Alinari – Storia di un Archivio

Scorcio della stanza adibita all'asciugatura delle fotografie nello stabilimento fotografico Fratelli Alinari a Firenze, 1899
di Claudia Stritof
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Di qualche tempo fa è la notizia che lʼarchivio Alinari è stato acquistato dalla Regione Toscana, dopo la vendita dalla storica sede di Via Nazionale a Firenze.

Completata l’acquisizione del fondo fisico e iniziata la trattativa per l’acquisto della parte digitale, la nuova sfida della Regione è ora “quella di garantirne in modo unitario la custodia e la corretta conservazione, assicurarne il mantenimento e l’integrità nel rispetto del vincolo archivistico, nonché realizzare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica”. A tale scopo, come ci conferma il direttore Cultura e Ricerca della Regione Toscana, il Dott. Roberto Ferrari, è stato costituito il comitato tecnico scientifico, approvato un primo schema che porterà all’elaborazione di un dettagliato Piano Strategico di Sviluppo Culturale e indicata una nuova sede museale, la bellissima Villa Fabbricotti a Firenze, di proprietà della stessa Regione.

Sala d’attesa dello stabilimento fotografico Fratelli Alinari, Firenze, 1900 ca.

Nell’anno in cui si celebra il centesimo anniversario dell’Istituto Edizioni Artistiche (I.D.E.A.), il patrimonio Alinari si appresta a intraprendere un nuovo percorso, questa volta pubblico, di valorizzazione e conservazione. I molti libri editi, l’importantissima rivista “Fotologia”, imprescindibile per lo studio metodologico delle fotografie e  prezioso strumento di  approfondimento storico per gli studiosi di storia dell’arte; le mostre scientifiche da loro curate, i restauri sapientemente svolti e i corsi di formazione hanno rappresentato, per molti appassionati, un punto di riferimento imprescindibile per la cultura italiana e internazionale.

La storia dell’archivio è la Storia della fotografia italiana – non vi è manuale che non abbia impresse sulle sue pagine almeno una fotografia proveniente dall’immenso archivio Alinari – ma è soprattutto la storia di tre fratelli visionari, Leopoldo, Giuseppe e Romualdo che nel 1852 aprono un laboratorio fotografico a Firenze. La passione per la fotografia nasce dopo aver studiato presso i calcografi Bardi e già, nel 1856, pubblicano Photographies de la Toscane et des États Romains, catalogo in un unico foglio, che evidenzia subito i loro interessi verso il patrimonio artistico, in unʼepoca in cui lʼItalia era ancora un paese in attesa di essere unificato.

Veduta della luminosa sala di posa dello stabilimento fotografico Fratelli Alinari di Firenze. Sulla sinistra l’operatore Gaetano Puccini, 1899

In questi anni il prestigio degli Alinari cresce: i tre fratelli aprono diverse filiali e instaurano una fitta rete di scambi internazionali che permette loro di acquisire un patrimonio archivistico di inestimabile importanza. Si aggiornano sulle ultime novità tecnico-scientifiche e creano a Firenze un vivace cenacolo di appassionati, aperto a continui confronti con istituzioni pubbliche e private.

Proprio a questo periodo risale il loro trasferimento nello storico palazzo di Via Nazionale, dove nel 1863 lavorano circa trenta dipendenti e dove si trovano i laboratori di sviluppo, la stamperia, l’archivio e la sala posa, frequentata giornalmente da illustri personaggi. Parallelo al lavoro svolto internamente, i fratelli affiancano anche un’importante attività di ricognizione sul patrimonio culturale, come testimonia la prima celebre campagna fotografica della Cappella Sistina, avvenuta nel 1890.

Scorcio del laboratorio dello stabilimento fotografico Fratelli Alinari di Firenze. I fotografi ritratti nell’immagine sono intenti ad eseguire delle stampe a contatto, 1899

Dopo una serie di sfortunate morti in casa Alinari, la ditta dal 1890 passa in mano a Vittorio, il figlio di Leopoldo, che inizia la pubblicazione di volumi ispirati alla letteratura nazionale, come la Divina Commedia e il Decameron. Vittorio è un intellettuale colto e raffinato, ma il fermento che lo anima viene meno quando muore il piccolo figlio Carlo, dramma personale che porta l’erede di Casa Alinari a cedere la società alla Fratelli Alinari I.D.E.A., il cui archivio viene salvato da 94 azionisti di cui ognuno deteneva il 5% del capitale.

Siamo giunti alla data del 1920 e i negativi catalogati sono più di 70.000. Un patrimonio vasto, molto importante dal punto di vista economico, documentario, artistico e scientifico, perché allʼinterno dell’archivio, con il passare del tempo, sono entrati a far parte innumerevoli fondi o singole immagini, come l’archivio Anderson e Brogi (acquistati dal Senatore Giorgio Cini), quello di Italo Zannier, Wilhelm Von Gloeden, Francesco Paolo Michetti o quello della famiglia Wulz, acquistati per volontà di Claudio De Polo. Ma non solo, perché al suo interno sono conservate anche meravigliose cornici (da quelle più sontuose a quelle più povere dei pescatori bretoni), i dagherrotipi, le innumerevoli camere e strumenti ottici e i tantissimi album fotografici con le legature in legno, in lapislazzuli e molto altro ancora.

Gli archivi sono una fonte inestimabile di conoscenza, fondamentale per la crescita culturale del Paese, anche se spesso sono stati abbandonati al loro destino, così come altrettanto di frequente è stata dimenticata la catalogazione del patrimonio, lo studio dello stato conservativo, la loro messa in sicurezza e di conseguenza la loro valorizzazione. Tematiche che gli addetti ai lavori conoscono bene, ma che forse dovrebbero interessare tutti, diventando argomento centrale nella nostra attualità.

 

Fotografie: © Archivi Alinari/Regione Toscana

 

11 maggio 2020

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