DI MONDI POSSIBILI

Il sito del World Economic Forum ha parlato della pandemia come del “più grande esperimento psicologico” di tutti i tempi. Lo storico Yuval Noah Harari è andato oltre, descrivendola come un enorme, anche se del tutto involontario, “esperimento sociale”. La rapidità e la pervasività della pandemia hanno obbligato ciascuno a confrontarsi con la propria fragilità individuale; d’altra parte, il suo impatto e la sua diffusione su scala globale hanno reso necessario un ripensamento radicale di gerarchie valoriali e di strutture comportamentali che sembravano consolidate.

Che ruolo può avere la fotografia nella narrazione di questo nuovo mondo? Può la fotografia rendere accessibile una visione, un’idea, una possibilità? Può la fotografia aprire il nostro sguardo a mondi altri? Bourriaud affermava che l’artista contemporaneo è un “semionauta” che “inventa traiettorie tra i segni”, dando vita a narrazioni che intrattengono con la realtà il carattere prevalente della negoziazione. Molta fotografia, talvolta anche quella che siamo abituati a incasellare come “documentaria”, ci fornisce strumenti utili per approfondire, e laddove necessario sovvertire, la narrazione convenzionale del mondo.

 

Joana Choumali – I fili della speranza

La fotografa ivoriana le ferite del suo Paese ha provato non solo a raccontarle, ma anche metaforicamente a ricucirle attraverso una minuziosa e attenta attività di ricamo sulle immagini da lei scattate e poi stampate su tela. “Ça va aller” è il lavoro che le ha consentito di vincere l’ottava edizione del prestigioso Prix Pictet.