune fotografie possono turbare, ma tutte danno dignità gli animali e mostrano rispetto nei confronti dei soggetti. Inoltre, abbiamo cercato di non puntare il dito contro nessuno: diciamo solo quello che succede.
Nel libro ci sono anche scatti commoventi, che mostrano momenti di affetto tra esseri umani e animali, mettendo in risalto il ruolo importante di veterinari, ambientalisti, rangers, corpi di protezione. Un equilibrio, appunto, e anche una speranza?
Credo sia essenziale sottolineare anche gli aspetti positivi dell’impatto umano, perché affermare solo che la situazione è disperata non serve. La gente nasconderà la testa nella sabbia, perché non è in grado di affrontare quanto sta accadendo. Quello che ho voluto dire è: la situazione è drammatica, ma c’è speranza, perché molte persone stanno facendo cose straordinarie. È questo il messaggio del libro.
Capita che la gente, pur senza conoscerne i dettagli, sia piuttosto informata sulle specie in via di estinzione come la tigre, o sul commercio illegale di corni di rinoceronte o zanne di elefante. Alcuni vicende, però, non sono così note…. Qual è stata la situazione più terribile su cui hai lavorato?
Ho documentato situazioni tremende: bracconaggio, esibizioni e performance, duelli illegali. Tra le pratiche perpetrate ai danni degli animali, l’estrazione della bile dagli orsi è il peggio che una creatura possa subire. Gli orsi sono rinchiusi in gabbie molto piccole in cui spesso rimangono per anni, non possono muoversi o alzarsi in piedi. L’orso la cui storia è riportata nel libro è stato in gabbia per 30 anni. Non ho parole per descrivere quanto deve avere sofferto. Alcuni orsi, se hanno dei cuccioli, cercano di ucciderli, perché non vogliono che i piccoli vivano come loro. Sono molto intelligenti e hanno sentimenti, come noi.
La nuova edizione del libro è bilingue: inglese e cinese. Non è un caso… la Cina è responsabile in buona parte del traffico, per l’utilizzo di nella medicina tradizionale cinese. La questione riguarda solo Paesi in luoghi remoti?
Abbiamo aggiunto alcuni fotografi che trattano argomenti molto importanti se vogliamo raggiungere il pubblico cinese. Il libro è stato aggiornato – molte cose sono cambiate in un anno – e ogni singola riga tradotta in cinese mandarino. È stato dato risalto a persone che, soprattutto in Cina, sono impegnate nella protezione della fauna selvatica. In copertina c’è la fotografia di un cinese, un uomo che dal nostro punto di vista è un eroe. In Cina vige il bando dell’avorio (dal gennaio 2018, ndr) , molto usato per lavori di intaglio. Per trovare un’alternativa, in Borneo è in atto la strage del bucero dall’elmo (Rhinoplax vigil, Helmeted Hornbill) detto anche “uccello d’avorio” per il suo becco prominente, di un pregiato materiale simile all’avorio. Saranno presto estinti, perché sono uccisi a centinaia. Nel libro ne parliamo, ma raccontiamo anche di questo eroe, impegnato nel sud della Cina nella protezione del bucero locale. Protetto in Cina ma ucciso in Borneo… bisognerebbe porre fine alla domanda che colpisce altri Paesi attraverso la Cina. Inoltre, le persone sono talmente tante che l’impatto è devastante: la gente caccia in America, Italia, Spagna, Germania…si uccidono animali ovunque.
Significa cambiare la testa delle persone, eliminare le superstizioni…
È molto difficile. Molti credono nella medicina cinese e noi non vogliamo toccare questi aspetti. Ciò che diciamo è: anche se pensi che sia utile, è il nostro mondo e non hai il diritto di uccidere animali selvatici per il tuo piacere o per la tua salute. Naturalmente cerchiamo di educare, informando sui reali benefici medici: il corno del rinoceronte non è una cura per il cancro. Ma non puntiamo il dito, sarebbe peggio. L’approccio è: rinforzo positivo.
Il progetto ha sortito qualche effetto? Qual è stato il feedback?
Abbiamo avuto una risposta globale, molto rapida. Incredibile, non me lo aspettavo. Scienziati, opinionisti, politici, avvocati, stampa. Cerchiamo di ispirare la gente ad agire ed è notevole quanto abbiamo ottenuto con un libro. Il libro in sé non è rilevante, il movimento è divenuto più importante. Lavoriamo su diversi livelli: programmi di sensibilizzazione, informazione, conferenze con avvocati per intraprendere azioni che cambino le leggi, come stiamo facendo ad Hong Kong. Tutto ciò va oltre il libro: vogliamo portare un cambiamento reale.
Il libro:
Britta Jaschinski, Keith Wilson
Photographers against wildlife crime
2019
http://www.photographersagainstwildlifecrime.com
9 luglio 2019
Che dire? Vanità, superstizione, indifferenza, queste le colpe di noi tutti nei confronti degli animali. Spesso perché abbiamo a che fare con il prodotto finito che indossiamo o ingeriamo, senza star troppo a pensare con quali terribili mezzi è stato ottenuto.
Eppure un libro può fare tanto. Complimenti per aver dato risalto a questo nobile progetto.