di Paolo Mazzanti
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Andreas Gursky
Non avrebbe bisogno di presentazioni, è un fotografo di fama internazionale fra i più importanti al mondo. Sinonimo di fotografia di grande formato, con tanti riconoscimenti e record battuti alle aste.
Inaugura la prima sua antologica in Italia, a Bologna e più precisamente al MAST.
MAST (Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia). La Fondazione che ha posto le basi sul connubio lavoro-cultura andando ad erigere la sua bellissima sede (un complesso urbano costruito ad hoc) dove si promuovono le attività artistiche di fotografia in un ambito industriale e attorno al lavoro dell’uomo.
Attività culturale voluta dalla Presidente Isabella Seràgnoli che quest’anno celebra un doppio evento, infatti il 2023 coincide con il decennale della Fondazione ed il centenario di G.D (impresa specializzata in soluzioni industriali nella lavorazione del tabacco con fatturati attorno ai 700 milioni di Euro).
La scelta del MAST di dedicare l’attività culturale alle mostre di fotografia che parlano di lavoro e industria, ha comportato la selezione di un curatore di successo individuato nella figura di Urs Stahel, che nella conferenza stampa Introduce in maniera magistrale il percorso storico della fotografia nell’arte contemporanea, partendo dagli anni ’70 ad oggi evidenziando come cresce l’interesse del mercato per simile mezzo di espressione padroneggiato dalle case d’asta.
I motivi culturali che portano ad un crescente interesse per la fotografia sono molteplici.
Nel 1983 Richard Prince (fotografo americano) nel suo libro Why I Go to the Movies Alone manifesta il desiderio di interpretare il reale attraverso l’immagine rispetto alla realtà stessa, descrivendoci le sue riflessioni nel confronto fra la visione del reale e la sua immagine, preferendo la rappresentazione su carta. Passando quindi dalla percezione del reale alla percezione dell’immagine del reale.
Contemporaneamente Jean Baudrillard (sociologo e filosofo francese) sempre negli anni ’80/’90 analizza l’effetto dei media sul comportamento e condizionamento degli stessi sull’uomo. L’invadenza sempre maggiore sull’uomo comporta l’assottigliamento della distinzione fra il reale e la finzione. Non è più possibile distinguere fra eventi autentici ed eventi simulati. In questo contesto è l’immagine del reale che diventa l’oggetto del desiderio, il simulacro non rappresenta una realtà bensì è la realtà!
Andreas Gursky inizia gli studi alla Folkwang Hochschule (scuola di fotografia professionale di Essen) e negli anni ’80 si iscrive alla Staatliche Kunstakademie di Düsseldorf seguendo i corsi di Bernd e Hilla Becher.
Ed è proprio negli anni ’80 che inizia il percorso espositivo raggiungendo via via maggior successo fino a battere dei record per la fotografia nelle case d’asta. Dapprima con 99 Cent, poi con 99 Cent II, per arrivare nel 2011 alla cifra di $ 4.300.000 con Rhein II (record detenuto per 11 anni).
La fotografia per Gursky
Inizialmente la fotografia artistica era quella in bianco e nero nei formati classici fotografici dal 18×24, 24×30 e 30×40 cm.
Gursky non realizza immagini piccole dove lo spettatore scorre lo sguardo e il corpo attraverso le sale espositive senza fermarsi e soffermarsi su nessun soggetto ma sceglie il grande formato e utilizza il colore per la sua fotografia.
Nelle sue immagini non occorre cercare introspezioni e fare analisi psicologiche. La sua volontà è quella di oggettivizzare il presente.
Le sue opere nascono per gli spazi grandi, unici e protetti dove l’osservatore arriva e si ferma a contemplare l’opera protagonista assoluta dello spazio. Questo è anche il criterio che è stato adottato per l’allestimento degli spazi dall’autore stesso e dal curatore Urs Stahel.
Oltre a tutto quello che è stato scritto cerchiamo di capire qual è l’intento di Gursky nel presentarci suoi lavori.
Andreas Gursky ci vuole trasmettere una sua visione della realtà!
Non un uno scatto da istantanea che immortala un momento fugace ma la definizione esatta di ciò che egli vuole trasmettere, il perfezionamento di una scena andando a modellare secondo il suo modo di vedere, anche partendo da una scena distorta o disturbata da elementi esterni estranei. La sintesi di una visione che plasma il reale secondo la sua interpretazione come se fosse un progetto innato a cui vuol rispondere.
Il suo maniacale mettere a posto gli elementi con un perfezionismo estremo.
Da spettatori non possiamo sapere come sarebbero state le varie situazioni ma se analizziamo F1 Boxenstopp I, 2007 vediamo che tutto è curato, le singole scene perfette in ogni loro posa a formare un Pit Stop veramente da record. Sotto il secondo se si potesse!
La conferenza stampa e gli spazi espositivi
Il MAST è uno spazio dove la fruizione audio e video è di ottima qualità. La conferenza stampa avviene in una sala dove il comfort dello spettatore è massimo, le poltroncine posizionate in maniera scalare da avere lo sguardo libero, l’audio perfetto con le cuffiette da cui è possibile scegliere la lingua preferita delle traduzioni in simultanea. La visione delle immagini proiettate in uno schermo gigantesco con una qualità superlativa.
L’esposizione dei lavori con una luce d’ambiente e dei lavori impeccabile. Ogni opera ha il suo spazio vitale.
L’osservatore
Cosa deve fare il visitatore della mostra di Gursky?
Sedersi a contemplare e capire qual è l’ordine delle cose. Gursky ci prepara una dimensione di un mondo perfetto senza sbavature o incertezze. Una visione o un desiderio che si manifesta con la cura maniacale con cui sistema la sua scena. Sono immagini da contemplare dopo essersi posizionati nel punto esatto per la visione. Non bisogna camminare come nella narrazione di una storia, occorre fermarsi e capire l’essenza di una singola scena.
Buona visione!
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La mostra è visitabile fino al 7 Gennaio 2024, con ingresso libero.
Tutte le informazioni utili le trovate sul sito del MAST: https://www.mast.org/