di Redazione
Massimo Vitali, con la sua inconfondibile poetica visiva, ha trasformato l’atto fotografico in una forma di indagine antropologica, storica e sociologica, risalendo la storia dell’immagine fino ai grandi dipinti vedutisti del ‘700. La sua opera, caratterizzata da un’impeccabile tecnica fotografica e da una profonda consapevolezza estetica, esplora il rapporto tra gli esseri umani e il paesaggio contemporaneo, rivelando come il microcosmo delle spiagge italiane, ad esempio, nella grande serie di cui il Photolux racconta i 30 anni, sia un laboratorio di osservazione delle trasformazioni culturali e sociali di questo nostro ‘Bel Paese’, seguendo il fil rouge del tema del Festival.
L’artista fotografo, che da anni vive a Lucca, utilizza la fotografia quale strumento di indagine visiva. Le sue opere si distinguono per ciò che viene definito ‘formato panoramico’, per la prospettiva rialzata e la straordinaria nitidezza, tali da consentire una lettura quasi analitica delle scene. Tale impostazione fotografica riflette una primigenia volontà documentaristica – frutto di una eredità professionale – ma anche un’intenzione artistica: ogni fotografia è una composizione accurata che bilancia caos e ordine. I dettagli, dalle posture dei bagnanti agli accessori sparsi sulla sabbia, diventano tracce visive che raccontano la vita contemporanea, rendendo ogni opera strumento prezioso per chiunque voglia decifrare le complessità del presente.
Le spiagge italiane, tema cardine di questa produzione di Vitali, sono spazi di aggregazione in cui emergono dinamiche sociali universali. Attraverso la lente di Vitali, tatuaggi, costumi, smartphone e gesti quotidiani diventano elementi simbolici che testimoniano i mutamenti della società italiana negli ultimi trent’anni. Il suo lavoro dialoga idealmente con il cinema e la letteratura italiana, evocando le riflessioni pasoliniane sulla natura archetipica della condizione balneare. Vitali, tuttavia, non si limita a rappresentare; osserva con distacco scientifico e al contempo con empatia, riuscendo a catturare la complessità delle relazioni umane, perimetrando l’innervarsi di una trama sociologica ed antropologica all’interno della mappa del paesaggio umano. L’opera di Vitali si colloca in una tradizione artistica che affonda le radici nella pittura rinascimentale e nella veduta Sette e Ottocentesca. La sua estetica, ad esempio, richiama le tele di maestri come Pieter Bruegel il Vecchio, in cui la moltitudine di figure umane si integra armoniosamente nel paesaggio. Tuttavia, Vitali modernizza questa eredità grazie all’uso della tecnologia contemporanea, come il grande formato e la successiva digitalizzazione, che conferiscono alle sue immagini una profondità e una qualità quasi tridimensionale, tali da fondere la tradizione più pura della Storia dell’Arte pittorica con le dinamiche ed i processi della Fotografia contemporanea.
Il progetto di digitalizzazione dell’archivio analogico di Vitali rappresenta un contributo unico alla storia della fotografia italiana. La scelta di rendere pubblici i negativi, comprese le immagini mai stampate, sottolinea la trasparenza e il rigore metodologico dell’artista. Questo archivio non è solo una testimonianza visiva del passato recente, ma un vero e proprio varco, un invito teso all’analisi di quelle implicazioni storiche e sociali di ogni dettaglio immortalato, a partire dalla traslazione di trasformare luoghi apparentemente senza segreti e comuni come le spiagge in spazi di narrazione universale, gemmando una sorta di archivio per la memoria collettiva e ponendo Vitali quale figura di riferimento nel panorama artistico contemporaneo. La mostra presentata dal Photolux si riveste, peraltro, di occasioni uniche, secondo una progressione di livelli di lettura e di attraversamenti. A partire dall’allestimento, studiato dall’artista con il curatore Matteo Balduzzi e l’architetto Pietro Carlo Pellegrini, il pubblico è invitato ad entrare in uno spazio ibrido, in cui una sorta di cantiere accompagna lo sguardo tra le opere di Vitali, suggerendo dettagli e passaggi di luoghi e umanità varie, immortalato da Vitali in iconici tableaux vivants; il fotografo, con occhio da artista rinascimentale del presente ha indagato un memorabile spaccato della nostra società racchiudendo trent’anni di visioni e prospettive inedite di un vedutismo inatteso, giocoso, vivido. Il dialogo, poi, con le grandi sale di Palazzo Ducale si fa continuo rimando tra il qui e ora e un passato imponente, in una scansione spaziale singolare ed inarrestabile che permette, infine, di scoprire la straordinarietà dell’archivio di Vitali, un percorso prezioso, memorabile, una mappa antropologica eccezionale e capace di restituire la traduzione di un passato che appartiene a molti di noi e che le nuove generazioni non conoscono e son pronte a scoprire.
Sotto questo sole è una mostra di scoperta, è un gioco serio di rimandi, una caccia al tesoro nel Bel Paese e nell’immaginario che, da qui, abbiamo di luoghi di là da noi. È un archivio vivo, baciato dalla luce della fotografia e accarezzato dal nostro sguardo, sotto l’occhio vigile e ironico di Massimo Vitali.
Fotografie: © Massimo Vitali dalla mostra ‘Sotto questo sole’