di Beatrice Bruni
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“Gli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals, SDG), o Agenda 2030, riconosce lo stretto legame tra il benessere umano e la salute dei sistemi naturali e la presenza di sfide comuni che tutti i paesi sono chiamati ad affrontare. Nel farlo, tocca diversi ambiti, interconnessi e fondamentali per assicurare il benessere dell’umanità e del pianeta: dalla lotta alla fame all’eliminazione delle disuguaglianze, dalla tutela delle risorse naturali all’affermazione di modelli di produzione e consumo sostenibili.”1
L’Obiettivo Numero 15 dell’Agenda dell’ONU si rivolge alla Vita sulla terra.
In questo punto specifico si parla di biodiversità, del recupero di foreste degradate e terreni siccitosi, di impegno nel prevenire l’estinzione delle specie e di maggiore attenzione nell’insediamento di specie non autoctone. Esatti indici di riferimento mostrano l’andamento di questi fattori.
Stiamo parlando di sviluppo sostenibile, cioè di uno sviluppo compatibile con la salvaguardia dell’ambiente, del pianeta, nella somma di tutte le sue specie viventi.
Nonostante l’uomo sia persuaso di essere la specie superiore sulla Terra – la migliore, la più evoluta – molti elementi, di estrema comprensibilità, indicano che siamo solo una piccolissima parte di questo mondo, in confronto, ad esempio, all’insieme di tutte le piante. A questo proposito rimando all’interessante lettura del libro del Prof. Stefano Mancuso, accademico e direttore del Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale (LINV), La Nazione delle piante in cui l’autore, con parole facili e avvincenti, spiega come le piante siano la Nazione più importante, diffusa e potente della Terra, e ne scrive la prima carta dei diritti, stabilendo le norme che hanno come soggetto tutti gli esseri viventi, con otto articoli esaustivi.2
Non soltanto gli scienziati si interrogano su queste importanti tematiche; ogni uomo si trova di fronte a problematiche ecologiche ogni giorno, in ogni sua scelta individuale. Non da meno gli artisti, che si interrogano e da sempre inducono il fruitore del loro lavoro ad una riflessione.
In particolare, mi riferisco alla produzione di due autori singaporiani che, tra gli altri, hanno affrontato attraverso la fotografia e l’installazione gli argomenti che ho introdotto e, più in generale, il rapporto dell’uomo con le piante.
Tematiche che potremmo definire di sempre più urgente attualità, vista l’epoca che stiamo vivendo. Il 2020 passerà alla storia come l’anno in cui il mondo è stato sconvolto da una pandemia, che non ha risparmiato nessun angolo della Terra e che ha registrato un elevatissimo numero di persone ammalate e centinaia di migliaia di morti. È stato l’anno del virus Covid-19. È forse il malsano rapporto che abbiamo imposto agli altri esseri viventi sulla Terra a far insorgere malattie nuove e sconosciute, a permettere che un virus influenzale diventi un’arma letale? Al vaglio degli studiosi molte ipotesi, ma pare che il ruolo dei comportamenti umani sia non secondario nel meccanismo di nascita di patogeni pericolosi.
I progetti di Woong Soak Teng e Ang Song Nian si collocano proprio nel filone dei lavori artistici in cui l’uomo si pone in osservazione nei confronti del regno vegetale, che egli controlla, ma da cui al tempo stesso è dipendente.
Rappresentati da DECK Gallery di Singapore, Ang Song Nian, (1983, Singapore) e Woong Soak Teng (1994, Singapore) sono stati esposti anche in Europa, nell’edizione 2019 di Unseen Amsterdam, in un focus, con altri autori, su cambiamenti climatici e natura.
La giovane Woong Soak Teng è da sempre affascinata dai fenomeni naturali e nel suo lavoro si occupa di riflettere sul delicato rapporto uomo-natura in cui il genere umano tenta di operare un’azione di controllo; il centro della sua sperimentazione è un’investigazione profonda di cosa è la natura nella contemporaneità.
Raffinato il progetto del 2019 How They Grow, Where They Fall in cui l’autrice usa le foglie posate su carta sensibile, e la luce che filtra su di esse, per creare forme meravigliose in camera oscura.
Ci soffermiamo tuttavia su Ways to Tie Trees, progetto cominciato nel 2015 e concluso nel 2018. In questo lavoro l’artista ci obbliga a osservare, ancora con estrema delicatezza e con un linguaggio pulito ed elegante, un qualcosa che di solito non guardiamo: il modo in cui gli uomini piantano e legano gli alberi per farli crescere in un determinato modo, nel tentativo di costruire un ambiente esteticamente migliore e produttivo, non rinunciando al loro innato istinto di controllo.
Si tratta di un incontro intimo con gli alberi nella città giardino di Singapore, ma che è possibile traslare in molte città del mondo. Gli alberi spesso vengono sradicati e ricollocati, in conformità con piani urbanistici controllati e dunque manipolati, in un tentativo di abbellimento e miglioramento delle metropoli stesse. L’intento di Woong è cercare di empatizzare ed apprendere dai meccanismi della natura.
Ciò che vediamo nelle immagini è al tempo stesso consolatorio – l’idea che possiamo controllare il mondo e coesistere armoniosamente con Madre Natura – e interlocutorio, poiché ci chiediamo se forse un altro mondo, senza intromissioni da parte nostra, sarebbe o non sarebbe stato possibile. Una riflessione contemporanea che accompagnerà le generazioni a venire.
Il suo libro Ways to tie trees è pubblicato da Steidl.
Ang Song Nian lavora, attraverso la documentazione fotografica e l’installazione, con materiali e tracce dell’uomo rivelate nei paesaggi.
Uno dei suoi lavori più importanti, As They Grow Older And Wiser, cominciato nel 2016, nasce dal suo profondo interesse per la manipolazione della natura e del paesaggio e dal falso ideale della vicinanza che abbiamo con essa, in una logica di messa in discussione dell’intervento e dell’invasione. Una visione ideologica e riflessiva, che origina nell’infanzia dell’autore, dall’osservazione del padre che si occupava delle sue piante in casa; sullo sfondo i ricordi di quando Ang song Nian lo accompagnava ad acquistare le piante nei vivai e in quel contesto, seppur artificiale, si sentiva come se stesse camminando in una vera foresta. Ecco dunque il suo intento nella composizione del progetto: realizzare delle immagini di vivai di piante e alberi che sono sì artificiali e costruiti, ma che all’osservatore appaiono vere foreste, ambienti realmente naturali, sfidando, ancora una volta, la duplicità della fotografia, nella veste di garante della realtà e allo stesso tempo testimone menzognera.
La visione di Ang è critica: egli crede che questo controllo dell’uomo sia un’immensa mancanza di rispetto nei confronti della Natura. Facciamo crescere le piante, le poniamo nei vasi, creiamo produzioni di massa, le reinseriamo nell’ambiente e crediamo, ci illudiamo di aver concepito qualcosa di naturale.
Le immagini in mostra sono di grande formato, per un’immersione quasi fisica nella natura-non natura.
Forse non a caso artisti singaporiani si rivolgono nella contemporaneità alle tematiche riguardanti la natura. Singapore, una delle principali città cosmopolite del pianeta, fornisce agli autori di oggi tutti gli spunti di riflessione di cui abbiamo scritto, per ritornare, elaborati, attinenti, ed urgenti, temi artistici universali.
1 Wikipedia.
2 Stefano Mancuso, La nazione delle piante, Editore Laterza.
9 luglio 2020