Elliott Erwitt, in morte

Addio a Elliott Erwitt.

Di me dicono che sono un umorista: le mie foto dei cani che saltano quando gli abbaio, o suono la trombetta… La cosa più difficile e utile al mondo è far ridere la gente.”

Il momento degli addii, spesso, è contraddistinto da una inconscia ironia che non ha lampanti aderenze con quanto accade. È molto curiosa come condizione, somiglia al fulgido istante in cui l’obiettivo cattura un irripetibile quanto inspiegabile momento della Storia: eppure, in quell’attimo vi è un universo e questo cela una certa beffarda ironia verso la vita, verso lo scorrere inesorabile del tempo, il medesimo che concede presenze, assenze e addii.
Chissà se Elliott Erwitt, scomparso il 29 novembre all’età di 95 anni avrebbe riso pensando a qualcosa del genere? Non ci è più dato sapere, si può soltanto tentare di catturare con lo sguardo della mente ricordi che afferiscono alla sua carriera, al suo lavoro, al potere delle sue fotografie che hanno raccontato il secondo ‘900 e tutto ciò che l’anima di quegli anni, soprattutto negli States, ha definito tra bianchi e neri di pellicola, luci e ombre di una società solcata da piccole e grandi rivoluzioni. Per noi del Photolux Magazine, Elliott Erwitt è stato qualcosa di più di un grande fotografo della Magnum. Era il 2007 quando il Photolux, o meglio il suo predecessore, il Lucca Digital Photo Fest, ospitò Erwitt, proprio il 1 dicembre, assegnandogli il Leica Digital Photo Award.
Erwitt si intrattenne a Lucca diversi giorni, protagonista di una importante mostra a Palazzo Ducale e insieme con Gianni Berengo Gardin chiese di raggiungere le cave di marmo a Carrara per poterle fotografare.

“Mi avete trattato come un principe” affermò con Enrico Stefanelli; beh, in fondo l’Italia, nel 1938 aveva preteso che le famiglie ebree come la sua non fossero gradite sul territorio, per restare amaramente ironici, e fu così che lui e i suoi ripararono negli Stati Uniti.  

Nelle parole del direttore del Festival, Enrico Stefanelli, un amabile ricordo di quelle giornate lucchesi con Erwitt: “Si creò subito una grande empatia, ma con Elliott era impossibile che non si creasse. Era felice come un bambino quando alla serata di gala che tenemmo al Teatro del Giglio, ricevette una Leica M8 con su incisa la sua firma. Tutte le volte che ci siamo incontrati negli anni successivi, alla sede della Magnum o a Paris Photo, era sempre una festa. D’altronde Romano (questo era il suo secondo nome) adorava l’Italia e si sentiva vicino a noi.”

Elliott Erwitt è stato spesso definito fotografo dell’anima, della giocosa ironia, della storia, della pubblicità, a noi piace ricordarlo come un fotografo in grado di raccontare ciò che solitamente viene scartato dalle immagini, la condizione umana per tale che è, in attimi dirompenti o sommessi, estremi o affascinanti, e sono tante le immagini che portano la sua firma ad esser entrate nella Storia, da quella che ritrae Jackie Kennedy a quella con Nixon e Kruscev, scattata per una fortuita coincidenza. Probabilmente quando Erwitt asseriva “Volevo fare qualcosa di indipendente nella vita. La macchina fotografica ti porta in situazioni dove non andresti mai” aveva pienamente inteso il senso intrinseco del fare fotografia ed oggi ci resta un’istantanea senza tempo del suo sguardo, del suo carattere e delle sue parole e di ciò che ha visto per noi che non eravamo lì.  

29 novembre 2023

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