di Dario Orlandi
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Nella storia dell’evoluzione terrestre, le ere geologiche sono caratterizzate da profondi i cambiamenti nella morfologia del terreno e dei sedimenti, spesso dovuti ad eventi catastrofici: l’impatto di un meteorite, un’eruzione di straordinaria intensità, l’accumulo di gas tossici nell’atmosfera. L’esito di questi eventi epocali è stato quasi sempre uno sconvolgimento tale della biologia terrestre da determinare l’estinzione della maggior parte delle specie viventi al momento.
Negli anni ’70 un gruppo di geologi avanzò l’ipotesi che l’impatto dell’Uomo sulla Terra fosse così potente da costituire il principale fattore geologico, capace di modificare in modo sostanziale l’aspetto del pianeta e di condizionare l’evoluzione biologica e geologica. Secondo le loro teorie, eravamo agli albori di una nuova era: l’Antropocene. Costituirono l’Anthropocene Working Group, un comitato internazionale di scienziati che da allora raccoglie prove a favore della teoria antropocenica.
Il fotografo canadese Edward Burtynsky ha lavorato cinque anni per dare forma visiva alla ricerca sull’Antropocene, esplorando – insieme ai video-artisti e registi Jennifer Baichwal e Nicholas De Pencier – le aree maggiormente interessate dall’impatto umano: le barriere di manufatti in cemento armato a protezione delle coste cinesi minacciate dall’innalzamento dei mari, le grandi discariche africane, le conurbazioni delle metropoli occidentali; i siti di escavazione fossile in Siberia, le miniere a cielo aperto sudamericane, le aree ad agricoltura intensiva del Nord America, le centrali petrolchimiche, i siti di decantazione. Tutte opere dell’Uomo destinate a lasciare tracce indelebili nella storia geologica del pianeta.
Il risultato della loro ricerca è una mostra di grande impatto visivo, in cui la suggestione degli arabeschi delle fotografie aeree si infrange contro la drammatica attualità dei contenuti. La bellezza accattivante dei colori e delle forme esaspera in contrappasso il contenuto, rendendo ancora più forte il senso di sgomento davanti all’inarrestabile compromissione degli ambienti terrestri da parte della specie umana.
I video di Baichwal e De Pencier ampliano l’esperienza fotografica con montaggi dilatati e ossessivi, a testimonianza della lenta ma inesorabile azione dell’Uomo. Le esperienze interattive e in realtà aumentata avvicinano il percorso visuale ai linguaggi contemporanei, rivendicando l’attualità non retorica del progetto.
Passeggiando nelle belle sale del MAST, dove la mostra sarà esposta fino al 22 settembre 2019, tornano alla mente le parole con cui Burtynsky, lapidario, introduce il progetto: “Il nostro pianeta è stato testimone di cinque grandi estinzioni di massa provocate da cause diverse: un tremendo impatto con una meteora, enormi eruzioni vulcaniche e attività dei cianobatteri marini che rilasciarono tossine mortali nell’atmosfera. Si trattava di fenomeni che accadevano naturalmente e che determinavano il flusso della vita. Ora sta diventando sempre più evidente come il genere umano con la sua esplosione demografica, l’industria, la tecnologia, sia diventato in brevissimo tempo la causa di enormi cambiamenti globali. Si potrebbe dire che siamo sul punto di diventare (se non lo siamo già) i responsabili della sesta estinzione di massa. Esiste una forza, potente quanto una qualsiasi altra catastrofe globale che si manifesta naturalmente, che si abbatte sul nostro pianeta e che è nata dalle attività di una sola specie: la nostra.”
ANTHROPOCENE | Edward Burtynsky, Jennifer Baichwal, Nicholas de Pencier
A cura di Sophie Hackett, Andrea Kunard, Urs Sthael
Fondazione MAST
Via Speranza 42, Bologna
16 maggio 2019 – 5 gennaio 2020
mar – dom: 10.00 – 19.00
9 luglio 2019